Secondo la ministra dell’Interno «C’era la precisa intenzione di trasformare la manifestazione in occasione di scontro fisico con la polizia». Ma la replica dei ragazzi non si fa attendere: «Le sue parole vogliono solo dividerci ma noi non ci fermeremo»

«Le nostre idee saranno sempre più forti dei loro manganelli». Così scrive il Fronte della gioventù comunista sulla sua pagina Instagram, commentando le dichiarazioni della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese in un’informativa al Senato. Che non ha riconosciuto le responsabilità politiche sulla gestione delle manifestazioni studentesche del mese scorso. Nate dalla necessità di ripensare tutto il sistema-scuola e dall’esasperazione per la morte del diciottenne Lorenzo Parelli, ucciso da una trave durante l’alternanza scuola-lavoro. Secondo Lamorgese, ai cortei avrebbero partecipato «infiltrati» appartenenti ai «centri sociali» in cerca di scontri con le forze dell’ordine. Eppure, a casa con testa e mani sanguinanti sono tornati dei ragazzini. Scesi in piazza esercitando il loro diritto di manifestare.

Nell’audizione la ministra dell’Interno ha commentato le proteste del 23 e del 28 gennaio: la prima dimostrazione a Roma, dal Pantheon verso il ministero dell’Istruzione, le successive in più città d'Italia tra cui Milano, Torino e Napoli, durante le quali si sono verificati i disordini con le forze dell’ordine. Lamorgese ha sostenuto che le agitazioni avessero l’intenzione di «commemorare il giovane (Lorenzo, ndr) e di contestare le modalità di svolgimento delle attività di formazione al lavoro inserite nel percorso didattico». Nel post su Instagram, il Fronte della gioventù comunista (Fgc) smentisce questa tesi: «Vorrebbero che il carattere delle proteste fosse solo questo. È gravissimo che l’unica risposta del governo a un movimento studentesco che pone delle questioni politiche sia la riduzione degli spazi di agibilità democratica. Si vuole impedire agli studenti di manifestare e fare politica, giustificando la repressione violenta e blindando le piazze». Ridurre la lotta di centinaia di studenti a mero atto di commemorazione svilisce la protesta, nata per chiedere una scuola più giusta, edifici sicuri e non fatiscenti e una prova di maturità che tenga conto del disagio vissuto nei due anni di pandemia.

La risposta del governo, secondo Daniele Agostini di Fgc, si articola su due binari: «Smorzare il movimento studentesco andando a colpire i principali promotori delle mobilitazioni, ricorrendo alle manganellate, e cercare di bollare le proteste come provenienti da piccole frange non rappresentative della totalità degli studenti». E, aggiunge Agostini, che era presente alla manifestazione, la ricostruzione di Lamorgese dei fatti di Roma non è corretta. «La carica al Pantheon è partita senza l’ordine effettivo del responsabile di piazza della Digos. Tant’è che ci sono stati dei feriti, ragazzini di neanche 18 anni e di certo non dei facinorosi».

Anche per Ismaele Calaciura Errante, il diciottenne del liceo classico Visconti di Roma che è tornato a casa dalla manifestazione con quattro punti e un trauma cranico, le dichiarazioni di Lamorgese non descrivono la realtà degli avvenimenti. «Non c’erano infiltrati. Eravamo tutti studenti e non avevamo nessuna voglia di scontrarci con la polizia. L’unico nostro obiettivo era arrivare al ministero dell’Istruzione e farci ascoltare».

I racconti di Agostini e Calaciura Errante sono simili a quello di Antonio Russo, studente universitario che ha preso parte alla proteste di Napoli: «Sono arrivato in piazza alle 16:30 circa, saremo stati più o meno in 300 tra centri sociali, collettivi, disoccupati organizzati e Fgc. Mezz'ora dopo arriva da parte dei carabinieri la prima carica del tutto insensata e priva di giustificazioni. La rabbia cresce ancora di più perché il cordone che fronteggiava le forze dell'ordine era composto da ragazzini di 16 anni al massimo».

È imbarazzata dalle dichiarazioni della Ministra anche Sihem Boutobba, presidentessa della Consulta studentesca di Milano. «Stavamo soltanto esprimendo il nostro dissenso sotto la sede di Confindustria quando sono iniziate le cariche della polizia. Chiedevamo giustizia per la morte di Lorenzo, e non solo. Anche scuole che non ci cadano in testa, mezzi di trasporto pubblico adeguati, un esame di maturità che non sia una corsa a ostacoli». Su quest’ultimo punto gli studenti hanno raggiunto una parziale vittoria: dopo il parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione che ha bocciato la proposta del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi di ripristinare la seconda prova scritta all’esame di maturità, e a seguito dell’incontro tra Bianchi e le Consulte studentesche, è arrivato il compromesso. È stata accolta la richiesta degli studenti di far pesare di più nella valutazione il percorso degli ultimi tre anni e, anche se rimane la seconda prova scritta, le tracce saranno decise a livello di istituto e non più ministeriale.

«Sicuramente il fatto che il Ministero abbia fatto delle retrocessioni dimostra che le nostre mobilitazioni mettono in crisi i loro dettami» dice Sara del Kollettivo Studenti organizzati di Torino. «Ma non basta. Chiediamo una scuola che tenga presenti le nostre esigenze e istituzioni che si prendano le responsabilità di una scelta che ha causato decine di feriti. Invece hanno deciso di giustificarsi. Noi non possiamo accettare questa retorica perché eravamo presenti».

Per gli studenti le dichiarazioni della ministra dell’Interno sono state un tentativo, mal riuscito, di dividere il movimento di protesta che, invece, è rimasto unito e coeso. L’assemblea che si è svolta a Roma lo scorso weekend ha lanciato una mobilitazione nazionale per il prossimo 18 febbraio e convocato gli Stati Generali della scuola pubblica, tre giorni di dialogo e confronto per riprogrammare il futuro dell’istruzione. «Non saranno denunce e manganelli a spaventarci, riconosciamo nella violenza delle istituzioni e nella loro auto legittimazione la volontà di sopprimere la nostra lotta, e per questo continueremo con ancora più forza» fanno sapere da Lupa-scuole in lotta, la rete di coordinamento degli istituti romani. Non c’è alcuna intenzione di fermare le manifestazioni, le parole di Lamorgese non hanno frammentato il movimento.