Calabria
L’Ecolandia di Reggio Calabria, dove l’utopia vince il degrado
Un fortino della Marina, affacciato sullo Stretto, trasformato in parco ludico tecnologico e ambientale. E sottratto all’abbandono
Riempire il vuoto, abbattere il pieno: la Calabria è una geografia di posti uccisi, aree dismesse, scommesse mancate, truffe. Contro i luoghi comuni e quelli abbandonati, c’è invece la storia di Ecolandia, centomila metri quadri di un fortino della Marina di fine Ottocento. Un balcone sullo Stretto di Messina, con un panorama che va dall’Etna alle Eolie, nell’area di Arghillà, il quartiere reggino che sembra condannato all’emarginazione perpetua. Buche, degrado, un commissariato di polizia aperto dove un tempo c’era una scuola, auto smontate e bambini obesi.
Fino a quando non si arriva dentro: Ecolandia vive su un’area di tutela paesaggistica, si definisce “Parco ludico, tecnologico, ambientale”. Ha una sala di accoglienza per le scuole, i pannelli fotovoltaici, il sistema di raccolta delle acque piovane, un orto sinergico, una vasca di fitodepurazione, gli alberi di livaredde piantati, che poi sarebbero i piccoli ulivi quasi selvatici. In quel fortino prima c’erano le corse dei cavalli, le stalle clandestine. E poi, sulla sommità, uno dei “passi” più importanti per i cacciatori di gloria stagionale, sparavano al falco pecchiaiolo in transito proprio sotto le mura. Ora c’è un osservatorio di birdwatching. E d’estate, i concerti nell’anfiteatro per cinquecento persone. Ma, come sempre succede, la strada è stata lunga.
Finanziato da fondi europei, “Ecolandia” va in rovina una prima volta, ai tempi della crisi finanziaria del Comune sciolto per mafia. Il biologo Eric Van Monckhoven, ambientalista, che aveva firmato il primo progetto, denuncia lo stato dell’opera. L’Ue intima al Comune di Reggio di completarla entro un anno, altrimenti scatterà una richiesta di 2,5 milioni di danni.
Il Comune obbedisce, lo spazio prende una nuova vita per merito di un pool di associazioni e imprese che vince il bando. E diventa un posto dove si impara. Per esempio, viene coltivata una pianta africana, la Jatropha: gli scarti dei suoi semi finiscono con quelli della potatura dentro un biotrituratore: ne nasce un fertilizzante naturale; con la macchina spremitrice dei semi si produce biodiesel per le macchine agricole, utilizzate nel parco.
Piero Polimeni, responsabile dell’ufficio tecnico e delle infrastrutture di ricerca, racconta “Ecolandia” come un luogo di percorsi e conoscenza: il giardino rinascimentale, le tende e il percorso vita, il ponte tibetano. L’utilizzo dei beni confiscati qui diventa creativo: c’era una volta uno stabilimento balneare abusivo su una spiaggia jonica: gazebo con travi di castagno, perfino un container che è diventato un deposito degli attrezzi: ora tutti quei materiali sono qui scomposti a riabitare gli spazi.
E a spiegare come un campo di beach volley, uno di minigolf e un’area cani possano convivere con il percorso di Ulisse realizzato nelle acque del fossato che circonda il forte, con l’oasi della contemplazione, una delle sette tappe del percorso educativo di ecologia integrale che si richiama all’enciclica “Laudato si’”, con il bosco degli alberi della Bibbia e la zona dei giochi d’aria. Le nuove piante messe a dimora compensano la CO2 prodotta durante i concerti e gli incontri con i ragazzi delle scuole.
Molte opere in legno sono una creazione dei fantastici falegnami siriani, arrivati qui con i corridoi umanitari. Tre grandi tepee, eucalipti, cipressi. Vi chiederete, troppo bello per essere vero. Infatti non sono mancati i danneggiamenti e i furti, ma a sorpresa, ci sono stati anche ladri pentiti.
Esistono spazi che hanno bisogno di essere adottati, raccontano la presenza o il fallimento delle istituzioni. La Calabria è piena di spazi senza famiglia, Ecolandia è un viaggio sul sentiero dei non rassegnati.