
E allora colgo l’occasione per richiamare un tema di fondo, che s’impone dopo questo anno da dimenticare. Il realismo politico nella contingenza va praticato a una certa altezza, al servizio di un progetto strategico. Non si può spendere a basso prezzo al mercatino dell’usato, maggioranze di governo con chi ci sta, chiunque esso sia, connubi trasformisti con improbabili alleati, affido per leadership di governo, e chissà per che cos’altro, a personaggi improvvisati e sprovveduti. Questo è pragmatismo e il pragmatismo diventa opportunismo e l’opportunismo subalternità. Nulla di cui c’è bisogno.
Non è vero che c’è una maggioranza di destra nel Paese. Sfatiamola questa leggenda. C’è una maggioranza di persone che ha subìto, nel corso degli ultimi decenni un mirato disegno di delegittimazione della politica, della sfera pubblica, del sistema parlamentare. Disegno mirato, perché calato dall’alto, da potentati privati, da potenze mediatiche, da poteri divisi dello Stato. E disegno subìto, perché non contrastato dalle forze politiche legittimate a farlo e utilizzato da movimenti antipolitici che ne hanno tratto lucroso vantaggio di consenso. È questo il disegno che va rovesciato. C’è piuttosto un potenziale di massa a contestazione dello stato di cose esistente, quella rabbia e quel rancore di cui tanto si è parlato, che è come un treno che ha deragliato e che va rimesso sul proprio binario. Vanno riconosciute tutte quelle ragioni per dare a esse un diverso indirizzo: con un progetto alternativo e una forte volontà di lotta per realizzarlo.
L’esempio lampante è in questo referendum. Si prevede che molti cittadini - facciamo in modo che non siano moltissimi! - dirà sì al quesito, mossi dalla convinta intenzione di colpire alcuni privilegi. Non era il caso di andare una buona volta a sporcarsi i vestiti della domenica di governo scendendo nelle diffuse periferie del Paese - perché da lì verranno i sì - a spiegare che quei privilegi vanno certo corretti ma, attenzione, non derivano da questo i mali che vi affliggono e che ben altri consistenti e decidenti interessi sono alla radice del vostro essere disagiati, emarginati, dimenticati, in una parola del vostro malvivere? Ma che cosa deve fare un partito se non dirigere, convincere, orientare, organizzare? Sono queste elementari capacità politiche che si sono perdute. Oggi i partiti non sono più forze politiche in giusta sintonia con i movimenti di opinione. Sono debolezze impolitiche ridotte a movimenti di opinione. Ne pagano il prezzo il buon funzionamento del sistema istituzionale e il buon funzionamento del conflitto sociale. Perché, si deve sapere, che senza l’uno e senza l’altro non c’è, non ci sarà, sviluppo per tutti.
Da ultimo. Si è soliti elevare inni di ringraziamento alla nostra Costituzione. C’è da chiedersi che cosa direbbero i Padri costituenti davanti a questo pasticcio combinato dalle cosiddette Repubbliche che sono seguite a quella da loro così bene pensata e realizzata.
SCELTA DI CAMPO
A giugno L’Espresso ha dichiarato la sua scelta per il No al referendum sul taglio dei parlamentari, contro l’impoverimento delle istituzioni e della democrazia. Nei numeri successivi abbiamo dato spazio alle diverse argomentazioni per il No