Andrea Costa, segretario dem di Reggio Emilia e neo eletto in regione Emilia-Romagna, è stato per mesi l'unico esponente a difendere in tv il "partito di Bibbiano. E ora spiega la sua ricetta

PD PRESENTAZIONE DEI CANDIDATI ALLA CAMERA COLLEGIO PLURINOMINALE EMILIA ROMAGNA ANDREA COSTA
Andrea Costa si chiama come il primo deputato socialista del Parlamento italiano, ha 42 anni, ostenta una barba risorgimentale, ha conquistato un posto di consigliere regionale con oltre settemila preferenze, è sindaco di Luzzara e segretario provinciale del Pd di Reggio Emilia da sette anni, ha festeggiato la sua elezione a Bibbiano.

Per mesi è stato l’unico dirigente ad andare in tv a difendere “il partito di Bibbiano”: «Il Pd nazionale ha molto da imparare da quanto successo a Bibbiano», dice Costa. «Sono stati mesi terribili, gli abitanti hanno insegnato a tutti cos’è la capacità di resistenza, la dignità e l’accoglienza di leader che andavano lì a fare le loro comparsate elettorali. Ora c’è la vicenda giudiziaria ed è giusto aspettare».

A Roma si dice: l’Italia non è l’Emilia. Però il Pd si comporta come se la crisi elettorale cominciata con il tracollo del 2018 fosse finita. È così?
«In Emilia abbiamo vinto per il buongoverno, la credibilità di donne e uomini, ma anche per la reazione di un popolo che si è sentito aggredito nei suoi valori e che ci ha premiato anche oltre i nostri meriti. Ora il Pd non può fare finta che non sia successo niente e tornare come prima, a misurare gli equilibri interni delle sue correnti. Ha fatto bene Zingaretti a convocare un congresso straordinario».

Per fare cosa?
«Per compiere quel passaggio che manca. Una battaglia culturale, pre-politica. Le persone hanno ben chiaro che cosa sia la destra di Salvini e ci chiedono un’alternativa. Il Pd è fondamentale, ma da solo non basta. Va definita una cultura politica alternativa alla destra, vanno ricostruite le relazioni sociali e le relazioni politiche. La lista Emilia Coraggiosa guidata da Elly Schlein, alleata con noi, ha preso il quattro per cento, ma il suo significato politico va al di là del peso numerico. Ci sono i sindaci, gli amministratori, i consiglieri comunali e regionali. Dobbiamo mobiltare questo patrimonio non per fare le nomine, ma per avvicinarci al compito per cui il Pd è nato dodici anni fa: riscrivere un patto di cittadinanza che tenga unito il Paese, laddove la destra si propone di dividere tra vecchi e giovani, nord e sud, città e campagne».

Lei da sindaco un anno fa emanò un’ordinanza anti-cattiveria e ha subito anche qualche minaccia per questo motivo.
«Nell’ordinanza si prevedeva la lettura di qualche libro per chi offende sui social...».

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Una misura di rieducazione di stampo maoista... Cosa c’entra la pedagogia con la sua attività di sindaco?
«Io penso che un sindaco debba governare bene, pensare all’illuminazione e chiudere le buche, ma questo può farlo pure un sindaco della Lega. Io sono solo un sindaco di campagna, so come si risolve un problema di viabilità, ma mi sento anche diverso da un amministratore della destra, ho altri valori e principi. A volte abbiamo dimenticato di dirlo. Non basta governare bene, a noi viene chiesto di dire qual è la nostra anima. Il movimento delle Sardine ce lo ha ricordato: la politica deve smettere di essere un talent dove le facce passano e non durano».

Anche Stefano Bonaccini, però, ha vinto spingendo la sua faccia e la sua leadership personale oltre il Pd.
«Stefano ha ottenuto un risultato personale straordinario. Per il Pd è venuto il momento di mostrare al Paese una responsabilità collettiva: essere in tanti a sposare una causa, a farsi carico di una proposta culturale e politica nuova».

Lei è segretario del Pd di Reggio Emilia da sette anni. Un periodo travagliato: la “non vittoria” di Bersani, la rottamazione di Renzi, la scissione di Bersani e Errani, poi quella di Renzi. In mezzo, avete ceduto il primato nella ex regione rossa per eccellenza prima al Movimento 5 Stelle e poi alla Lega. Con il voto del 26 gennaio vi siete ripresi il primo posto: scampato pericolo, l’Emilia è di nuovo rossa?
«Non è così. Non era vero che il Pd era finito, anche nel 2018 dopo un risultato devastante ci siamo rimessi al lavoro e nella primavera del 2019 abbiamo vinto le battaglie per le città. Abbiamo potuto farlo perché abbiamo amministratori che sono rimasti con l’orecchio a terra, che sanno combattere nelle difficoltà. L’intuizione del Pd è più forte degli errori dei suoi dirigenti. Ma non possiamo neppure pensare che ora tutto sia a posto. Ci sono state le scissioni che sono ferite da ricucire, hanno lasciato macerie, anche in termini umani».

Zingaretti è il segretario giusto per farlo?
«Nicola è un segretario che sa ascoltare, posso dirlo per esperienza personale, ho imparato a conoscerlo. Sul caso di Bibbiano non era scontato che il segretario nazionale si fidasse di quello che gli dicevo io che ero il suo punto di ascolto sul territorio. Ora va sostenuto il suo impegno per un congresso che significhi aprire il Pd alle migliori energie della società, per una sinistra moderna, riformista».

Traduzione: bisogna trovare spazio nel partito per esponenti delle Sardine?
«Non ci serve una risposta politicista, una reazione chimica costruita in laboratorio. Quel movimento ci ha chiesto, prima di tutto, una svolta culturale, una linea di demarcazione netta, una visione del mondo differente da quella della destra. Lo stesso vale per il Movimento 5 Stelle, che in Emilia era nato. Tornano destra e sinistra, non c’è spazio per un terzo polo che non sceglie. È questo il tema su cui M5S dovrebbe interrogarsi. A noi spetta costruire l’alternativa».

Cultura politica, organizzazione, leadership. I quarantenni che appoggiarono Zingaretti un anno fa per la segreteria sono stati per ora piuttosto mortificati. È il vostro momento?
«Io ho fiducia nel segretario. Ci sono tante straordinarie risorse sui territori che possono portare al partito nazionale un contributo importante. Sono contento che sia previsto che il coordinatore dell’assemblea dei sindaci trovi un posto in segreteria. I ricambi non bastano. L’importante è fare tesoro della lezione dell’Emilia Romagna e anche di Bibbiano. E non fare finta di nulla».