Il giudice delle indagini preliminari Gaspare Sturzo non ci è andato giù pesante come qualcuno aveva erroneamente ipotizzato, e l'imputazione coatta temuta da Tiziano Renzi e i suoi legali non c'è stata.
Ma davanti alla richiesta di archiviazione chiesta dai pm della procura di Roma per alcuni indagati eccellenti dello scandalo Consip, ieri il gip romano non solo ha ordinato ulteriori indagini sul babbo dell'ex presidente del Consiglio (indagato per traffico di influenze perché sospettato, con l'imprenditore Alfredo Romeo e l'ex parlamentare Italo Bocchino, di traffico di influenze illecite in merito ad alcuni bandi milionari gestiti della stazione appaltante), ma ha pure chiesto di iscrivere nel registro degli indagati nuovi indiziati.
Si tratta di Denis Verdini, il suo storico braccio destro Ignazio Abrignani e l'imprenditore Ezio Bigotti. Per tutti e tre il magistrato ha contestato il reato di concussione e turbativa d'asta (obiettivo: favorire l'impresa francese Cofely, oggi si chiama Engie), mentre per Carlo Russo (l'amico di Tiziano sorpreso dalle cimici piazzate dai carabinieri del Noe a discutere con Romeo di alleanze e appalti di Stato) Sturzo chiede un'iscrizione aggiuntiva.
Oltre all'indagine per millantato credito e traffico d'influenze, Russo deve essere iscritto per tentata estorsione, in merito alle pressioni fatte ai danni dell'allora numero uno di Consip Luigi Marroni. Pressioni che erano state raccontate in esclusiva dall'Espresso nell'inchiesta “Il Giglio nero”, dove si evidenziavano anche accuse specifiche che Marroni aveva rivolto proprio a Verdini.
Già: l'ex forzista artefice del patto del Nazareno, l'ex suo fedelissimo Abrignani e Bigotti non erano stati mai indagati, né dalla procura di Napoli che aveva dato il via all'inchiesta Consip, né dai colleghi di Roma che ne hanno ereditato il fascicolo.
Anche se le intercettazioni del Noe, le successive dichiarazioni di Marroni e documenti riservati (pubblicati in esclusiva da un secondo articolo del nostro settimanale), segnalavano come Romeo fosse ossessionato da Bigotti, come avesse fatto esposti durissimi contro di lui, e che alcune decisioni del gruppo Romeo sembravano contromosse scomposte a quello che l'imprenditore napoletano considerava un accerchiamento.
Romeo si sentiva vittima di un complotto dei vertici di Consip che a suo parere stavano favorendo sistematicamente le imprese di Bigotti. Un immobiliarista vicinissimo a Verdini. Un politico che, secondo Marroni, avrebbe potuto disporre della sua carriera.
Vedremo se ora la procura di Roma proverà a scrivere un'altro capitolo della vicenda, o se chiederà l'archiviazione per mancanza di evidenze.