Mondo
dicembre, 2021

L’internazionale No Vax che spaventa l’Europa

Dalla Francia all’Austria, dai Paesi dell’Est alla Germania il mix di rabbia e anti-politica si sposta sulle misure anti Covid-19. E le destre lo usano contro Ue e governi

Il Green pass come nuovo muro di Berlino. Come novella stella gialla sui cappotti dei perseguitati. Come malefico chip digitale inserito nella vita dei cittadini ordinari. Uno strumento europeo concepito per garantire libertà e sicurezza è diventato agli occhi dei sostenitori delle tante destre dell’Unione europea un’arma di controllo e oppressione.

 

«Quando un governo dice di avere a cuore gli interessi della gente, riflettete», tuonava qualche giorno fa, giacca damascata rossa e nera, dagli scranni dell’Europarlamento la tedesca Christine Anderson, militante dell’AfD, l’Alternativa per la Germania: «Se l’illuminismo ci ha insegnato qualcosa è il non considerare sicuro niente di ciò che dice il governo. Dubitate di tutto, cercate quali possano essere i motivi ulteriori e chiedetevi: “a chi conviene?” Non è mai esistita un’élite che si sia davvero preoccupata del benessere della gente comune. Perché deve essere diverso adesso?».

 

Nella realtà distopica costruita negli ultimi due anni, prima online e poi in piazza, dai leader politici ultra-conservatori di mezza Europa, il Covid-19 e i vaccini non sono che un’occasione per trarre grandi vantaggi a discapito dei cittadini da parte delle solite élite rapaci che nelle stanze segrete di Bruxelles tessono le sorti del Vecchio Continente. E così a Trieste come a Dresda, a Vienna come a Parigi, a Rotterdam come a Zagabria, e anche Oltre Manica, da due anni le tesi cospiratrici hanno preso a correre tra post Facebook, appelli su Youtube e canali Telegram, alimentando paure e diffidenze, e sfociando nelle manifestazioni con tanto di auto incendiate e vetri rotti delle ultime settimane, al grido di “No Green pass”.

 

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«Questa è la classica tempesta perfetta», dice Adrian Bardon, professore di filosofia all’Università del Massachusetts a Amherst: «Un’élite colta che lavora insieme al governo per dire alla gente che deve fare qualcosa per il bene comune contro un nemico invisibile». E quel qualcosa sono gesti invasivi: stare a casa, indossare una mascherina o, ancora o peggio, infilarsi un ago in corpo: «È la rottura totale dello status quo, ovvero della situazione ideale di chi è conservatore e diffida di qualsiasi cambiamento per partito preso».

 

Fin dal secolo scorso l’estrema destra europea è stata scettica nei confronti degli avanzamenti scientifici perché frutto del gotha accademico e intellettuale, il primo soggetto sociale contro cui gli autoritarismi si scagliano, fomentando la sfiducia nella popolazione. In Europa l’abbraccio tra destra politica e movimento anti-vax è stato oggi relativamente naturale: una parte della popolazione, già impaurita dalla crisi economica, delusa dalla gestione delle ondate migratorie, indebolita dalla crescente disuguaglianza sociale, ha trovato nelle tesi complottiste anti-vaccini diffuse dai politici di estrema destra il modo per riconquistare una sorta di controllo sulla propria vita. Per darsi una spiegazione non offuscata da incertezze. E, soprattutto, per riaffermare la propria identità personale e nazionale in un momento fluido, di rapida transizione: rivoluzione verde, digitalizzazione, divisione del mondo in grandi blocchi geopolitici, ben lontani dal rassicurante nazionalismo costruito nell’ultimo secolo e mezzo. «La Germania dell’Est aveva storicamente uno dei tassi di vaccinazione più alti del Paese ma con la diffusione dei partiti di estrema destra in regioni come la Sassonia ora non si vuole vaccinare più nessuno», dice Miro Dittrich, fondatore del Cemas, istituto tedesco che indaga sugli estremismi di destra: «Sparito dal discorso pubblico l’incubo dei migranti, la destra ha trovato nel Covid-19 un nuovo argomento politico per non perdere influenza». Si tratta di una politicizzazione della salute che richiama quella dell’opposizione alla realtà dei cambiamenti climatici. Due identikit di persone che in gran parte si sovrappongono. «È una lezione importante per chi pensa, sbagliando, che il compito dei governi sia convincere le persone che il vaccino è sicuro», continua Bardon: «Il discorso sulla sicurezza o meno del vaccino è un sintomo. La radice del problema è tutta politica. Il Covid-19 è diventato uno strumento politico, come avrebbe potuto esserlo qualsiasi altra questione che alimenta sfiducia in chi governa». Tant’è vero che Anderson, in uno dei suoi video su Youtube, ammonisce gli incerti: «Non pensate di recuperare la vostra libertà vaccinandovi! Signore e signori, svegliatevi! Questa amministrazione europea troverà delle assurdità che servono a un solo scopo: limitare la vostra libertà».

 

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Non è un caso che proprio nei Paesi europei in cui la sfiducia nei leader politici è più alta, soprattutto nell’Europa orientale, il tasso di vaccinazione sia più basso. Ai due estremi opposti dello spettro si collocano la Bulgaria, che, con il 25 per cento di vaccinati, è anche il Paese con il livello di corruzione più alto dell’Unione, dove in un anno si sono succedute tre elezioni nazionali senza raggiungere la stabilità politica, e il Portogallo, dove la fiducia nel sistema politico è sempre rimasta alta e dove, con l’81,5 percento dell’intera popolazione, si registra il più alto tasso di vaccinazione in tutta Europa.

 

A stare ad uno studio della Commissione europea, in Austria e Croazia, dove le proteste sono state tra le più violente del vecchio Continente, è crollata la fiducia nel governo proprio tra il 2019 e il 2021. In Austria il leader del partito di estrema destra dell’Ofp, Heinz-Christian Strache, in coalizione di governo, è stato costretto a dimettersi in seguito alle rivelazioni sulla compravendita di influenza politica ai russi, e, a causa di una serie di scandali per corruzione, il premier Sebastian Kurz, a lungo considerato il giovane prodigio della destra europea, lo scorso ottobre ha lasciato l’incarico al suo ministro degli Esteri, Alexander Schallenberg. Il nuovo premier, non potendo più convincere i cittadini no-vax, preoccupato per il basso tasso di vaccinazione del Paese, ha finito per fare ricorso a metodi radicali, annunciando, primo in Occidente, il vaccino obbligatorio a partire da febbraio. «Una mossa azzardata che allarga il divario all’interno della nostra società», ha detto preoccupato Thomas Czypionka, capo degli studi di politica ed economia sanitaria dell’Istituto per studi avanzati di Vienna: «L’obbligo vaccinale rischia di radicalizzare i contrari anziché convincerli, soprattutto con la nostra storia, creando problemi futuri». Per Dittrich invece potrebbe essere un modo per uscire, senza perdere la faccia, dall’angolo in cui si sono cacciati alcuni indecisi, a forza di inseguire le teorie complottiste. Dopo l’apparizione della variante Omicron, anche il premier greco Kyriakos Mitsotakis si è convinto della necessità dell’obbligatorietà del vaccino almeno per gli over 60, pena 100 euro di multa al mese. E il prossimo cancelliere tedesco Olaf Scholz ha fatto sapere di stare meditando anche lui sull’imposizione a partire da febbraio. 

 

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A Bruxelles intanto alcuni esponenti del movimento no-vax, come il vicepresidente olandese del gruppo dei conservatori di Ecr Robert Roos, la belga Anne-Sophie Pelletier, l’italiana Francesca Donato e la francese Virginie Joron, hanno addirittura chiamato in ballo la Corte di giustizia europea contro le misure anti Covid-19 prese dal presidente dell’Europarlamento David Sassoli: dalle mascherine al Green pass in entrata nei palazzi di Bruxelles e Strasburgo. E a novembre sono riusciti ad ottenere la sospensiva dell’obbligo fino a una decisione definitiva della Corte, elemento che ha rafforzato la lotta degli europarlamentari no-vax contro la «dittatura di Bruxelles».

 

Se Donato twitta la foto di un negozio tedesco con un cartello con su scritto «non sono graditi i non vaccinati», accanto ad uno degli anni Trenta con la dicitura «non sono graditi gli ebrei» per evincere una similarità tra la Ue di oggi e la Germania nazista di ieri, l’europarlamentare rumeno Cristian Terhes, denuncia addirittura l’ingresso dell’Unione in un regime dittatoriale: «Il certificato verde è la certificazione del passaggio dell’Europa dalla democrazia alla tirannia». E poi, ergendosi a difensore dello Stato di diritto, aggiunge: «La protezione delle libertà e dei diritti personali di ogni persona è il fondamento del progetto europeo e la ragione della sua esistenza. I padri fondatori avevano in mente un’Europa in cui i governi e i burocrati avrebbero lavorato per le persone, non contro di loro, non per controllarle, come è successo nell’Unione sovietica». Con un solo colpo, le misure di sicurezza prese a tutela della salute dei cittadini diventano nell’universo no-vax, per bocca dei politici di estrema destra, la dimostrazione della trasformazione dell’Europa in un regime dittatoriale, a scelta, sul modello nazista, su quello sovietico oppure, in chiave più moderna, su quello cinese, come suggerisce Anderson: «In futuro un codice QR deciderà se potremo entrare nel Parlamento. In Cina questo sistema è in vigore da un po’ e, oltre a farti entrare nel luogo di lavoro, decide anche se ti puoi allontanare dal tuo domicilio o andare al supermercato, a seconda della tua opinione sul Partito».

 

Inevitabile quindi che la questione sanitaria abbia rifatto capolino anche nella campagna presidenziale francese che sta decollando proprio in questi giorni. A destra ma anche a sinistra, in quell’interstizio politico in cui, arrivando da strade opposte, gli estremismi di colore diverso s’incontrano: da una parte Marine Le Pen definisce il Green pass «un passo indietro per le libertà individuali» e Eric Zemmour lo vorrebbe abolire se eletto presidente, dall’altra Jean-Luc Melanchon lo ha definito «un abuso di potere».

 

Resta un dubbio: ma se il codice QR anziché indicare l’avvenuta vaccinazione attestasse la fede sovranista del portatore, verrebbe ancora additato dagli stessi critici come strumento di tirannia?

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