Attualità
18 giugno, 2021

Il giallo degli arresti bloccati: così Piero Amara ha spaccato i suoi pm

Mentre si accreditava come super-pentito della "lobby Ungheria", l'avvocato aggiusta-processi è riuscito a dividere la procura di Milano. E a paralizzare due indagini

Piero Amara, l'avvocato aggiusta-processi, negli ultimi tre anni è finito in carcere per tre volte. Con l'accusa-base di aver corrotto giudici e pm dalla Sicilia a Roma fino alla Puglia. Ora si scopre che ha rischiato altri due arresti. Che ha evitato riuscendo a spaccare i magistrati-anticorruzione di Milano. Presentandosi come super-pentito alla stessa Procura che lo accusava di orchestrare false indagini, per accumulare soldi e potere. Lui questa volta si proclama innocente. Ma se fosse colpevole, si riconfermerebbe un genio delle trame legali.

 

L’Espresso nel numero in edicola da domenica e già online per i nostri abbonati,  pubblica un'inchiesta sui retroscena dello scontro tra i pm di Milano, che ha provocato l'apertura di indagini a Brescia, Roma, Perugia e al Csm.

Giustizia e potere
I segreti di Piero Amara, il pentito spacca-procure che ha evitato due arresti
18/6/2021

Al centro del caso c'è Amara, l'ex avvocato dell'Eni già arrestato nel 2018 come grande corruttore di giudici del Consiglio di Stato e pubblici ministeri siciliani. Nel 2019, dopo aver confessato e patteggiato una condanna complessiva a quattro anni e due mesi, Amara restava indagato a Milano per altre due accuse. Sono le due indagini che hanno avvelenato i rapporti tra il pm Paolo Storari e gli aggiunti Fabio De Pasquale e Laura Pedio, appoggiati dal procuratore capo Francesco Greco.

 

Entrambe le inchieste della discordia riguardano l'avvocato Amara. Sospettato di avere nascosto molti soldi all'estero grazie a una società petrolifera denunciata dall'Eni. E di aver orchestrato gravi calunnie insieme a Vincenzo Armanna, imputato e testimone d'accusa nel maxi-processo Eni-Nigeria, che il tribunale di Milano ha chiuso nel marzo scorso con una clamorosa assoluzione generale. Le presunte calunnie miravano a colpire, in particolare, l'amministratore delegato dell'Eni, Claudio Descalzi, e il capo del personale, Claudio Granata.

 

In ogni ufficio giudiziario è normale che i magistrati discutano e si dividano sui tempi o sulla gravità degli indizi necessari per chiedere il carcere. Ma è raro che si blocchino due diverse richieste di arresto per lo stesso indagato. Questi contrasti tra pm dividono la procura di Milano da più di un anno. E si legano anche all'indagine più recente e clamorosa, quella sulla lobby Ungheria, la presunta associazione segreta che avrebbe interferito nei processi e nelle carriere giudiziarie: proprio Amara ne ha parlato agli stessi pm di Milano a partire dal dicembre 2019, giurando di voler collaborare con la giustizia e raccontare tutto. Ma le accuse di calunnia complicano il quadro. Ora tocca ai pm di Perugia il difficile compito di distinguere il vero dal falso nei suoi verbali.

 

Amara ha sempre negato di nascondere tesori all'estero o di aver mai verbalizzato calunnie. In questi giorni è stato riarrestato dai magistrati di Potenza, con l'accusa di aver corrotto il procuratore dell'Ilva di Taranto, già capo dei pm di Trani, che smentisce tutti i reati ipotizzati.

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