Il fenomeno
La rivincita degli italiani che vengono da fuori
Da Enrico Letta a Elly Schlein, passando per i fondatori del nuovo movimento Verde. Le varie anime del centrosinistra si appoggiano ora a personalità con un passato fuori dall’Italia. Una questione di metodo, e non solo un’etichetta. Come ci spiegano altri protagonisti di questa rivoluzione sottotraccia
Le ultime settimane sono state un susseguirsi di imprevisti terremoti politici e perenni sabbie mobili, ma c’è un elemento nuovo che si fa strada: coloro che hanno fatto un passo in avanti per offrire un’uscita dallo stallo politico del centrosinistra hanno un passato fuori dall’Italia.
A dare il la Rossella Muroni, che ha fondato il gruppo parlamentare ecologista FacciamoECO con al suo fianco due uomini dal passato oltre frontiera. C’è infatti Lorenzo Fioramonti, ex ministro italiano con moglie tedesca ed esperienza accademica in Sudafrica. Ed Alessandro Fusacchia, eletto per gli italiani all’estero, rientrato dopo anni di lavoro a Bruxelles ed esperienze di studio in vari paesi.
Mentre il Pd era sul filo dell’implosione, con le improvvise dimissioni di Nicola Zingaretti, Elly Schlein ha proposto una « mossa pirata » per ricompattare le fila della sinistra. Lei si potrebbe definire formalmente un’italiana di seconda generazione, vista la sua nascita in Svizzera e la famiglia sparsa tra la Svizzera, l’Italia e gli Stati Uniti.
Infine, proprio per chiudere una crisi potenzialmente letale per il più grande partito di centro-sinistra, si è fatto appello ad Enrico Letta come segretario del PD. Sei anni a Parigi a contatto coi giovani l’hanno trasformato, dice. Ma il richiamo della politica l’ha riportato a Roma, dritto al Nazareno.
Questo filo comune ha anche un altro elemento particolare : nessuno di loro rivendica l’essere stato all’estero come un tratto identitario. Probabilmente perché è molto più interessante considerarlo come un metodo, più che come un’etichetta.
Metodo nel mettersi alla prova in un contesto in cui quasi niente è conosciuto ; metodo nel non accettare una realtà per quella che è, solo perché la si giudica socialmente immutabile; metodo nel circondarsi di persone e di temi che da una prospettiva decentrata, come quella acquistata «fuori», si notano, mentre magari nel percorso più lineare della politica italiana restano perennemente (ed erroneamente) ai margini. Metodo, infine, nel poter avere il coraggio di una sfida, perché come ci si è costruiti una vita in un mondo che non era il nostro, è possibile farlo anche una seconda, una terza volta. Senza l’horror vacui dell’assenza di poltrona.
Questo metodo si fa fatalmente anche contenuto. Non è un caso infatti che tutti siano concordi nella necessità di ottenere lo ius soli. Che non è una battaglia di parte, ma di civiltà, riconoscendo l’Italia come più complessa e intrisa di globalità di quanto non si voglia ammettere. E non è un caso che questi percorsi attirino giovani. Enrico Letta ne ha formati diversi attraverso il lavoro universitario e le scuole di politica, e ha promesso di portarne con sé nel lavoro dentro al partito, ma anche gli altri profili attivano energie giovanili in Italia e anche fuori, come testimoniamo con le interviste in queste pagine. Le attivano in un modo, si direbbe oggi, « intersezionale », cioè l’identità « expat » non si custodisce gelosamente, ma entra in risonanza con le possibilità di azione e di relazione che si trovano nel luogo di residenza. Sono percorsi ormai diffusi, tra i sei milioni di italiani all’estero. Percorsi intrisi di un europeismo vissuto. Percorsi che, a proposito di contenuti, mettono prioritariamente al centro dell’agire l’emergenza ambientale, e aprono l’orizzonte alla collaborazione con l’attivismo dei giovanissimi che oggi si mobilitano per il clima.
«Da Barcellona, scrivo articoli a quattro mani con Lorenzo Fioramonti»
ll suo nome è Riccardo Mastini: nato a Milano nel 1988, prima studia antropologia ambientale nel Regno Unito e in Svezia, poi lavora come consulente per il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente e in seguito come campaigner della ONG Friends of the Earth. Nel 2018 vince una borsa di studio nel programma Marie Skłodowska-Curie della Commissione europea per compiere un dottorato in ecologia politica all’Università Autonoma di Barcellona, dove risiede tuttora. Al momento è anche un expert reviewer per il Sesto Rapporto dello IPCC, che verrà pubblicato nel 2022.
Come hai incominciato a collaborare con Lorenzo Fioramonti?
Da vari anni seguivo il lavoro di Lorenzo Fioramonti poiché i suoi temi di ricerca sono molto vicini ai miei. Durante la campagna per le elezioni politiche del 2018 mi sono messo in contatto con lui e abbiamo avviato una collaborazione tramite l’organizzazione internazionale ‘Wellbeing Economy Alliance’ da lui fondata, che si occupa di ricerca e di fornire supporto a leader politici di tutto il mondo sui temi dell’economia ecologica e nuovi indicatori di sviluppo sociale. Nel corso del 2020 i nostri scambi si sono intensificati in vista del lancio di un nuovo soggetto politico verde nel parlamento italiano e ora mi occupo di elaborare un’agenda programmatica e proposte di politiche pubbliche per FacciamoECO. La mia collaborazione con Fioramonti unisce la ricerca accademica con la formulazione di policy e rappresenta a mio avviso ciò che la politica dovrebbe essere: dialogo con la scienza e la società per elaborare nuove proposte.
Cosa vuole dire per te fare politica da italiano all’estero?
Non sono mai stato iscritto ad un partito politico e avendo lasciato l’Italia quando avevo 20 anni non ho mai fatto attività politica ‘sul campo’. Tuttavia anche dall’estero è possibile collaborare all’elaborazione di idee e proposte che confluiscono nel dibattito pubblico italiano. Ad esempio ho partecipato come relatore alla scuola politica organizzata da Stefano Fassina e ho collaborato alla proposta per un servizio civile ambientale lanciata da Alessandro Di Battista. Ho contribuito alla stesura di vari appelli pubblici apparsi su quotidiani italiani, ma sono soprattutto attivo in alcuni movimenti di base che si battono per la giustizia climatica. Nei vari paesi in cui ho vissuto negli ultimi anni sono stato attivo nei gruppi di Fridays for Future e Extinction Rebellion. Essendo i gruppi nazionali di questi movimenti molto coesi a livello europeo, è possibile far arrivare le mie idee ai gruppi italiani pur trovandomi all’estero. Sono inoltre uno degli autori del manifesto per la campagna pan-europea ‘Green New Deal for Europe’ lanciata da DiEM25 nel 2019. La pandemia ha anche aperto nuove opportunità per gli expat di contribuire al dibattito pubblico italiano tramite la crescita vertiginosa dei webinar: poiché la maggior parte dei dibattiti oggi avviene online, che io mi trovi a Barcellona o a Roma fa poca differenza. E infatti nel corso degli ultimi dodici mesi ho partecipato a innumerevoli eventi online.
«Credo nelle leadership plurali, e nel metodo di Movimenta»
Federica Sabbati è nata a Trieste ed è Segretaria Generale della European Heating Industry, realtà che rappresenta le maggiori industrie europee produttrici di impianti termici ad alta efficienza e rinnovabili. Appassionata da sempre di integrazione europea, è stata per anni nel Board del Movimento Europeo Internazionale. Diventata, a 29 anni, la prima donna Segretaria Generale dell’Internazionale Liberale, l’organizzazione mondiale dei partiti politici liberal-democratici, nel 2019 è stata candidata con +Europa al Parlamento Europeo nella circoscrizione del Nordest.
Parlaci di Movimenta.
Movimenta è un’associazione fondata da Alessandro Fusacchia alla quale mi sono iscritta nel 2018, a seguito della mia esperienza politica con +Europa. Ho coordinato, con un gruppo di volontari, le attività della campagna elettorale per le elezioni del 2018 di +Europa in Europa, contribuendo al risultato elettorale dell’8% e all’elezione di Alessandro alla Camera dei Deputati. La mia esperienza politica internazionale mi ha insegnato che il successo di un progetto politico lo fanno le persone. La forza di Movimenta è di attrarre le persone che credono in un nuovo modo di fare politica: facendo sintesi, in modo onesto- anche intellettualmente; sfidando lo status quo; studiando, ascoltando e non fermandosi in superficie. Di Movimenta è quindi speciale questo metodo che io condivido pienamente. Ma le priorità politiche per il nostro paese non si fermano al metodo: credo nella necessità di attuare profonde riforme e puntare su alcuni temi fondamentali. Per esempio, a me interessa in particolare puntare sulla scuola, su istruzione e formazione, perché è qui che creiamo opportunità, quelle equal opportunities che sono alla base di una società sana, prospera e libera da stereotipi, uno strumento di rivincita, la porta dell’ascensore sociale. Ed è anche dove, e parlo da datore di lavoro, vedo un distacco fra giovani italiani e di altri paesi europei. Penso che FacciamoECO, in cui tante delle energie di Movimenta si possono riconoscere, possa essere uno dei veicoli per portare avanti queste idee.
Cosa vuole dire per te fare politica da italiano all’estero?
Dopo diversi anni di esperienza con partiti politici in Europa è difficile entrare in alcune logiche italiane, per esempio quella secondo cui il segretario di partito ne è anche il proprietario; dove c’è poco coinvolgimento dei territori; dove in breve la politica si è rovinata la reputazione. Ho imparato all’estero che la politica non dev’essere così, e cerco di portare le mie esperienze positive, le competenze che ho maturato – anche quelle organizzative che sono fondamentali in politica! - in un contesto italiano.
«Un partito paneuropeo come Volt rende l’impegno civico-politico possibile ovunque e per chiunque. »
Sara Venditti, molisana d’origine, olandese di adozione, ha vissuto a Pisa, Firenze, Roma, Parigi, Berkeley ed Amsterdam. Dopo essersi laureata in filologia ebraica e poi in storia politica, ha conseguito un dottorato in storia della cooperazione aerospaziale ed ora lavora ad Amsterdam come compliance officer e pilota per una compagnia che produce droni per pronto intervento, trasporto di vaccini, campioni di sangue, e materiale medico, ma anche monitoraggio ambientale per incendi o pesca illegale.
Volt è la sorpresa delle recenti elezioni in Olanda, ma tu fai parte di coloro che questa sorpresa l’hanno costruita negli anni.
Il mio percorso in Volt inizia in ottobre 2018 in seguito alle elezioni politiche che hanno visto la Lega il primo partito nella coalizione del centro-destra. Sin dall’inizio, ho potuto confrontarmi con l’anima europea del partito, prendendo la guida di un team dedicato alla creazione di proposte politiche per il settore spaziale. Rapidamente la passione per la politica locale ha preso il sopravvento e ho lavorato attivamente nel team di Firenze, diventando responsabile per l’organizzazione del primo Congresso nazionale di Volt Italia, che ha visto la partecipazione di oltre 500 persone. Successivamente ho preso l’incarico come Segretaria Generale, ruolo di gestione interna del partito, che ho svolto per quasi due anni insieme ai co-presidenti Federica Vinci e Andi Shehu. Il mio trasferimento ad Amsterdam non ha cambiato nulla: ho continuato la mia attività politica nei gruppi di Volt Italia Expat, ma anche Volt Amsterdam e Volt Nederland che ha appena guadagnato 3 seggi alle elezioni nazionali. Questo è il bello di un partito paneuropeo!
Cosa vuole dire per te fare politica da italiana all’estero?
Fare politica dall’estero può sembrare difficile, specialmente se parliamo della politica nazionale del paese di origine. Ciononostante, all’interno di un partito come Volt, questo non ha molta importanza. Infatti, ogni componente di Volt (locale, nazionale, europea) comunica orizzontalmente e verticalmente attraverso mezzi di lavoro online. Questo significa poter fare politica a qualsiasi livello e in ogni momento. Inoltre, la presenza di Volt in ogni paese europeo mi ha permesso di essere attiva politicamente anche all’estero e di trasmettere le esperienze acquisite a tutti i livelli di Volt con i quali sono in contatto. Personalmente, sono convinta che l’esperienza da expat sia arricchita da quella da Volter, e viceversa. La condivisione e il confronto di esperienze, idee, culture, lingue ed ideali è ciò che può rendere i cittadini europei più consapevoli civicamente e politicamente. Un partito paneuropeo (o multipli, si spera) rende l’impegno civico-politico possibile, ovunque e per chiunque.