Un anno fa i "fascisti del terzo millennio" hanno organizzato nei quartieri popolari di Roma una serie di ronde e picchetti. Tutto fumo da vendere ai tg e ai talk show. Dodici mesi dopo nessuno li ha mai visti tornare da quelle parti

Protesta di CasaPound aTorre Maura nel 2019
Terra di conquista. Presìdi, ronde, picchetti al grido di “prima gli italiani”. La Roma di CasaPound assomiglia a una preda, mordi e fuggi. Clamore, slogan duri e poi il nulla. Gli obiettivi da anni sono sempre gli stessi, migranti e Rom. Si presentano come i veri italiani, pronti a fermare un’invasione inesistente. Lasciano sulle strade una scia d’odio. E sotto alla fine non rimane nulla.

Era appena un anno fa. Le truppe tatuate di via Napoleone III - sede abusiva del movimento neofascista guidato da Gianluca Iannone e Simone Di Stefano - avevano puntato tutte le carte sulla zona est della capitale. In prima fila il responsabile Lazio del movimento, Mauro Antonini,a capo della sede di Casal Bertone “Circolo futurista”, nata anni fa in alcuni locali commerciali dell’Inps, occupati anche questi abusivamente. La prima tappa del fascio-tour delle borgate è stata Torre Maura, a ridosso del raccordo anulare. Popolosa e popolare, cuore della periferia abbandonata da sempre della capitale. Davanti al centro di accoglienza di via Codirossoni il 2 aprile del 2019 un gruppo di abitanti aveva bloccato la strada per protestare contro l’arrivo di alcune famiglie Rom rimaste senza un alloggio. In poche ore la delegazione di Casapound, guidata da Antonini era pronta a dirigere la piazza. Scene che difficilmente Roma dimenticherà. Il pane destinato alle famiglie appena arrivate venne gettato sull’asfalto da alcuni manifestanti. Poi gli insulti, le minacce, durate due giorni. Fino allo straordinario dialogo con Simone, ragazzo di borgata con le idee chiare in testa: «A me nun me sta bene che no», disse davanti al leader romano di Casapound, immerso nelle dirette Facebook. Rappresentò il riscatto morale e civile del quartiere.

È passato un anno da quelle proteste. «Non li ho più visti da queste parti», racconta oggi una donna che vive a pochi passi dal centro di accoglienza di Torre Maura, «e qui non è mai venuto nessuno ad aiutare le famiglie che hanno veramente bisogno. Nessuno, neanche quelli di Casapound». Di quella presenza mediatica non è rimasto nulla, insomma, anche se nei palazzoni di Torre Maura il rancore di allora cova ancora. Una donna - che abita in un appartamento del comune - è tranciante: «Le case le danno solo agli zingari, non agli italiani». Eppure basta leggere il nome sui citofoni per capire che di stranieri o Rom qui ce ne sono pochissimi, tra gli assegnatari di alloggi popolari. Come confermato anche dai dati del bilancio sociale dell’Ater, l’istituto regionale che si occupa di edilizia agevolata: gli stranieri che accedono alle case pubbliche sono appena il 2 per cento. Ma anche chi si trovava in prima fila davanti alle proteste di un anno fa oggi ammette che Casapound qui non ha più messo piede: «Dopo quei giorni non si è visto più nessuno, mai più incontrati».

La storia
L'altra sede abusiva di Casapound: da 13 anni in un palazzo dell'Inps. Per feste e apericene
12/6/2020
Poco cambia spostandosi verso la Tiburtina, a Casal bruciato, dove Mauro Antonini e gli altri “camerati del terzo millennio” organizzarono un presidio per fermare l’arrivo di una famiglia Rom, assegnataria legittima di un appartamento del comune. Scene terribili anche in questo caso. L’assalto alla sindaca Raggi, insulti irripetibili, giornate di fuoco. «E chi l’ha più visti?», commenta un anno dopo il barista a pochi passi dal cortile dove Casapound aveva piantato il suo gazebo. Una donna che rientra a casa con la spesa sorride: «Spariti nel nulla, ora la famiglia Rom vive qui senza nessun problema».

Subito dopo il lockdown Casapound ha provato a rilanciare la sua presenza nella zona, organizzando un picchetto davanti ad un ex Sprar al Tiburtino III. I fascisti si sono piazzati davanti allo stabile, dove una decina di ragazzi del Gambia si erano rifugiati dopo essere stati espulsi dalla zona della stazione Tiburtina. Lo stesso metodo: dirette Facebook con Antonini in primo piano, slogan duri, tatuaggi e muscoli. Alla fine i migranti sono stati sgomberati dalla polizia locale e oggi vagano nella città. Ah, aiuti di Casapound agli italiani della zona? Non pervenuti.