Gli assalti armati nella regione sono numerosi. Ma la strada percorsa dai fuoristrada delle Nazioni Unite era considerata sicura

Qualche voce ha parlato troppo lungo la rotta che l'ambasciatore italiano, Luca Attanasio, 43 anni, e il carabiniere, Vittorio Iacovacci, 30, stavano percorrendo la mattina di lunedì 22 febbraio, ai confini orientali della Repubblica Democratica del Congo.

 

I terroristi sapevano che sulla pista principale del parco nazionale dei Virunga, a nord della città di Goma, sarebbe transitato un piccolo convoglio del World Food Programme, il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, con i rappresentanti dell'Unione Europea che avrebbero voluto rapire.

 

I fuoristrada bianchi con il logo azzurro non passano inosservati su quei percorsi di terra battuta in mezzo alla foresta, nella regione del Nord Kivu che segna la frontiera con il Ruanda e l'Uganda. L'ambasciatore Attanasio, il carabiniere Iacovacci, originario di Sonnino in provincia di Latina e in forza al 13° Reggimento “Friuli Venezia Giulia” di Gorizia, e il loro autista, Mustapha Milambo, sarebbero stati uccisi dagli uomini del commando, messo in fuga dal successivo intervento dei soldati congolesi e dei ranger armati del parco. La dinamica dell'imboscata verrà chiarita nelle prossime ore. Ma non c'è dubbio che un bilancio così pesante per la diplomazia internazionale e per i piani delle Nazioni Unite, presenti in zona con la missione multinazionale di stabilizzazione “Monusco”, rivelino una grave falla nell'organizzazione del viaggio. Il convoglio, formato soltanto da due fuoristrada, non era infatti protetto da una scorta militare perché il percorso era considerato sicuro. Un'informazione che, molto probabilmente, era arrivata anche ai terroristi.

 

La meta era a circa settanta chilometri a nord di Goma, nell'abitato di Rutshuru. Una distanza che, se non piove, si percorre in due ore e un quarto. La delegazione avrebbe dovuto visitare uno dei progetti di alimentazione scolastica con cui le Nazioni Unite, garantendo una maggiore sicurezza alimentare e sanitaria, puntano ad aumentare la presenza in classe.

 

 

L’ambasciatore Luca Attanasio, originario di Limbiate in provincia di Monza e Brianza, padre di tre bimbe piccole e sposato con Zakia Seddiki, fondatrice di un'associazione di aiuto alle donne africane, sarà ricordato per il suo impegno per la pace e il sostegno ai progetti per la popolazione delle zone più povere del Congo. Ma l'attacco che ha subito è ordinaria quotidianità nella regione orientale. La vicinanza con l'Uganda, la presenza nel sottosuolo di terre rare ricercate dall'industria digitale e, soprattutto, i duemilacinquecento chilometri di distanza dalla capitale Kinshasa, raggiungibile soltanto in aereo, hanno favorito l'infiltrazione nelle zone a nord e a sud di Goma di una costellazione di eserciti privati.

 

Oltre al coltan, la miscela di columbite e tantalite con cui si producono i condensatori di cellulari e computer, la Repubblica Democratica del Congo estrae la maggior parte del fabbisogno mondiale di cobalto, materia prima per il funzionamento delle batterie che muovono le auto elettriche di ultima generazione. L'ingresso sempre più ingombrante della Cina nei rapporti con Kinshasa, dal 2008 a oggi, sta spiazzando i signori della guerra che spesso sono loro stessi trafficanti o proteggono i traffici di materie prime.

 

Il conflitto civile nelle regioni orientali del Congo non è quindi l'effetto di uno scontro etnico, come è spesso rappresentato, ma l'influenza di forze esterne al Paese. Il portale “Kivu security tracker”, nato da una collaborazione tra Human Rights Watch e il Centro di cooperazione internazionale dell'Università di New York, calcola un bilancio di 9973 vittime negli ultimi tre anni, 3721 attacchi, 5573 rapimenti e altri 4226 morti per aggressioni, rapine, violenze sessuali, riferibili direttamente o indirettamente alle incursioni delle bande armate che infestano il territorio. L'osservatorio ha infatti registrato l'attività di quarantacinque organizzazioni terroristiche nel Nord Kivu, tra le città di Goma e Beni, dove l'ambasciatore Attanasio e il carabiniere Iacovacci sono stati uccisi. E di altre sessantaquattro nel Sud Kivu.

 

Alcune di queste, come le Allied Democratic Forces (Adf), fuorilegge sia in Uganda sia in Congo, si ispirano al jihadismo. Il loro fondatore Jamil Mukulu, alias David Steven, 57 anni, è un ex cattolico ugandese. Si è avvicinato all'estremismo islamista in Kenia, dove ha studiato economia, e si è radicalizzato dopo un periodo di indottrinamento in Arabia Saudita. Mukulu è stato arrestato sei anni fa in Tanzania e da allora il gruppo armato è comandato dal suo vice, Musa Seka Baluku, 43 anni, un altro fanatico che ha dichiarato di ispirarsi ai terroristi iracheni dello Stato islamico e ai fanatici africani di Al-Shabaab in Somalia e di Boko Haram in Nigeria.

 

Il gruppo Adf è il principale sospettato dalle autorità di Kinshasa. Poche ore dopo l'omicidio dell'ambasciatore italiano, del carabiniere di scorta e del loro autista, un altro attacco è stato messo a segno a Kasindi, un posto di frontiera lungo una delle strade che portano al lago Vittoria in Uganda.

 

Sempre secondo gli osservatori di “Kivu Security Tracer”, l'organizzazione di Musa Seka Baluku ha ucciso due uomini e tre donne il 7 febbraio vicino alla città di Beni e altre quattordici persone nel villaggio di Mabule il 5 febbraio. A volte le tensioni sfociano in sanguinose battaglie perfino tra i componenti delle stesse bande. Una situazione di caos che nella regione, proprio come sta accadendo in questi giorni, favorisce la propagazione di nuovi focolai del virus ebola. E da decenni condanna la verde Repubblica Democratica del Congo, sospesa tra una natura generosa e una corruzione galoppante, a essere una delle nazioni più affamate al mondo.