Da Big Bang alla Fondazione Open: storia della cassaforte di Matteo Renzi
Nata nel 2012 agli inizi della scalata dell'ex sindaco di Firenze al Pd, negli anni ha raccolto quasi 7 milioni di euro. Mentre crollavano le donazioni private ai dem
La fondazione Open non esiste più da un anno. Il suo sito è scomparso dalla rete. Finché è esistita sulla pagina web era possibile monitorare i finanziatori. Una lista, tuttavia, incompleta, perché non tutti i donatori della Open avevano dato il consenso a comparire.
La fondazione renziana nasce nel 2012, erano gli anni in cui il tormentone “Rottamare” iniziava a crepare il già fragile equilibrio del Pd. All’inizio Open aveva un altro nome: “Big Bang”, sigla profetica se riletta alla luce della scissione che ha portato all’esplosione della galassia renziana trasformandola in una nuova entità chiamata “Italia Viva”.
Il nuovo gruppo guidato da Matteo Renzi, che si è portato tutto il giglio magico toscano, non ha più ufficialmente una cassaforte del peso di Open, creata per sostenere le iniziative politiche come la Leopolda e le plurime campagne elettorali: dalle primarie del Pd alle politiche, fino ai comitati Sì al referendum costituzionale. In sei anni è riuscita a raccogliere quasi 7 milioni di euro. Armatori, costruttori, imprenditori d’ogni settore. Finanziatori in parte noti, grazie all’elenco presente sul sito, altri tenuti riservati. E proprio la lista segreta è quella che interessa alla procura di Firenze. Per questo nei giorni scorsi ha perquisito una dozzina di imprenditori che hanno foraggiato la fondazione renziana presieduta dall’avvocato Alberto Bianchi, ingranaggio cruciale per le finanze del “Giglio magico”.
Su Open c’è poi un dato politico rilevante. In concomitanza alla nascita della fondazione e l’ascesa di Renzi ai vertici del partito, sono calate di un terzo le donazioni private ricevuta dal Pd. Contemporaneamente sono quasi triplicate quelle incassate dalla sua fondazione: Dal 2013 al 2016 le contribuzioni liberali ricevute dalla Open sono passate da 672 mila a 1,9 milioni di euro, mentre quelle incassate dal Pd sono calate dagli 11,6 milioni del 2013 agli 8,1 milioni dell’anno scorso. Un dato che in parte spiega il boom finanziario della creatura parallela di Matteo Renzi, che ha viaggiato a una media di più di un milione all’anno incassato da aziende, finanzieri, industriali e amici. Un successo. Fino al nuovo big bang, quello giudiziario.