Secondo un'analisi realizzata negli Stati Uniti, l'algoritmo di Menlo Park mette più in evidenza i post dei Repubblicani. E non è un errore tecnologico, ma una scelta politica

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Si avvicinano le elezioni in America ed è chiaro a favore di chi si schiererà Facebook. Ai piani alti di Menlo Park, relazioni politiche e personali con i repubblicani sembrano confermare l’intenzione di Facebook di promuovere non solo la vittoria di Donald Trump, ma l’intera destra americana. Il “pregiudizio conservatore” di Facebook denunciato dai Democratici sta dando un vantaggio alle bolle di informazione di destra, permettendo loro anche attività considerate illecite dalla stessa piattaforma. A suggerirlo è l’analisi dei post che hanno ricevuto più interazioni su Facebook in America: calcolando la frequenza con la quale le pagine di destra sono finite in cima alla classifica, si può avere un’idea chi domini la piattaforma.

La pagina del commentatore politico Ben Shapiro è stata per 110 volte tra le prime dieci, mentre la Cnn, la pagina non conservatrice che ha avuto più successo, solo 22 volte. Esiste una spiegazione per il risultato di Shapiro: il suo sito, già responsabile di contenuti razzisti, riceve supporto e sponsorizzazioni da pagine e gruppi estremisti che Facebook dovrebbe monitorare se non rimuovere. Trattasi di una fitta rete di pagine legate allo stesso giornale, che alla stessa ora e con lo stesso contenuto ne condivide i post, aumentandone la viralità. Nonostante le sponsorizzazioni coordinate siano proibite dalla piattaforma, Facebook ha deciso di chiudere un occhio nei confronti dell’informazione pro-Trump.

E non si tratta di un caso isolato: sono infatti diverse le pagine conservatrici che hanno più visibilità delle altre sul social californiano. Dopo essersi rifiutato di rimuovere i post di Trump che incitavano alla violenza contro i manifestanti, Zuckerberg ha permesso di postare inserzioni politiche e informazioni non verificabili, continuando a legittimare contenuti di destra estrema e reazionari. Dai gruppi dei Proud Boys fino alle pagine di QAnon, Facebook continua a fare da cassa di risonanza alla causa di Trump, definito dallo stesso Zuckerberg il suo «miglior cliente». Facebook ha difeso la neutralità dei suoi algoritmi, motivando il successo del populismo di destra con il fatto che quei contenuti «sono capaci di trasmettere emozioni forti e viscerali». Eppure, ripetendo la stessa analisi sui primi dieci post per interazioni in Italia, il quadro è diverso: nonostante Salvini e Meloni siano comparsi spesso in top ten con una ventina di apparizioni a testa, sono le testate giornalistiche a dominare il social, con Repubblica che appare 90 volte in classifica, sebbene i contenuti dei sovranisti italiani non siano meno “emotivi e viscerali” di quelli postati dai loro omologhi Usa.

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Il sospetto che Facebook riservi un trattamento di favore nei confronti dell’area Trump insomma è più che fondato. D’altronde, il rapporto tra Facebook e la destra è profondo. Nel novembre 2019, Zuckerberg ha tenuto una serie di cene con personalità dell’ala radicale, tra cui Shapiro e Tucker Carlson, per difendere il primo emendamento sui social. Ma è soprattutto Joel Kaplan il legame tra Facebook e i Repubblicani: oggi direttore delle politiche pubbliche di Facebook e braccio destro di Zuckerberg, Kaplan fu per otto anni nell’amministrazione Bush Jr, ed è tuttora amico intimo di Brett Kavanaugh, il giudice antiabortista e omofobo nominato da Trump. Sarebbe stato Kaplan a far modificare gli algoritmi di Facebook per favorire pagine e contenuti conservatori, secondo quanto rivelato dai suoi impiegati in forma anonima. Le relazioni tra Facebook e la destra americana non si fermano del resto qui.

Sin dalla creazione di Facebook, Zuckerberg ha catturato l’interesse di molti investitori vicini alla destra. Tra le varie figure che lo hanno finanziato risalta Peter Thiel, socio fondatore di PayPal e Palantir, frequentatore della galassia suprematista bianca e che ancora oggi siede nel consiglio di amministrazione di Facebook. Inoltre Zuckerberg trae profondi benefici dall’alleanza con Trump, che si oppone al progetto del partito democratico di regolamentare o addirittura smembrare Facebook. Ed è nota per contro l’antipatia che corre tra Zuckerberg e Joe Biden, che lo ha definito «un serio problema».