La pandemia ha intensificato gli acquisti online e aumentato la pressione sulle persone. Un modello a cui la politica si piega, sacrificando i diritti in nome del governismo

Le possibilità di investire e di produrre dove il costo del lavoro e le tasse erano più bassi hanno permesso alle imprese di ogni Paese di pretendere dallo Stato dei vantaggi che altrimenti avrebbero potuto ottenere da qualche altra parte. Richiamandosi poi agli obblighi della concorrenza, hanno imposto «aumenti di produttività, salari bassi, licenziamenti del personale e rapporti di lavoro precari e discontinui» scrive il filosofo e scrittore André Gorz nel suo saggio “Addio al lavoro”.


Oggi viviamo nell’era dell’economia digitale basata su un paradigma economico che fonda le proprie radici nello spirito dell’avidità che mercifica le persone riducendole a strumenti usa e getta. Occorre analizzare il lavoro e le sue varie trasformazioni in questa cornice. Il settore della logistica e delle sue dinamiche si inserisce in questo contesto di metamorfosi del lavoro.


Poiché non esiste testo senza contesto, occorre sempre analizzare gli accadimenti e gli eventi a partire dal quadro in cui si sviluppano. Altrimenti le riflessioni su questi ultimi rischiano di sfuggire all’approfondimento e di essere contaminati dalla subdola bulimia del presentismo, dall’insidioso impulso del tuttologismo e dalla disonorevole spettacolarizzazione dei drammi umani che finisce per diventare funzionale al palcoscenico dei social che rispondono alla logica dei “like”.


Adil Belakhdim, sindacalista e coordinatore territoriale dei SiCobas nel novarese, è stato investito ed ucciso, in un contesto di lotta per la dignità del lavoro, da un camion davanti ai cancelli della multinazionale Lidl di Biandrate (Novara) il 18 giugno durante lo sciopero nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori della logistica. Pochi giorni prima, degli operai licenziati dalla Fedex/TNT di Piacenza sono stati aggrediti a Tavazzano nel lodigiano lo scorso 9 giugno, mentre lottavano per la stessa dignità del lavoro. Abd Elsalam Ahmed Eldanf, sindacalista dell’Usb, è stato ucciso davanti ai cancelli della multinazionale Gls a Piacenza nel 2016, mentre lottava anch’egli per la stessa dignità del lavoro.


Il confinamento della pandemia ha ulteriormente intensificato gli acquisti online mettendo aggiuntiva pressione sul lavoro della logistica già caratterizzato dall’intensificazione dei ritmi disumani di lavoro, da salari bassi, dalla precarietà, dal caporalato e tanto altro. Inoltre, il settore della logistica, per massimizzare il profitto, è contrassegnato da un sistema di appalti e subappalti, dall’uso sistemico e ricattatorio dei contratti interinali e dei licenziamenti che mettono i lavoratori in contrapposizione. Nella logica della competizione su scala globale, i giganti multinazionali della logistica: comprimono gli spazi di libertà dei lavoratori ad organizzarsi sindacalmente con la messa a bando del pluralismo e della democrazia nei luoghi di lavoro; delocalizzano frammentando la catena di produzione a beneficio di chi comanda realmente la stessa catena.


In una “Repubblica democratica fondata sul lavoro” come recita l’articolo 1 della Carta costituzionale, un ambiente lavorativo basato su queste variabili porta inevitabilmente i fili del tessuto sociale a spezzarsi drammaticamente se la politica - oramai divenuta commemoratrice e commentatrice degli eventi - non interviene incisivamente, riconnettendosi sentimentalmente e fisicamente con gli spazi delle contraddizioni sociali, veri luoghi di conflitto per la dignità del lavoro e per la giustizia sociale. Si tratta di luoghi di organizzazione e di auto-organizzazione collettiva - per una condivisione del malessere e dell’infelicità - che deve farsi forza attraverso l’unità di tutta la classe lavoratrice nel rispetto e la valorizzazione del pluralismo sindacale. L’Italia, che sprofonda sul lavoro, ha urgente bisogno di fondare nuove basi attraverso la dignità del lavoro per l’intera classe lavoratrice (compreso l’arcipelago delle partite Iva) al fine di ricomporre i fili del nostro tessuto sociale.


Le scelte politiche, in questo sistema di competizione che genera profitti globali senza diritti globali, adottate anche da forze politiche che predicano e predicavano (con buona pace della nostra memoria) di essere dalla parte della dignità del lavoro, hanno purtroppo sacrificato diritti e dignità delle lavoratrici e dei lavoratori sull’altare dello spirito del governismo e del gradualismo politico regressivo. Purtroppo, la politica si è piegata a questo modello economico che ha «imposto aumenti di produttività, salari bassi, licenziamenti del personale e rapporti di lavoro precari e discontinui», come sostiene André Gorz.