Nel suo cinquantesimo anniversario di pratica dell’arte marziale, il Tai Sifu di fama mondiale si racconta in un’autobiografia che vuole essere una guida e un insegnamento per la propria crescita spirituale

In Italia, inizio Anni 70, non erano ancora arrivati i film di Bruce Lee a dilatare la passione per le arti marziali e già c'era un bambino, a Genova, che si era invaghito di quelle pratiche cinesi un po' misteriose e un po' esotiche. E coltivava, ben prima dell'adolescenza, l'idea che una passione così forte sarebbe sfociata, oltre che in una professione, in una ragione di vita. Siccome ci sono tracciati che vanno incontro in modo naturale al proprio destino, incontrò in una falegnameria del centro storico della sua città un uomo che aveva molto peregrinato prima di approdare nei carruggi, inseguito da un regime che, per motivi non sufficientemente chiariti nel libro, lo considerava un oppositore. Quell'uomo era un falegname per necessità, ma era soprattutto un Sifu cioè un maestro di Kung Fu che aveva diverse identità per sfuggire ai suoi persecutori. Noi prenderemo per buona quella con cui si presentò al bambino: Fu Han Tong.

Il bambino, nato nell'ottobre del 1960, di nascosto dalla famiglia e persino dagli amici, si fece adulto spendendo quasi tutto il suo tempo nella bottega dove apprendeva i rudimenti del Kung Fu tradizionale, dimostrando da subito non solo una vocazione ma anche una predisposizione al sacrificio così totale da fargli raggiungere i suoi obiettivi. Paolo Cangelosi, questo il suo nome, non solo divenne a sua volta Sifu quando non era ancora maggiorenne ma è oggi uno dei maestri più famosi del pianeta dopo una vita avventurosa, perigliosa e anche molto chiacchierata. Così ha deciso di scrivere un libro dal titolo “L'uomo e il maestro” (edizioni e/o) a cura di una sua allieva illustre, Nathalie Tocci, che deve la fama a un ambito assai diverso dell'umano intraprendere essendo direttrice dell'Istituto Affari Internazionali e membro indipendente del consiglio di amministrazione dell'Eni.

Nel 1977 Fu Han Tong decise che era venuto il momento di tornare in patria dove forse di lui e delle sue ipotetiche malefatte si era perduta la memoria. Per Paolo, come un'amputazione. Senza tuttavia che la perdita lo facesse deflettere dall'idea di proseguire sulla strada intrapresa. Fondò una scuola, ben presto molto frequentata e con appendici diffuse in tutta la penisola, con un metodo così rigoroso e ortodosso che, se scoraggiava i meno disposti alla dedizione totale, fidelizzava però chi vedeva in quella ferrea disciplina una maniera di sistematizzare i valori all'interno di una comunità però così chiusa da apparire ad alcuni come una setta.

Sarebbe tuttavia stato impossibile per il giovane Cangelosi, completamente imbevuto di cultura orientale, non fremere dal desiderio di andare laddove c'erano le origini di tutto ciò che lo affascinava. Benché presto sposo e padre, eccolo peregrinare tra la Liguria, Hong Kong e la Cina profonda per viaggi che, all'epoca, erano ancora per avventurieri e pionieri. Nella volontà di perfezionare il suo stile ma anche di ritrovare il suo maestro attraverso i pochi indizi della sua biografia che gli aveva lasciato: Fu Han Tong non amava parlare di sé.

Lo ritrovò alfine, salvo scoprire la faccia scura della luna, l'aspetto torbido di colui che era stato il primo faro della sua esistenza e che lo invitava, sapendo che non avrebbe ottenuto rifiuti, a combattimenti illegali per guadagnare denaro sulle vittorie dell'allievo italiano, non solo virtuoso come artista marziale ma anche capace di battere gli avversari. Gli incontri clandestini avevano vari gradi di difficoltà, per alcuni non c'erano limiti e potevano condurre fino alla morte: e Paolo Cangelosi, in un'occasione, ci andò molto vicino.

Il libro narra i successi ma anche una serie di sconfitte e di tradimenti subiti durante la scalata a un successo che è comunque arrivato. Fu Han Tong e la sua anima doppia, certo. Ma anche il fratello che assieme ad altri istruttori della scuola lo lasciano non condividendone più i metodi. Il fallimento del primo matrimonio. Il voltafaccia di alcuni amici cari. E sempre, tuttavia, la forza di guardare avanti. Fino a diventare un punto di riferimento mondiale delle arti marziali.

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