Il gruppo di estremisti e potenziali terroristi è stato sgominato da un’operazione della Digos. Psicopatologia dei suoi membri tra razzismo, omofobia, antisemitismo e anticomunismo

Una gita fuori porta, una scampagnata con mamma e papà. La raccontavano così a parenti e amici, così ne parlavano anche in casa, perché - non si sa mai - poteva pure esserci qualche orecchio indiscreto pronto ad ascoltare pure le più intime conversazioni familiari. Colpa degli sbirri, del 5G, di quella società meticcia e rammollita figlia della neppure tanto strisciante sostituzione etnica. Chissà, forse anche dei vaccini anti-Covid. Ed è così che Gianpiero Testa da Marigliano, 25 anni e un passato in Forza Nuova, la mattina del 29 ottobre scorso, due settimane prima di essere arrestato, parte in gran segreto alla volta di Predappio, accompagnato dai genitori.

 

Padre e madre che, qualche mese prima, commentavano preoccupati i deliri stragisti e autodistruttivi del figlio, ma che pure lo avevano aiutato a disfarsi di scritti e foto che lo collocavano inequivocabilmente nella galassia dell’ultradestra radicale e terrorista. Alloggiano nell’agriturismo “La Barroccia”, a Galeata, e all’indomani vanno a commemorare il centenario della marcia su Roma. Il programma, seguito alla lettera, prevedeva il comizio al cimitero di San Cassiano, dove è sepolto Benito Mussolini, e poi la visita alla “Cripta del Duce”, con tanto di saluto romano, gagliardetti e inni fascisti.

 

La trasferta è stata annotata e fotografata dagli uomini della Digos di Napoli, che su Testa stavano indagando da un paio di anni. Su di lui e sul suo gruppo neonazista, riunito sotto la sigla “Ordine di Hagal”, associazione con sede a San Nicola la Strada, alle porte di Caserta, strumento della propaganda razzista e suprematista. Uomini e donne che credono nelle divinità celtiche e nel mito di Wotan, che mangiano come si mangiava a Sparta (maiale e sangue di maiale, per esempio), che dormono poche ore e in letti scomodi per essere sempre pronti alla battaglia, che si nutrono di qualunque teoria negazionista e complottista.

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Detta così farebbe anche ridere, ma sono gli stessi uomini e le stesse donne, attivi in varie parti d’Italia, che fino a pochi mesi fa erano collegati in rete attraverso canali Telegram, sulla piattaforma Vkontakte, cioè il social più popolare in Russia, e su Facebook. Profili cancellati dopo un’operazione antiterrorismo a Savona, indagine che coinvolgeva componenti della stessa rete. Uomini e donne che disponevano di armi, proiettili, abbigliamento tattico. Capaci di confezionare bombe. Addestrati in campi paramilitari in Polonia e in Ucraina. Collegati con esponenti del Battaglione Azov, organizzazione neonazista trasformata in reggimento al comando di Kiev.

 

L’Ordine di Hagal, come documentato da Digos (diretta da Antonio Bocelli) e Procura antiterrorismo (i pm Antonello Ardituro e Claudio Onorati) di Napoli s’ispirava, appunto, a organizzazioni terroristiche antisemite e neonaziste. Arrivando a progettare attentati alla caserma dei carabinieri di Marigliano e al centro commerciale “Il vulcano buono”, in provincia di Napoli. A costo d’immolare la propria vita, in azioni kamikaze.

 

Il materiale sequestrato agli indagati è estremamente significativo: opuscoli e libri che promuovono l’odio verso le minoranze, l’ultranazionalismo, il razzismo, la xenofobia, l’omofobia, l’antisemitismo, l’anticomunismo, l’anticapitalismo, I’antifemminismo; ovviamente, la negazione della Shoah, l’incorporazione dei simboli della Germania nazista e l’apologia di Adolf Hitler, con l’obiettivo di creare un Quarto Reich. I seguaci di Hagal sono gli illuminati, contrapposti ai “nemici” impuri e inferiori, come gli ebrei e gli stranieri in genere, da combattere a costo di «morire per la causa». Un gruppo paramilitare addestrato ad azioni violente, all’uso delle armi, all’isolamento in sopravvivenza (esercitazioni sono state svolte in vari boschi della Campania) e disponibile a partecipare ad azioni di guerra in Ucraina e Donbass.

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Cinque gli arrestati per associazione sovversiva, istigazione all’odio razziale, porto e detenzione di armi; obbligo di dimora per un altro adepto; una trentina di indagati in tutta Italia. L’inchiesta, nata nel 2019, quando il capo della Procura di Napoli era Giovanni Melillo, attuale procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, era partita dal monitoraggio di alcuni profili social, tra i quali quelli riconducibili a Testa e ai suoi amici, persone prevalentemente conosciute nella libreria di Avellino gestita da Franco Freda. A capo del gruppo, Maurizio Ammendola, 43 anni, da Maddaloni, leader dell’Ordine di Hagal che aveva fondato alcuni anni fa.

 

Sono le restrizioni imposte dalla pandemia a fare da innesco ai suoi progetti terroristici. Contrario ai vaccini, Ammendola ne parla diffusamente con la madre: «Se diventassero obbligatori, mi metterò addosso una bomba e li farò saltare, facendo una cosa utile per l’umanità». Un progetto di cui accenna anche a un suo collaboratore: «Ne parleranno in tutto il mondo». Con lui, in una sorta di direzione strategica, Michele Rinaldi e Massimiliano Mariano; poi gli “operativi” Gianpiero Testa e Anton Radomskyy, un ucraino che fa la spola tra Ternopil e Marigliano, dove vive il padre, membro del Battaglione Azov.

 

Testa e Ammendola sono grandi esperti in materia di armi, diplomati in Polonia presso l’Esa (European Security Academy), i cui programmi di addestramento ricalcano quelli previsti per le forze speciali militari: guida operativa, tiro tattico o dinamico mediante l’impiego di armi sia corte che lunghe, tecniche di autodifesa. I due hanno anche seguito il corso avanzato di Krav Maga (arte marziale e tecniche di autodifesa delle forze speciali israeliane) e di “combinated firearms”.

 

È in quel contesto che Testa ha fatto amicizia con alcuni istruttori, sottufficiali della Marina militare con esperienze nei reparti speciali, e con l’ultranazionalista Radomskyy, con il quale ha condiviso fino alla data dell’arresto il progetto di attentato alla caserma dei carabinieri. Anche Testa è contrario ai vaccini e, più in generale, a qualunque restrizione prevista dalla legge. Parlando con la madre, il 9 gennaio del 2021, raccontava: «Io mi voglio difendere dallo Stato. Di certo, se a me i carabinieri mi scocciano io se riesco a levare la vita a loro poi se li piangono a casa».

 

E il rischio di essere arrestato? È allora che preannuncia la sua idea di immolarsi per la causa: «Se io muoio…lo sai come mi devi mettere, la mimetica». E spiega le sue deliranti ragioni: «Purtroppo a me, il governo, gli ebrei, i comunisti mi hanno tolto la possibilità, io purtroppo non sono nato in una famiglia ricca, sono una povera persona anonima che non ha nemmeno tranquillità in casa sua, a me purtroppo fino a quando uno riesce a resistere, a vivere così altrimenti io vado in un mondo migliore, non tengo niente a che vedere».

 

I suoi idoli sono tutti i suprematisti stragisti del mondo, i suoi modelli gli attentati di Oklahoma City, di Oslo e Utoya, di Christchurch. Ma prima di neri, islamici, comunisti ed ebrei, vengono gli sbirri oppressori: «Io uccido a chiunque mi viene a dire qualcosa che sia poliziotto o non poliziotto. Farei una strage come l’ha fatta quello in Neozelanda, però non andrei dai neri...andrei alla caserma a Marigliano. Come Tarrant TuTuTuTuTuTuTu… Nella caserma di Marigliano… Boom, boom, boom. Li uccidevo a tutti quanti».