Il ministero dell'Interno emana una circolare che sconfessa la legge che fino ad oggi prevedeva la liquidazione diretta agli avvocati. Così le vittime vengono lasciate sole, senza alcun sostegno legale. Un disincentivo che porta a non costituirsi parte civile

Il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, ha parlato fino adesso di lotta alla mafia prendendo come esempi solo la confisca di beni ai mafiosi che sono stati effettuati da magistrati e investigatori applicando leggi del passato e misure di prevenzioni pensate prima ancora che il leader della Lega arrivasse al Viminale.

Lui ha raccolto i frutti di questa grande macchina istituzionale che ogni giorno è impegnata a contrastare la criminalità organizzata applicando leggi e norme. Le parole di Salvini però contrastano da alcuni mesi con le azioni che sta facendo nel Palazzo. Infatti, ha portato avanti una circolare che di fatto è un disincentivo a denunciare e quindi a far costituire le nuove vittime del racket delle estorsioni nei processi che potrebbero aprirsi nei confronti dei loro aguzzini, come denuncia a L'Espresso l'associazione AddioPizzo.

Così, mentre Salvini dice a parole di fare la lotta alla mafia, praticamente, e in silenzio, mette in campo la burocrazia che ostacolerà l'aiuto alle vittime degli estorsori mafiosi. Tutto questo alla vigilia dell'anniversario dell'uccisione dell'imprenditore Libero Grassi, simbolo di chi non si è arreso alle richieste di Cosa nostra.

La denuncia
C'è una circolare del ministero dell'Interno che sta minando la lotta alla mafia
26/8/2019
Oggi ci sono decine di casi di processi con centinai di imputati che si sono conclusi con pesanti condanne, grazie soprattutto alla coraggiosa testimonianza delle vittime accompagnate in aula dalle associazioni antiracket, in cui i giudici nelle loro sentenze hanno riconosciuto le spese legali sostenute dagli avvocati, ma il Viminale da adesso non riconosce più questo diritto alle spese processuali per i dibattimenti che si sono già conclusi.

Una legge fino adesso prevedeva questa liquidazione diretta agli avvocati. Ma Salvini fa dire di no, che le vittime devono essere di fatto lasciate sole, senza alcun sostegno legale, come invece avveniva fino adesso in cui i giudici che liquidavano in sentenza le spese ai legali. Questo è un disincentivo che porta le nuove vittime a non costituirsi parte civile, perché dispendioso economicamente per il singolo commerciante o imprenditore.

E questa politica di Salvini conduce anche i cittadini a non essere determinati contro il fenomeno del racket. Quindi, ci si chiede, quella del ministro Salvini che lotta alla mafia è? A parole? Come quella che si vedeva stampata in grandi spazi pubblicitari a Palermo durante una campagna promozionale pagata dal governo regionale di Totò Cuffaro in cui diceva che “la mafia fa schifo?”, per poi vedere lo stesso Cuffaro finire definitivamente condannato per aver avvantaggiato Cosa nostra?

Sono le facce di uno stesso personaggio che non possono esistere quando si tratta di contrastare le mafie, che non sono solo la banda di zingari dei Casamonica, ma anche quella legata alla politica come l'associazione mafiosa capeggiata a Roma da Massimo Carminati (Salvini non lo ha mai nominato nei suoi comizi e non ha mai puntato il dito contro di lui e la sua gang che controlla ancora gran parte di Roma) o altri personaggi criminali che vanno a braccetto con parlamentari della Lega, il partito di cui è leader il responsabile del Viminale.

La lotta alla mafia non può essere di facciata come fanno alcuni politici, perché così la si rafforza, deve invece essere di sostanza e coerenza. Salvini ne prenda atto e stia dalla parte delle vittime e non dei carnefici.