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«L’America ha sempre difeso i rifugiati. Dobbiamo ritornare la nazione che eravamo»

Attivista per i diritti civili, l’avvocata statunitense Kate Lincoln Goldfinch si occupa da sempre di migranti. Di fronte all’afflusso record dal Messico, l’emergenza è riunire i minorenni ai parenti che si trovano negli Usa

La prima grande sfida da presidente degli Stati Uniti avrebbe dovuto essere la lotta al coronavirus. Eppure, nonostante Joe Biden abbia mantenuto l’impegno, presto il focus si è spostato su un’altra crisi, quella dell’immigrazione illegale al confine con il Messico. A febbraio hanno attraversato la frontiera oltre 100mila persone, tra cui 9mila bambini che viaggiavano senza famiglia. A marzo, il picco oltre 171mila, cifra record mai registrata in un solo mese negli ultimi dieci anni, e la marea non si ferma.
I media hanno definito “straordinario” l’afflusso di migranti. Per spiegare l’impennata i repubblicani puntano il dito contro le «politiche troppo permissive» dei democratici. Ma l’amministrazione Biden e gli attivisti non ci stanno: ad essere straordinaria, rispondono, non è questa ondata bensì l’inadeguatezza delle strutture ricettive rese monche dalla decisione dell’ex presidente Trump di smantellare il sistema di accoglienza e bloccare completamente il confine, approfittando anche della pandemia.


Come accade ormai dal 2014, sono in aumento i minori che intraprendono il pericoloso pellegrinaggio verso gli Usa senza essere accompagnati dai genitori. Scappano soprattutto dal “triangolo del nord” ovvero Honduras, Guatemala ed El Salvador. Una volta superato il confine, vengono prelevati dalle autorità di frontiera e portati nei centri di detenzione, per periodi che spesso superano quelli ammessi dalla legge, ovvero 72 ore.


«Non mi piace la parola “impennata”. È un’espressione fuorviante», spiega da Austin, in Texas, Kate Lincoln Goldfinch, avvocata specializzata in questioni di immigrazione e attivista dei diritti umani. «È una situazione di grande difficoltà, determinata da numerosi fattori. C’è anche un aspetto stagionale, perché l’arrivo della primavera favorisce i viaggi. Le terre da cui partono i migranti, poi, sono pericolose per diversi motivi, dalle calamità naturali come gli uragani, alla criminalità perpetrata nelle strade da pericolosissime gang. La pandemia inoltre ha inasprito la povertà». La responsabilità, precisa Lincoln Goldfinch, va cercata nelle direttive partite dalla Casa Bianca di Donald Trump. «Come Biden aveva già previsto, siamo nel caos perché l’ex presidente aveva praticamente spento il sistema di accoglienza; ora con difficoltà questa nuova amministrazione sta riaccendendo il motore».


L’anno scorso, infatti, Trump aveva bloccato ogni richiesta di asilo grazie al Titolo 42, un’ordinanza che per questioni sanitarie vietava i viaggi non essenziali. Una volta insediato, Biden ha revocato il provvedimento, ma soltanto per i minori. Di conseguenza, molte famiglie si ritrovano ora costrette a mandare i figli da soli con la speranza che, una volta entrati negli Stati Uniti, riescano ad avere una vita più sicura di quella che avrebbero avuto nei loro Paesi. «Non si tratta di una migrazione meramente economica, parliamo di una crisi che riguarda i rifugiati», sottolinea Lincoln Goldfinch: «Credo che questa amministrazione democratica debba riaprire il sistema di richiesta di asilo anche per gli adulti, altrimenti vedremo sempre più famiglie separate. Ho parlato recentemente con una mamma che è stata rimpatriata. Mi chiama ogni giorno terrorizzata a causa della situazione pericolosa nella sua città, sta pensando di mandare suo figlio da solo».


A suo tempo, l’amministrazione Obama lavorò per costruire centri di accoglienza che fossero più adatti per i bambini, seguiti da operatori sociali e non da poliziotti di frontiera. «Poi Trump decise di metterci una pietra sopra e il sistema è morto. È stato fatto, insomma, un passo indietro. E da lì Biden deve ripartire», dice la legale.


Nonostante le difficoltà endemiche ereditate dalla precedente amministrazione, il presidente, che ha promesso politiche più “umane”, deve accelerare i tempi. «I bambini sono tenuti nei centri di detenzione per una o due settimane; non possono comunicare con le loro famiglie». Kate Lincoln Goldfinch lavora al fianco di una associazione che si occupa proprio di riunire i migranti minorenni ai parenti negli Stati Uniti. «Le condizioni sono difficili. C’è chi si ammala. Occorre uno sforzo incredibile per farli uscire subito, trasferirli in centri di accoglienza dove a prendersi cura di loro ci sono professionisti in campo sociale». L’80 per cento ha già un parente che vive negli Stati Uniti, spesso proprio uno o entrambi i genitori, altre volte zii o cugini. «È necessario che si velocizzino le pratiche. Non è tollerabile, poi, che le famiglie siano lasciate all’oscuro di quello che sta succedendo. Sto seguendo una cliente la cui figlia dal centro di accoglienza dove si trovava in attesa dell’approvazione della domanda di asilo, è stata portata in ospedale. Nessuno ha avvertito la madre. Non deve accadere».


L’avvocata, però, ci tiene a ribadire la differenza di approccio dell’amministrazione attuale rispetto a quella precedente: Trump fu attaccato a causa dei bambini tenuti in “gabbia” e separati dalle famiglie. Oggi, la macchina è al lavoro perché si aumentino i posti letto nei centri di accoglienza, compatibilmente anche con le direttive anti-Covid-19. «Non si possono cambiare le cose dall’oggi al domani, ma la volontà c’è», osserva, compiaciuta che sia la vicepresidente Kamala Harris a seguire direttamente la questione.
Intanto Joe Biden rifiuta l’accusa di «debolezza» al confine, diventata il mantra degli oppositori repubblicani, i quali sostengono che il presidente non abbia fatto capire in modo netto ai migranti di non essere i benvenuti. In realtà dal 21 gennaio la Casa Bianca ha fatto mandare in onda centinaia di avvisi in Brasile, Guatemala, Honduras, in cui ribadiva il messaggio del presidente: «Don’t come», non venite, non lasciate il Paese perché presto potrete fare richiesta di asilo dalle vostre città.


«Purtroppo la gente è disperata. Credo però che l’amministrazione Biden sia sulla strada giusta. Ha riaperto i rapporti con i Paesi del Centro America e riattivato i finanziamenti. I migranti non verrebbero in America, potendo vivere una vita serena nei luoghi in cui sono nati». La crisi umanitaria al confine degli Usa è ovviamente innegabile, ma Kate Lincoln Goldfinch, che alla causa dei migranti ha dedicato tutta la sua vita, crede «che sia controproducente focalizzarsi solo sul caos che si sta vivendo in questo periodo. È pericoloso, perché si rischia di scoraggiare la Casa Bianca dall’aprire i confini. L’America si è impegnata a proteggere i rifugiati dopo la Seconda guerra mondiale. Lo abbiamo sempre fatto, possediamo le risorse necessarie. Ed è ora che torniamo ad essere la nazione che eravamo».

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