Ebbene sì, lo ammette pure lei: «Non conosco neanche io le date di uscita dei vari film che interpreto. Però mi arrabbio un po’ quando mi dicono che il successo è arrivato all’improvviso, quasi per caso, dimenticando, invece, che è il frutto di un lungo lavoro, di anni passati a recitare magari nei piccoli teatri, come è capitato a me». La chiacchierata con Vanessa Scalera parte da qui, dalla sua vita piena di progetti, tra serie televisive e film in uscita, da “Romulus” o “Qui non è Hollywood” a “Filumena” e “Dall’alto di una fredda torre”. Prima, però, ci racconta come è nata la sua passione per la recitazione. «In maniera molto naturale. Me ne sono innamorata da ragazzina. Mi piaceva leggere, amavo le poesie, finché un giorno, a 19 anni, mi sono iscritta alla Scuola di teatro “La Scaletta” e non ho più smesso». Prima il teatro - dal debutto con Massimo Dapporto e Johnny Dorelli agli anni di collaborazione con Filippo Gili e Francesco Frangipane - e poi il cinema con Marco Bellocchio, Nanni Moretti, Marco Tullio Giordana e non solo, fino alla serie televisiva di successo “Imma Tataranni – sostituto procuratore”. Partiamo dal teatro.
Dalla provincia di Brindisi a Roma. Solo dieci anni fa la capitale era molto diversa da oggi dal punto di vista culturale. C’erano più spazi aperti alle compagnie teatrali e luoghi in cui poter sperimentare, creare, pensare.
«Sì, è così. Per anni ho recitato al Teatro Argot, con Francesco Frangipane e Filippo Gili. Avevamo fondato un compagnia e lì ci sentivamo liberi di creare. Il mio è un percorso fatto di tanto teatro di ricerca. Non si capisce perché i teatri stabili non mi abbiano mai chiamata. Forse non ero nei giri giusti... Poi ho iniziato a fare provini per il cinema e la tv e ho continuato a recitare lì».
È importante per lei il contenitore? Voglio dire... cinema, teatro, tv, ha delle preferenze?
«No. Per me quello che conta è recitare, che sia in televisione o in teatro l’importante è raccontare storie che mi gratificano».
Però a teatro ha recitato con produzioni importanti, come “Lacci” di Domenico Starnone, con Silvio Orlando e la regia di Armando Pugliese, e “Autobiografia erotica”, sempre di Starnone, con Pier Giorgio Bellocchio e la regia di Andrea De Rosa.
«Sì, lavorare in questi spettacoli è stata una bellissima esperienza. Ma in entrambi i casi erano produzioni private. Prima che arrivasse il Covid stavo lavorando ad una produzione dello Stabile di Torino, che poi è saltata e non è stata mai più ripresa».
Legge molte sceneggiature?
«Sì, molte. Mi piacciono le belle storie, quelle scritte bene. Anche le opere prime mi incuriosiscono. Nelle storie cerco sempre qualcosa che mi colpisca».
Come quella di Lea Garofalo? Ci racconta il suo incontro con Marco Tullio Giordana?
«Marco Tullio Giordana è per me il primo grande maestro, a lui devo tantissimo. È una mente viva, uno dei pochi intellettuali che abbiamo in Italia. “Lea” è stato il primo film in cui ho recitato da protagonista e questo grazie a lui che ha avuto coraggio a scommettere su di me, ma anche su Alessio Praticò o Linda Caridi, pur non conoscendomi. Lui ha questo grande talento di riuscire a fidarsi degli altri, ama gli attori, ci crede, punta coraggiosamente su di loro. Lo ha fatto tante volte, da “I cento passi” a “La meglio gioventù”».
Cosa sapeva di Lea Garofalo?
«Conoscevo la sua storia, ma non l’avevo studiata a fondo, cosa che ovviamente ho fatto per il film. Lea, vittima della ’ndrangheta, è un esempio per tante donne che non hanno avuto il coraggio di denunciare. Parlare di lei attraverso un film è anche un modo per arrivare ai ragazzi. Abbiamo portato “Lea” nelle scuole, i giovani sono sempre molto curiosi e attenti».
È stato un grande successo anche la serie tv incentrata sul personaggio di Imma Tataranni, nato dalla penna di Mariolina Venezia. Il 13 ottobre su Rai 1 ci sarà l’ultima puntata. Imma l’ha amata da subito?
«Come si fa a non amarla? Mi divertiva interpretare una donna così bizzarra...».
È ormai pronto il film per la tv “Filumena”, regia di Francesco Amato, presto in onda su Rai1. Sarà Filumena Marturano, una bella sfida. E il pensiero va subito a Sophia Loren...
«Lo so, e diciamo la verità: ci vuole coraggio, ma anche un po’ di incoscienza nell’interpretare un personaggio reso celebre da una grande attrice come lei. Ma ci sono dei testi che sono dei meravigliosi classici, e quello di Eduardo lo è senza dubbio. Sta ad ogni attore o attrice dare un colore diverso. Credo che Eduardo appartenga a tutti, per questo chiunque potrebbe interpretarlo dando ogni volta una sfumatura nuova. In generale, mi piace confrontarmi con i personaggi della letteratura, come per “L’Arminuta”, trasposizione del romanzo di Donatella Di Pietrantonio, regia di Giuseppe Bonito».
Dal 21 ottobre, invece, la vedremo anche su Sky, nella seconda stagione di “Romulus”, la monumentale serie televisiva ideata e diretta da Matteo Rovere che verrà presentata in anteprima alla Festa del cinema di Roma il 14 ottobre. Altra bella sfida...
«“Romulus” per me è stata una sfida enorme. Non è stato facilissimo recitare in protolatino. Ho studiato all’Istituto magistrale, quindi il latino lo conoscevo. Ma non era una materia in cui brillavo e comunque recitare è un’altra cosa. Però mi sono subito appassionata, calarmi in questa lingua era un po’ come sciogliere un rebus. Ma stavolta non avevo spazio per l’improvvisazione, se reciti in latino non puoi saltare una parola. Per questo ho lavorato molto di memoria. Ho studiato tanto, mi sono presa del tempo. Per me è stata un’esperienza molto interessante».
C’è molta attesa anche per la serie Disney+: “Qui non è Hollywood”, prodotta da Groenlandia. È vero che riguarderà il delitto di Avetrana?
«Si tratta di una serie tv in 4 episodi, con la regia di Pippo Mezzapesa. Sì, si basa sul delitto di Avetrana in cui perse la vita Sarah Scazzi. Era il 26 agosto del 2010. Sarah, 15 anni, uscì di casa e non tornò più. Fu ritrovata 42 giorni dopo in fondo a un pozzo. Io sarò Cosima Misseri, la zia di Sarah. La serie è tratta dal libro “Sarah: la ragazza di Avetrana” di Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni (Fandango Libri)».
E poi c’è il film d’esordio di Francesco Frangipane, “Dall’alto di una fredda torre”, da un suo precedente spettacolo teatrale...
«Sì, sarà il suo primo film. Era una produzione 2015 del Teatro Argot. Un dramma familiare, la storia di due fratelli alle prese con una scelta difficile».
Tornerà a fare teatro?
«Lo spero, mi piacerebbe molto».