L’intervento
«Le donne in Iran combattono il regime a mani nude e possono cambiare la storia»
«La mia generazione ha cercato di rovesciare il regime con le armi. Non c’è riuscita. Le nostre figlie invece lasceranno un’impronta profonda»
È contro ogni nostro desiderio, contro ogni nostra volontà, siamo arrivati al punto di mandare le nostre figlie nelle strade a combattere contro gli ayatollah.
È uno degli eventi più dolorosi che siano mai accaduti nell’antica storia dei persiani.
È stato tutto invano, non è servito a niente e la lotta dei nostri uomini non ha portato a nulla. Dovevano quindi compiere un altro grande sacrificio per salvare il nostro Paese, la nostra cultura e il nostro onore; e questo sacrificio era il bene più prezioso delle nostre famiglie: le nostre giovani figlie.
Gli ayatollah hanno mirato a loro fin dall’inizio, per farne delle serve di Allah.
Ma non ci sono riusciti e non ci riusciranno mai.
Quando i religiosi sono saliti al potere, hanno subito inchiodato le porte del cinema.
Trovavano che il cinema fosse un’invenzione peccaminosa, sporca dell’umanità, soprattutto perché le attrici recitavano a capo scoperto e mostravano spudoratamente la loro bellezza.
C’è voluta una battaglia ventennale perché finalmente gli ayatollah capissero che il cinema era un miracolo divino, e che poteva essere addirittura un miracolo divino islamico.
Dopo un po’ fu di nuovo permessa perfino la proiezione di film stranieri, ma, ruolo dopo ruolo, i giovani imam disegnarono con un pennarello nero un velo sulla testa di Meryl Streep, di Angelina Jolie, di Jane Fonda e di Nicole Kidman, e, ad esempio, coprirono con un tratto di pennarello nero tutte le belle parti femminili di Elizabeth Taylor.
I registi iraniani hanno inventato tutte le sceneggiature possibili perché le donne potessero continuare ad apparire a capo scoperto nei cinema iraniani.
Nel film “Ten”, il grande regista Abbas Kiarostami mostrò improvvisamente una donna senza il velo: l’attrice si era rasata i capelli a zero. Un’immagine scioccante, ma un forte grido delle donne iraniane in difesa della loro libertà.
In un altro film, in una bella scena d’amore, si vedono un giovane uomo e una giovane che, a bordo di un’auto, si fermano, con una certa angoscia nel cuore, sotto un albero lungo da strada. Come spettatore pensi: wow, cosa succede adesso qui? Succede una cosa che secondo gli ayatollah non deve succedere: l’uomo chiede con trepidazione alla sua amata: «Posso vedere una ciocca dei tuoi capelli?».
Sullo schermo non si vedono i capelli della donna, ma si vede lei che con le sue mani scioglie il nodo del foulard.
E altre centinaia di scene simili.
Ci volle parecchio, ma a poco a poco gli ayatollah capirono che neanche Allah era in grado di impedire a una donna di mostrare la propria bellezza. È l’essenza della vita: una donna deve potersi mostrare.
Gli ayatollah lo sapevano, ma questo era in contrasto con il diritto di esistenza della Repubblica popolare islamica. Le due cose non potevano andare d’accordo.
Comunque, per tenere insieme il regime, hanno pensato a un comitato denominato: Comitato dei guardiani dello hijab per vegliare sull’onore femminile.
E hanno radunato centinaia di donne malate, psicologicamente traumatizzate, le hanno istruite, coperte di nero dalla testa ai piedi e mandate per le strade armate di bastoni come polizia del buon costume. Non erano donne normali, ma bestioni di donne. Afferravano per i capelli le ragazze che portavano il foulard un po’ allentato e le trascinavano verso dei pulmini per poi portarle in carcere. Se loro si ribellavano le prendevano a bastonate in testa. E così è stata uccisa Masha Amini, e così sono state uccise centinaia di altre donne.
E poi è arrivata la fine per la violenza di stato: le ragazze sono scese nelle strade e hanno dato fuoco allo hijab. La loro protesta è uno dei più grandi movimenti femministi del mondo. Una pura rivolta di donne basata sui loro storici bisogni.
Questa generazione di giovani donne combatte a mani nude e con la consapevolezza di poter essere ammazzate. Questo puro movimento di donne lascerà un’impronta profonda sul mondo femminile del Medio Oriente.
La mia generazione ha cercato di rovesciare il regime con le armi. Migliaia di noi sono stati uccisi, migliaia sono stati rinchiusi in prigione per anni, milioni sono fuggiti, ma la nostra voce non è quasi arrivata al mondo, ed è stata soffocata dal regime con ogni forma di violenza.
Ma questa giovane generazione di donne è andata alla battaglia contro gli ayatollah a mani nude e il mondo intero ha sentito la loro voce. Di fatto è avvenuto un miracolo: tutti parlano della loro rivolta. In tutte le case italiane si parla di loro.
Ma devo anche riconoscere un’altra dolorosa realtà: le nostre figlie hanno iniziato una grande guerra contro il regime. Ma non hanno gli strumenti necessari per vincere questa battaglia di strada. Non c’è un partito politico, un’opposizione, un leader che incarni la loro rivolta.
Il regime iraniano è in completa bancarotta. Vive solo dei proventi della vendita di petrolio e gas, che spartisce tra i propri fanatici sostenitori. Non c’è traccia dell’umanità, della misericordia e della giustizia dell’islam in questo regime. Ma gli ayatollah resteranno attaccati con tutta la violenza possibile a due aspetti, alla loro barba e al velo per le donne. Per loro il velo delle donne è come il Muro di Berlino per l’ex Germania dell’Est. Se cedono e abbattono il muro, dovranno cedere su tutto e di loro non resterà più niente. Non lo faranno e per questo saranno disposti a scatenare una guerra civile.
Ma Kader Abdolah crede anche in un miracolo. Può avvenire un miracolo e le nostre figlie potranno entrare per sempre nella storia come una generazione potente, che senza usare la violenza ha rimosso e abbattuto una brutta dittatura confessionale.
Kader Abdolah è triste, ma anche se non si può, anche se è fuori luogo, è segretamente contento per quello che sta succedendo. Il regime dell’Iran vuole vederci addolorati e in lutto. Noi piangiamo le nostre figlie che sono state uccise, i nostri ragazzi che sono stati uccisi. Ma piangiamo ridendo per il loro coraggio, per il colpo storico che hanno inferto a una pericolosa istituzione che voleva governare in nome di Allah. Le donne hanno compiuto il primo, grande, giusto passo verso l’abbattimento dell’impero degli ayatollah.
Segretamente è in corso una grande festa di gioia in patria, anche se tra le lacrime e il dolore.
Salam.
Traduzione di Elisabetta Svaluto Moreolo