Il virus è la Chernobyl del nostro secolo spiega un dossier degli ispettori indipendenti oms. Che punta il dito contro il rischio sottovalutato e la sudditanza al Dragone

La pandemia di Covid-19 è come l’incidente di Chernobyl. Il riferimento al disastro nucleare del 1986 è subito scritto a pagina 4 del rapporto sulla diffusione del nuovo coronavirus, pubblicato dall’Independent panel, il gruppo di valutazione istituito dall’Assemblea mondiale della sanità, l’organo legislativo dell’Oms. E tra le raccomandazioni agli Stati membri, la bocciatura dell’attuale direttore generale, l’ex ministro etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, è evidente. Tanto che i tredici componenti del panel, dopo un anno di lavoro, suggeriscono che il delicatissimo incarico venga assegnato in futuro a un candidato esperto e senza alcuna possibilità di rielezione dopo il primo mandato.


L’Organizzazione mondiale della sanità è la prima autorità al mondo a subire un’indagine indipendente sulle decisioni prese durante i mesi cruciali, da dicembre 2019 a maggio 2020: periodo in cui, secondo gli esperti, l’epidemia di polmoniti virali scoppiata a Wuhan poteva essere contenuta. Una verifica trasparente che il regime totalitario cinese rifiuta fin dallo scoppio dei primi focolai. E che nemmeno nazioni democratiche come Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti hanno finora avviato o concluso.


Non è un caso se il rapporto intitolato Covid-19: make it the last pandemic (Covid-19: facciamone l’ultima pandemia), un mese dopo la sua presentazione all’Assemblea lo scorso mese di maggio, non ha avuto l’attenzione che meritava. Il direttore generale dell’Oms e tutto il suo vertice costituiscono tuttora la foglia di fico dietro cui nascondere le catastrofiche inefficienze dei governi nazionali e, per molti di loro, la sudditanza economica e politica dalla Cina. Il copyright vegetale è di Ranieri Guerra, ex direttore della Prevenzione del ministero della Salute e inviato personale di Tedros in Italia, messo alle costole del ministro Roberto Speranza su richiesta di Speranza. Guerra oggi è più famoso per essere il primo direttore aggiunto nella storia dell’Oms indagato per false informazioni al pubblico ministero, dopo essere stato interrogato dalla Procura di Bergamo sul mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale.


«Covid-19 è la Chernobyl del Ventunesimo secolo», scrive il gruppo di esperti guidati dal premio Nobel per la pace, Ellen Johnson Sirleaf, ex presidente della Liberia, e Helen Clark, ex premier della Nuova Zelanda. «Non perché un focolaio infettivo sia come un incidente nucleare, ma perché ha mostrato così chiaramente la gravità della minaccia alla nostra salute e al nostro benessere. Ha provocato una crisi tanto profonda ed estesa che presidenti, primi ministri e capi di organismi internazionali e regionali devono ora accettare urgentemente le loro responsabilità e trasformare il modo in cui il mondo si prepara a rispondere alle minacce per la salute globale. Se non ora, quando?», ribadisce il rapporto.

 

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I silenzi e l’arretratezza tecnologica dell’Unione Sovietica portarono al disastro e aggravarono le conseguenze dell’esplosione della centrale nucleare di Chernobyl, che i tecnici in servizio la notte del 26 aprile 1986 avevano spinto oltre i suoi limiti progettuali durante un esperimento. Ma oggi il riferimento a Chernobyl richiama le responsabilità, i depistaggi e la precarietà tecnologica dei laboratori di ricerca del nuovo impero comunista cinese. Un diplomatico richiamo a quanto il mondo libero potrebbe scoprire nei prossimi mesi, soprattutto dopo la defezione negli Stati Uniti di Dong Jingwei, un ufficiale del controspionaggio di Pechino, di cui Washington ha dato notizia negli ultimi giorni.


Gli esperti dell’Independent panel nel loro rapporto ripercorrono le settimane tra l’allarme lanciato il 30 dicembre 2019 dai medici di Wuhan, poi puniti per questo dalle autorità del regime cinese, e la dichiarazione di emergenza sanitaria pubblica di rilevanza internazionale (Pheic) da parte del direttore generale Tedros Ghebreyesus, il 30 gennaio 2020.


Il comitato di emergenza dell’Oms, che avrebbe dovuto affidare a Tedros l’avviso, si era riunito tra il 22 e il 23 gennaio e si era diviso sulla necessità di dichiarare la Pheic, nonostante proprio in quelle ore Pechino decidesse il confinamento di Wuhan e di tutta la provincia di Hubei.

 

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«Il giudizio del Panel è che il focolaio di Wuhan è probabile avesse le caratteristiche perché fosse dichiarata una Pheic al momento della prima riunione del comitato di emergenza, il 22 gennaio 2020», annota il rapporto.


La settimana persa ha dato al virus Sars-CoV-2 un ulteriore vantaggio per diffondersi nel mondo: a cominciare dalla Lombardia, la prima regione travolta dal contagio al di fuori della Cina. Un altro colpevole errore dell’Organizzazione mondiale della sanità è non aver messo subito in allarme il pianeta sulla probabile trasmissione umana della nuova infezione.


Il ministero della Sanità cinese sapeva fin dalla notte del 5 gennaio 2020 che il coronavirus si diffondeva con il respiro da persona a persona. Il pericolo era stato segnalato dal Centro clinico di salute pubblica di Shanghai, che per primo aveva trascritto il codice genetico del nuovo virus e aveva anche scoperto la sua strettissima parentela con due coronavirus dei pipistrelli, isolati e indotti al salto di specie durante esperimenti militari dell’esercito cinese nel 2017.

 

Come ritorsione per l’eccessiva libertà scientifica dimostrata, il 12 gennaio il centro di Shanghai venne chiuso per mesi dall’autorità sanitaria. E, undici giorni dopo, quando Wuhan si ritrovò isolata dal resto del mondo, il fedele direttore generale dell’Oms fece una dichiarazione grottesca: «Sappiamo che c’è trasmissione da persona a persona in Cina... In questo momento non c’è nessuna prova di trasmissione da persona a persona fuori dalla Cina», come se il virus potesse riconoscere la provenienza geografica delle sue vittime.

 

L’inchiesta
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«Mentre l’Oms segnalava la possibilità di trasmissione umana soltanto nel periodo in cui era stata confermata», evidenzia ora il rapporto indipendente, «il giudizio del Panel è che l’Oms avrebbe potuto avvertire i governi affinché adottassero la precauzione di considerare reale la trasmissione da persona a persona. Per ciò che conosciamo delle infezioni respiratorie, sarebbe il caso di assumere il principio che per qualsiasi focolaio provocato da patogeni di questo tipo, venga considerata la trasmissione umana, a meno che le prove dimostrino altrimenti».


Non è vero che l’infezione non poteva essere contenuta o che soltanto un regime totalitario come quello cinese avrebbe potuto fermare la sua diffusione: «Dei ventotto Paesi analizzati in profondità dal Panel, quelli che hanno scelto un contenimento aggressivo includono Cina, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Singapore e Vietnam. La maggior parte dei Paesi che hanno adottato questa risposta contro il Covid-19, hanno operato attraverso una struttura di controllo centralizzata e coordinata... Al contrario, i Paesi con i risultati peggiori... non hanno avuto la capacità di mobilitarsi rapidamente e di coordinarsi tra la risposta nazionale e quella regionale». Per ragioni diplomatiche, gli esempi da non seguire non vengono citati. Ma questa descrizione si adatta perfettamente all’Italia. Mentre tra i casi virtuosi, ancora una volta, non viene ricordata Taiwan. Sempre per non indispettire il regime cinese.


Affinché non si ripeta la catastrofe, da cui non siamo ancora usciti, il report suggerisce otto pagine di raccomandazioni, con la relativa scadenza temporale. Una di queste dovrebbe impedire a Tedros Ghebreyesus di ricandidarsi: «Rafforzare l’autorità e l’indipendenza del direttore generale, prevedendo un singolo mandato di sette anni e nessuna possibilità di rielezione», scrivono gli esperti: «La stessa regola dovrebbe essere adottata per i direttori regionali».


L’Assemblea mondiale della sanità, aggiunge il rapporto, deve inoltre dare potere all’Oms di indagare sugli agenti patogeni con potenziale pandemico in tutti i Paesi, con breve preavviso nell’accesso ai siti rilevanti e ai campioni accumulati. E a loro volta i governi devono fornire visti per ingressi multipli agli esperti internazionali perché possano visitare i luoghi dove scoppiano focolai. Il comitato di emergenza che supporta il direttore generale nelle sue decisioni deve essere pienamente trasparente nella sua composizione e nei suoi metodi di lavoro. E lo stesso giorno in cui è dichiarata una Pheic, l’Oms deve fornire ai Paesi indirizzi chiari su quale azione deve essere intrapresa e da chi, al fine di contenere la minaccia sanitaria.


L’Organizzazione mondiale della sanità, proseguono gli esperti dell’Independent panel, deve assumere l’autorità esplicita di pubblicare immediatamente notizie sui focolai con potenziale pandemico, senza la necessità di una precedente autorizzazione da parte del governo nazionale interessato.


Il lungo elenco di raccomandazioni comprende anche misure per tutelare l’indipendenza finanziaria dell’Oms e per rifornire di vaccini contro il Sars-CoV-2 le nazioni a basso e medio reddito. E tra i provvedimenti da adottare al più presto, una richiesta riguarda il reclutamento dei dipendenti: «Dare priorità alla qualità e alle prestazioni del personale, a qualsiasi livello dell’Oms, e depoliticizzare le assunzioni (soprattutto ai livelli apicali), aderendo a criteri di merito e di competenza adeguata», concludono l’ex presidente della Liberia, l’ex primo ministro della Nuova Zelanda e gli altri membri nominati dall’Assemblea.


L’umanità ha già percorso una strada simile a quella ora tracciata dall’Independent panel: è successo trentacinque anni fa quando, dopo il disastro di Chernobyl, il mondo ha messo fine alla corsa incontrollata alle armi nucleari. Ma l’incognita oggi è il nuovo impero comunista: il presidente Xi Jinping sarà disposto a condividere le troppe informazioni ancora segrete sulla corsa militare e civile della Cina ai nuovi coronavirus?