"I due quesiti propongono riforme radicali di leggi che hanno 92 e 32 anni e vogliono adeguare quelle norme alle esigenze della società”. L’intervento dei promotori

L’Economist non l’ha incluso tra i motivi per cui l’Italia è stata nominata “paese dell’anno” per il 2021, ma il ritorno della democrazia diretta, e la sua esplosione grazie alla firma digitale, è un fatto degno di nota istituzionale e politica.

 

Da anni si parla di e-government, cioè della possibilità di poter interagire online con la pubblica amministrazione, cosa sicuramente utile ma che non prevede gli strumenti telematici per una strutturale transizione verso una democrazia digitale o “OnLife”, come direbbe il filosofo Luciano Floridi.

 

Nell’ “OnLife Manifesto”, coordinato da Floridi nel 2014, si premette che «[…] siamo probabilmente l’ultima generazione a sperimentare una chiara differenza tra offline e online […] le dicotomie scontate come quelle fra reale e digitale o umano e macchina non sono più sostenibili in maniera nitida».

 

Con la firma digitale l’Italia è entrata nell’OnLife, almeno per l’attivazione dell’articolo 75 della Costituzione. A metà agosto, e un mese dopo, nel giro di pochi giorni son state raccolte oltre un milione di firme per la legalizzazione dell’eutanasia e della cannabis. Lo strumento era a disposizione di tutti i comitati promotori fin dalla fine di luglio ma solo quelle due richieste hanno fatto breccia nel Sistema per l’identità digitale, Spid: la “referendite” non s’è manifestata. I sei referendum sulla giustizia sono stati sì presentati, ma da nove Consigli regionali, per il resto il referendum renziano sul reddito di cittadinanza non è mai stato depositato, quello contro la caccia non ha raccolto le firme, anche perché sconosciuto al grande pubblico, né, nonostante le numerose ospitate televisive, le ha raccolte quello contro il green pass.

 

Grazie a eutanasia e cannabis si sono viste decine di migliaia di registrazioni a un sistema che esisteva dal 2014 per esercitare un diritto. Un diritto che per questa prima volta ai promotori è costato 80 centesimi a firma più Iva (al 22 per cento) per oltre 1 milione di firme online! Tanto è stato l’entusiasmo che resta da raccogliere “solo” il 35 per cento delle sottoscrizioni. Un primato nazionale anche di raccolta fondi.

 

Una partecipazione altrettanto convinta si era registrata nel 2013 e 2016 quando raccogliemmo le firme su proposte di legge d’iniziativa popolare sulla legalizzazione dell’eutanasia e la regolamentazione di produzione, consumo e scambio della cannabis. Ma quanto accaduto l’estate scorsa ha toccato vette d’entusiamo impensabili.

 

Nel rispondere a una domanda di Radio Radicale il 22 dicembre scorso, il presidente Draghi ha annunciato che il Governo non andrà in Camera di consiglio quando la Consulta deciderà l’ammissibilità dei referendum. Crediamo si tratti di una decisione in linea coi motivi per cui abbiamo proposto i ritagli dell’articolo 579 del codice penale e degli articoli 73 e 73 della legge sulle droghe.

 

Infatti, non passa giorno in cui non ricordiamo che la sentenza 242 del 2019 della Corte costituzionale ha depenalizzato il suicidio assistito in determinate situazioni e invitato il Parlamento a normare la questione. A oltre due anni da quella decisione, il testo incardinato alla Camera non ha un calendario certo né affronta quanto al centro del referendum. È passata pressoché inosservata, ma la VI Conferenza nazionale sulle droghe del Governo del novembre scorso ha, tra le altre cose, raccomandato un’attenuazione delle sanzioni penali e amministrative previste dalla 309/90 quasi come il quesito sulla cannabis.

 

I referendum eutanasia e cannabis hanno conquistato la neutralità del Governo in una fase in cui il Parlamento continua ad assumersi responsabilità relativamente a temi su cui da anni esistono proposte di riforme, un momento in cui i capi dei partiti, che in teoria sarebbero a favore nel merito, hanno solo trovato il tempo di stigmatizzare l’istituto referendario.

 

I due referendum propongono ritagli minimi, ma radicali, di leggi che hanno 92 e 32 anni, vogliono adeguare quelle norme alle esigenze della società restituendo un impianto normativo immediatamente applicabile. Teoricamente l’ammissibilità sarebbe la regola, ci aspettiamo che così sia.

 

*Filomena Gallo, Marco Cappato e Marco Perduca sono membri dell’Associazione Luca Coscioni e dei Comitati promotori referendum eutanasia e cannabis