Inchiesta
Le mafie in farmacia: così i clan si arricchiscono con furto e spaccio di medicine
Sostanze per milioni ?di euro destinate ai pazienti italiani vengono rapinate dalla criminalità organizzata e rivendute in Germania: è la nuova frontiera del crimine. Mentre i nostri ospedali rischiano di restare senza antitumorali e ai malati tedeschi arrivano sostanze contraffatte o scadute
Lungo la A16, in direzione Cerignola Ovest, non passa un’auto. Attendono nascosti dietro il guard rail. L’assalto è stato organizzato da tempo. Conoscono tragitto e targa del tir, ma soprattutto hanno tra le mani la lista del carico che trasporta: farmaci antitumorali e - in minima parte - medicinali da banco. Sono le 4.30 del mattino del 4 luglio. Il volto coperto. Tra le mani fucili e pistole. Gli autisti riescono a percepire solo qualcosa di anomalo prima che l’assalto paramilitare venga messo in atto. I conducenti scendono con le mani alzate. Gli assalitori sequestrano l’autotreno e percorrono dieci chilometri esatti. Si fermano in una strada di campagna, utilizzano cesoie idrauliche per smembrare il cassone e lasciarlo vuoto. Un bottino da un milione di euro. Ad agire è un commando assoldato da un’organizzazione criminale che sa dove piazzare i farmaci e come reimmetterli nel mercato europeo del “parallel trade” farmaceutico. In sé legale, ma facile da infiltrare grazie a meccanismi di falsa fatturazione e operatori disinvolti. Parte così dall’Italia la catena criminale dei farmaci rubati e mette a rischio vite umane sia in nel nostro Paese sia all’estero.
Il mercato parallelo
Per “parallel trade” s’intende la libera circolazione, all’interno del mercato europeo, di un medicinale autorizzato. Ciò significa che uno stato membro Ue può vendere un farmaco a prezzi vantaggiosi a un altro paese. E il naturale acquirente è la Germania, dove i prezzi degli antitumorali sono molto più costosi che in Italia e in Grecia.
Ad esempio, a Berlino a comprare sono ospedali e cliniche che per problemi di budget preferiscono la convenienza alla sicurezza. E proprio in questi giorni nella regione del Brandeburgo è scoppiato lo scandalo: un giro di arresti e un grossista, LunaPharm, che dal 2015 ad oggi, ha introdotto farmaci salvavita all’inizio sottratti ad Atene e più recentemente al Sistema Sanitario italiano, togliendo le cure ai nostri pazienti malati di cancro. Il rischio adesso è per la salute dei pazienti che ne hanno fatto uso, visto che i medicinali venduti dalle organizzazioni criminali potrebbero essere, come già successo in passato, contaminati, diluiti o trasportati a temperature che ne eliminano il principio attivo, rendendo le cure completamente inutili. Come denuncia Aifa in un suo libro bianco: «Introducono rischi di indisponibilità delle cure per i cittadini italiani e - dove riutilizzati - diventano pericolosi a causa dell’uscita dal controllo della corretta conservazione». Tradotto: i farmaci anti-tumorali vengono tolti ai pazienti malati di cancro in Italia e rivenduti inefficaci a quelli tedeschi.
Gruppi criminali specializzati
È dunque lungo l’autostrada dei due mari, quella che taglia l’Italia a metà e collega il Tirreno all’Adriatico, che si è consumato l’ultimo assalto a un tir che trasportava medicinali salva-vita.
Le rapine sembravano essersi fermate dopo la prima crisi, quella esplosa tra il 2012 e il 2014, grazie all’operazione internazionale, soprannominata Volcano e coordinata dall’Agenzia italiana del farmaco. Non solo assalti ben studiati agli autotrasportatori, ma anche furti mirati agli ospedali. Secondo lo studio pubblicato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e dall’Università degli Studi di Trento, in Italia tra il 2006 e il maggio del 2014, un ospedale su 10 ha registrato furti di farmaci con una perdita media di circa 330 mila euro per ogni colpo andato a segno, soldi e medicinali sottratti al sistema sanitario nazionale. Il 55 per cento erano antitumorali. La pausa è durata tre anni, il tempo - per i criminali - di rigenerarsi e studiare nuovi meccanismi per superare i controlli. Da pochi mesi le bande hanno ripreso gli assalti ai tir e le razzie nelle farmacie ospedaliere in Italia. Dall’inizio del 2018 sono stati già rubati milioni di euro in salvavita, gli ultimi ritrovati grazie all’indagine coordinata dal sostituto procuratore di Foggia Francesco Diliso.
Su un documento pubblicato da Sifo (Società italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende ospedaliere) si legge: «Gli investigatori sono sempre più convinti che una parte non trascurabile dei furti commessi ai danni di ospedali e farmacie sia opera di gruppi criminali specializzati». E ancora: «Le ipotesi investigative sono confermate da dati incontrovertibili che fanno presumere la presenza delle organizzazioni criminali mafiose». A confermare queste parole c’è un’indagine della Dda di Bologna, coordinata dal pubblico ministero Enrico Cieri. Nell’inchiesta, partita nel 2014 collegata ai 14 filoni della operazione Volcano, è emerso un legame tra le organizzazione criminali dei farmaci e il clan Licciardi, potente e spietata famiglia della camorra napoletana. Nelle intercettazioni telefoniche si parlava di soldi: cifre su cifre per poter operare nel loro territorio. Secondo la difesa si trattava “solo” di pizzo, per l’accusa di un legame tra i grossisti e il clan camorristico.
‘Ndrangheta protagonista
Ma gli investigatori tedeschi ipotizzano che anche la ‘ndrangheta possa avere addirrittura una parte da protagonista nei traffici. A realizzare i furti ai danni dei pazienti italiani, con fiale che possono costare da 1.500 euro fino a 15mila, sono infatti bande specializzate assoldate da organizzazioni criminali che conoscono bene i sistemi tedeschi. Dalle inchieste si è scoperto che sono circa 200 i cognomi in odor di mafia residenti in Germania. Le autorità tedesche hanno detto apertemente di «temere la presenza della mafia» dietro ai traffici di medicinali. Ed è uno dei motivi che ha spinto gli investigatori di Berlino, i primi di agosto, a contattare l’Agenzia del farmaco italiana, che già da tempo ha apertamente messo in guardia su questi rischi, spiegando che in teoria nessun antitumorale potrebbe uscire dal nostro sistema sanitario nazionale, perché sono tutti ceduti in via esclusiva alle farmacie ospedaliere.
I clan calabresi, strutturati e ben organizzati, sono da tempo presenti sul territorio tedesco. Un porto sicuro, visto che lì non esiste il reato di associazione mafiosa. Sono loro, insieme alla camorra campana, ad agire sotto traccia. E non è un caso che in Calabria i megafurti di farmaci nell’ultimo periodo siano aumentati: cinque accertati solo negli ultimi due mesi.
Più in generale, rapine e stoccaggi avvengono soprattutto nel sud Italia: tra Campania, Calabria, Sicilia, la provincia di Foggia e quella di Bari. Il meccanismo è studiato ad hoc: si infiltrano tra il personale delle strutture sanitarie o corrompono quello già in servizio. Per gli assalti ai tir si appoggiano alle bande specializzate locali. Come quello alla farmacia dell’ospedale Gravina di Caltagirone (Catania), dove il 21 aprile scorso sono state rubate centinaia di confezioni di farmaci chemioterapici. Sono entrati nei locali a notte fonda e hanno svaligiato solo uno dei tre frigoriferi presenti, quello contenente - appunto - i chemioterapici. Nel distretto socio-sanitario di Bitonto (provincia di Bari), il 9 luglio scorso sono state portati via 470 mila euro di anti-tumorali. Anche in questo caso sapevano dove andare a cercare. Un altro colpo a San Marco Argentano (Cosenza) e questa volta la cifra è più bassa: 90 mila euro. Ma il centro Italia non rimane immune alla razzia: è il 19 maggio scorso quando gli operatori sanitari spalancano le porte del mega deposito dell’Estar in via Genova a Grosseto e si accorgono che mancano tre milioni di medicinali, quasi tutti destinati ai malati di cancro. Un furto studiato in ogni dettaglio, dai sistemi di sicurezza fino alle abitudini di chi vive vicino al deposito. Hanno agito nell’unica zona d’ombra dei sensori antifurto.
Le scatole cinesi nell’Est Europa
I medicinali rubati in Italia di solito vengono portati in Grecia e in Turchia, passando per un sistema di fatturazione “a scatole cinesi” tramite filiali fittizie aperte nei paesi dell’Est Europa. In alcuni casi i farmaci vengono etichettati nuovamente per mascherare la loro provenienza, in altri ceduti senza riconfezionarli. L’ultimo passaggio è la vendita agli importatori in Germania, dove la legge impone alle farmacie di comprare dal “parallel trade” almeno il 5 per cento dei medicinali. Il caso LunaPharm tuttavia ha costretto il ministero della salute del Brandeburgo a diramare un allarme pubblico d’emergenza. Diana Golze, a capo del dicastero, è a rischio dimissioni: è ormai certo infatti che dal 2015 ad oggi sono stati somministrati farmaci ai pazienti oncologici tedeschi senza un controllo serrato, nonostante l’Italia avesse informato le autorità competenti in Germania, specificando il rischio che i salvavita provenienti illegalmente dal nostro paese fossero inefficaci o addirittura contaminati. La ministra tedesca ha dichiarato: «Voglio scusarmi personalmente con i pazienti e i loro parenti. Per me è importante fare chiarezza e, soprattutto, prendere tutte le misure necessarie per evitare che accada di nuovo». A LunaPharm, il grossista tedesco, è stata subito sospesa la licenza. Ora una linea telefonica assiste i pazienti, ma nell’allerta del ministero si legge: «Una raccomandazione chiave per tutti è rivolgersi al medico curante, solo quest’ultimo può fare una dichiarazione su quali farmaci sono stati effettivamente somministrati».
Dice Lidio Brasola, responsabile della supply chain di Roche: «Due sono le priorità: da un lato è necessario che la Germania renda più efficaci i controlli per evitare infiltrazioni illegali; dall’altro è estremamente importante che le strutture ospedaliere Italiane rinforzino sempre di più la loro sicurezza interna altrimenti i furti continueranno senza sosta. L’Aifa dopo la crisi del 2014 ha fatto un buon lavoro, creando un network tra ospedali, forze dell’ordine, procure e case farmaceutiche. Un modo per avere costantemente la situazione sotto controllo. È su questa strada che bisogna proseguire».
Grossisti compiacenti
Come si diceva, il business è recrudescente ma ha origini meno recenti. È il 31 marzo del 2014 quando un lotto di Herceptin 150 finisce nelle mani di un grossista inglese. Le fiale sembrano essere state aperte e richiuse, all’esterno dell’involucro c’è della sostanza. Il venditore decide di chiamare l’azienda farmaceutica italiana che produce l’antitumorale. Una manciata di ore dopo si scopre che l’Herceptin 150 proviene da un assalto a un tir italiano. Contaminato e comunque rivenduto, senza nessuno scrupolo. La procura di Napoli apre un fascicolo e, insieme ad altre 13 indagini, sgretola, pezzo dopo pezzo, l’organizzazione criminale con base in Campania ma attiva in tutta Italia.
Normativa Ue da rifare
Inchieste come quella coordinata dal pubblico ministero Diana Russo risalgono alle filiali aperte all’estero dall’organizzazione, e identificate da Aifa e dalle altre agenzie del farmaco europee come illegali: Cipro, Ungheria, Lettonia, Romania. Slovacchia e Slovenia. Qui venivano emesse le fatture false, i medicinali da rubati venivano trasformati in perfettamente legali, senza lasciare i capannoni di stoccaggio con sede in Campania e il nullaosta operativo della famiglia Licciardi. Le farmacie di collegamento erano quasi tutte di Napoli o Nola. I salvavita venivano poi rivenduti al mercato tedesco da grossisti compiacenti, come LunaPharm, togliendo così ai pazienti italiani le cure necessarie e rivendendo invece a quelli tedesche medicinali inefficaci o persino letali. L’inchiesta finisce davanti all’Ema (Agenzia Europea per i medicinali) con Aifa che mette in allerta e la Germania con un libro bianco sul caso. Poco però, dopo questo caso, viene fatto a Berlino. I farmaci anti-tumorali illegali continuano a essere distribuiti senza controllo, fino a far scoppiare il caso degli ultimi giorni, con la ministra Golze che ammette: «Sono state chiaramente violate le regole esistenti, regole che hanno portato a questo fallimento».
Dice Domenico Di Giorgio, Dirigente Area Ispezioni e Certificazioni Aifa: «Nel 2014 coordinammo l’operazione europea Volcano contro furti e riciclaggio dei farmaci, emergenza fino ad allora contrastata senza percezione strategica dell’organizzazione dietro quei traffici. Amministrazioni e aziende si mossero insieme contro le distorsioni nella rete distributiva, mettendo in atto strumenti come la piattaforma Fakeshare e riuscendo così a bloccare i furti per oltre 2 anni». Oggi il maggior problema per Di Giorgio è che «mancano sanzioni specifiche: gli 80 arresti italiani hanno portato a condanne solo per reati comuni come rapina e semplici furti. Gli operatori che compravano farmaci da canali chiaramente sospetti, all’estero sono stati trattati addirittura come vittime».
Aifa ora chiede non solo reati specifici, ma anche un ripensamento della normativa europea contro le distorsioni del mercato tedesco: «I prezzi alti e il vincolo normativo al “parallel trade” fanno sì che lì operino molti trader, tra i quali una minoranza che acquista senza controllare le fonti. Bastano loro a rendere il paese un magnete per prodotti illegali, mettendo a rischio sia i pazienti italiani sia quelli tedeschi, e diventando sponsor di reti criminali che generano ovunque furti e rastrellamenti, danneggiando i sistemi sanitari di tutta Europa».