La narrazione del Pd che tenta di spiegare con ragioni "umanitarie" il finanziamento alla guardia costiera libica è falsa come quella di Matteo Salvini
Qualche giorno fa ho chiesto al Segretario del Pd Nicola Zingaretti, dalle colonne di Repubblica, perché i parlamentari del Partito democratico avessero votato a favore del rifinanziamento della Guardia costiera libica, dopo che l’Assemblea nazionale del Pd a febbraio aveva dato indicazioni opposte. La mia richiesta ha avuto due risposte.
Quella diretta del ministro degli Esteri Di Maio, che scrive a Repubblica per dire sostanzialmente questo: «La Libia è una priorità assoluta della politica estera italiana e la sua stabilizzazione risponde a specifici interessi nazionali in termini di contrasto al terrorismo, di lotta al traffico di esseri umani e di rapporti economico-commerciali». Nulla da eccepire, magari i rapporti commerciali, fossi stato in Di Maio, li avrei messi in cima alla lista, perché è di quello che si tratta: è realpolitik. Punto.
Anche Zingaretti risponde,
ma indirettamente e tramite Facebook. «La scelta - scrive - deriva dalla convinzione che abbandonare in questo momento quello scenario sarebbe dannoso innanzitutto per la Libia e anche per i migranti che vi stanziano». E ancora: «Ma è del tutto evidente che per quanto mi riguarda il Pd dovrà verificare con assoluta inflessibilità se questo nostro impegno in Libia effettivamente cambia le cose nella direzione auspicata e soprattutto pone termine alla condizione infernale nella quale sono costretti a vivere tanti migranti».
Vorrei far notare al Segretario che l’Italia finanza la Libia da oltre un decennio e che, nonostante le numerose e serissime inchieste giornalistiche, nonostante i rapporti e le denunce dell’Onu, nonostante le prese di posizione di Papa Francesco, la condizione dei prigionieri nei lager che l’Italia finanzia non è mai cambiata, anzi, a dire il vero è peggiorata.
Ma ora vi spiego
perché considero il Pd e Zingaretti responsabili, al pari di Berlusconi, Salvini, Di Maio e Minniti dell’orrore dei lager libici, dei finanziamenti ai trafficanti di esseri umani e dell’allontanamento delle Ong dal Mediterraneo.
Perché a differenza della bestia cattiva - che definisce le Ong che salvano vite “taxi del mare”, che chiama le traversate in cui migliaia di uomini, donne e bambini perdono la vita, “crociere” - la bestia buona ha sempre dichiarato di agire a salvaguardia della vita umana. Argomentazione che ancora usano i parlamentari per giustificare l’aver disatteso una risoluzione votata in Assemblea all’unanimità.
Il problema è che
questa narrazione è falsa e in quanto falsa, falsifica il lavoro di chiunque si sforzi di denunciare ciò che accade in Libia e ciò che, di conseguenza, accade anche in Italia. Sapete perché? Perché veniamo tutti ascritti a una sinistra politica che di fatto non esiste più. Perché veniamo usati come il braccio armato di chi, al governo, dopo averci magari dato ragione a parole, agisce esattamente come l’avversario politico.
Vedete, vogliono far passare chi denuncia, racconta e prova a offrire soluzioni come incapace di comprendere la ragion di Stato e così rispondono: non possiamo lasciare la Libia perché altrimenti i migranti starebbero peggio.
Ma davvero si può star peggio di così? Cosa può succedere di più drammatico di essere detenuti per anni in luoghi dove non arriva luce, di avere scarsità di cibo e di acqua, di essere stuprati e torturati al fine di estorcere denaro alle famiglie. Di essere usati come carne da macello nella guerriglia, di essere venduti come mercenari, come schiavi. Cosa c’è di peggio di essere divisi dai propri cari, dai propri genitori, dai propri figli. Cosa c’è di peggio di perderne definitivamente le tracce? E infine, cosa c’è di peggio di decidere di prendere il mare dove le percentuali di salvezza sono esigue?
Tutto questo va avanti, con un’interruzione seguita alla morte di Gheddafi, dal 2008, cioè da 12 anni. E noi stiamo ancora qui a sentirci dire che è meglio esserci che non esserci? Che è meglio finanziare la Guardia costiera libica che creare corridoi umanitari?
Ecco perché è arrivato il momento di dire chiaro e tondo alla bestia buona che non è poi così buona e che le parole no, non bastano più.