Rrisorse e idee non mancano. Ci vuole gioco di squadra, organizzazione, una visione condivisa

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In questi giorni siamo tutti uniti nell’impossibilità di passare le feste coi nostri cari. Le frontiere, che ci sembravano abbattute, questo Natale si innalzano non solo tra stati, ma anche tra regioni e comuni. Un anno fa, con le nostre cartoline pubblicate sull’Espresso, cercavamo di dimostrare che «essere distanti non è essere assenti, ma essere diversamente presenti», come scrive il Rapporto Italiani nel Mondo. Quest’anno tutta Italia si è ritrovata a fare come noi: a usare creatività, forza di volontà e nuovi mezzi di comunicazione per esserci lo stesso. Se al prezzo della pandemia abbiamo acquistato questa nuova capacità, di farci prossimi anche in remoto, di essere «comunità ibride di luogo», come le chiama Ezio Manzini, è nostro dovere, un dovere nei confronti di chi è morto, di chi sta vivendo le pesanti ripercussioni della crisi, cercare di abbattere tutte le barriere (mentali e burocratiche) perché la ripresa sia di tutti, per tutti, sfruttando tutto il potenziale che il nostro paese ha a disposizione, senza escludere nessuna opportunità.

E fuori dai nostri confini ne abbiamo molte, di opportunità. In queste pagine si da spazio a chi è partito negli ultimi quindici anni, che torna appena può, segue i media italiani, vota e collabora con le reti informali e formali a disposizione. Sono risorse immediatamente attivabili, con serietà e i segnali giusti. Ma allargando il cerchio possiamo senza difficoltà integrare gli italiani di emigrazioni precedenti, le seconde e le terze generazioni che mantengono un legame anche patrimoniale e concreto con il nostro paese, spesso nelle ben note aree interne. Grazie alla tenacia di molti attivisti, come Giuseppe Sommario e Marina Gabrieli, il «turismo di ritorno» è ormai un’espressione corrente, l’Enit vi consacrerà l’anno 2021, e un master sul tema sta per prendere il via all’Università della Calabria. E spingendo il circolo virtuoso di associazioni, imprese e istituzioni fino alla sua massima espansione, Piero Bassetti ci invita a considerare il popolo degli «italici», come quei duecentocinquanta milioni di persone che hanno un debole per la cultura italiana e sono, per molti aspetti, nostri alleati naturali.

Queste pagine, molto diverse da quelle di un anno fa, non parlano di storie singole o di lontananza, ma di alleanze e di svolte a portata di mano. Siamo a un passo dal poter descrivere, tra un anno, una traiettoria molto diversa. In parte perché ci stiamo lavorando con tenacia, in parte perché la pandemia ci ha messo tutti sullo stesso piano, di «diversamente presenti», costretti a inventarci modi nuovi per andare avanti. E visto che bisogna farlo, perché non farlo su basi nuove, più giuste, più efficaci? Ad esempio partendo dalla proposta di Federica Daniele su un nuovo tipo di rimesse d’impatto sociale, presentata per la prima volta all’incontro «Rimesse 2.0» organizzato a Parigi in febbraio scorso, in collaborazione con l’associazione Movimenta. Dal progetto della Rete dei Talenti per il sud del ministro Provenzano. Dalla mappatura completa compiuta dalla Conferenza di Valutazione. Abbiamo qui dimostrato che non sono le idee e le opportunità che mancano, né le piste di collaborazione potenziali, per singoli, associazioni, imprese, amministratori.

Cosa manca, quindi? Sul piano ideale: la condivisione di una visione, una spallata di coraggio e senso di comunità, un gioco di squadra. Su un piano più prosaico: organizzazione, ottica di sistema e infrastrutture efficaci. Nel 2021 possiamo dotarci di tutto questo. Innanzitutto dialogando sulle pagine dell’Espresso per raccontare, confrontarci e segnalare esperienze e possibilità. Ma anche approfittando pienamente di due occasioni importanti. Le elezioni delle rappresentanze di base degli italiani all’estero (i Com.It.Es. - Comitati degli italiani all’estero - e il Cgie - Consiglio Generale degli italiani all’estero), che si terranno non prima di primavera, aperte all’elettorato attivo e passivo di tutti gli iscritti al Registro degli italiani residenti all’estero. E poi l’assemblea della Conferenza Permanente Stato Regioni Province Autonome Cgie, di cui si è svolto il 14 dicembre l’evento introduttivo. Questo è il luogo dove la legge ci invita a costruire un piano triennale per le politiche per gli italiani all’estero. Gli incontri tematici psrtiranno il 19 gennaio e saranno aperti a osservatori istituzionali e portatori di progetti. La presenza di attori risoluti a questo tavolo determinerà la nostra capacità di raggiungere obiettivi ambiziosi all’altezza delle sfide del tempo. E l’invito è aperto.

C’è dell’altro. In queste righe chiediamo alleanze, ma le stiamo anche già offrendo in molte maniere. Diversi «expat» che si sono presentati in queste pagine un anno fa sono ora impegnati nel Piano Giovani 2021 di cui Gloria Riva parlava nel numero del 23 novembre: ci dimostrano che, per le nuove generazioni, superare frontiere e collaborare è una realtà quotidiana. Diversi giovani italiani all’estero sono stati coinvolti nel recente Festival della migrazione di Modena, per dialogare con i giovani nuovi italiani e italiani senza cittadinanza per rafforzare la comune battaglia per un paese più inclusivo e attento alla diversità. Facendo la scelta della mutua alleanza, non solo si schiudono infinite possibilità di superare la crisi e creare un mondo più giusto, ma si sperimentano strumenti nuovi di coinvolgimento e partecipazione che se pensati a misura di chi ha un passo o dei mezzi diversi, non servono solo agli italiani all’estero, ma anche ai precari, ai giovani, alle donne, a tutti gli esclusi e i senza voce del nostro paese, che invece hanno tutto il diritto di essere i protagonisti dell’oggi e del domani.

Tre mesi fa, alla radio ho sentito Marine Le Pen fare questa dichiarazione: «Il contrario della mobilità, che è il dna della globalizzazione, non è l’immobilismo, ma la prossimità. Di fronte all’eccesso di mobilità imposto ad alcuni, noi siamo i baluardi della prossimità». Tessere alleanze, abbattere i muri, non è solo una cosa bella da fare, è anche l’unico antidoto contro un sovranismo che vuole presentarsi come il monopolista delle relazioni semplici, umane, di buon vicinato, e arrogarsi il diritto di definire noi cittadini mobili come persone distanti, indifferenti, opportuniste. Rigenerare spazi di prossimità, che producano una trasformazione sociale, è la grande battaglia che abbiamo di fronte. E le parole di Marine Le Pen mi hanno convinto ancora di più che noi emigrati possiamo essere determinanti in questa battaglia, se ci dotiamo tutti insieme degli strumenti necessari di partecipazione. Il 2021 sarà anche un anno di elezioni amministrative. Nelle città, i legami tra chi è partito e chi è rimasto sono ancora forti. Sarebbe importante se chiunque sta preparando il futuro di queste città, leggendo queste righe, trovasse spunto per allargare lo sguardo a tutti i cittadini. Ignorarci, è il vero immobilismo, di fronte ad un mondo che cambia. Coinvolgerci, una delle chiavi per cambiare questo mondo in meglio.