Critica all’alternanza scuola-lavoro, lotta al precariato, istruzione per tutti. Sono queste le rivendicazioni comuni che uniscono l’Italia e le organizzazioni studentesche all’estero, dalla Spagna alla Grecia alla Palestina. In piazza nei giorni scorsi per dimostrare sostegno

«Siamo scesi in strada per ribadire che il vostro modello di scuola non lo vogliamo: una scuola sessista, fatta di abusi, sfruttamento, competizione, che vogliamo rompere e rivoluzionare a partire dallo straordinario protagonismo studentesco degli ultimi mesi». Così scrivono sui social gli studenti del movimento Lupa-scuole in lotta, la rete di coordinamento degli istituti romani nata dalle occupazioni d’autunno, dopo la mobilitazione nazionale che si è svolta nelle piazze delle principali città d’Italia, lo scorso venerdì 18 febbraio. E ha ricevuto il sostegno internazionale degli studenti che da Spagna, Grecia e Palestina si sono uniti alle proteste italiane. A dimostrazione che il nostro non è l’unico Paese in cui si sta risvegliando la società civile. Per Lorenzo Lang del Fronte della gioventù comunista, gli studenti stanno portando avanti una delle poche forme di contestazione all’operato del governo, in un momento in cui tutte le forze politiche, invece, sono alla spasmodica ricerca della pace sociale.

«In Italia – spiega - il movimento sta dimostrando il suo potenziale e ha assunto dimensioni importanti. È, probabilmente, il più grande da quando c’è stata la pandemia. Le rivendicazioni degli studenti hanno superato i confini nazionali e si sono legate ad altre battaglie a livello internazionale». Anche secondo il Frente de estudiantes, il sindacato studentesco spagnolo che lotta per un'istruzione pubblica gratuita e di qualità al servizio dei lavoratori, l’alternanza scuola-lavoro è il risultato di un sistema che sottomette la formazione agli interessi delle aziende. «Gli studenti vengono usati come mano d’opera a basso costo, per pagare il prezzo della crisi economica». Per questo «solidarizzare con i ragazzi italiani serve a dire che in Spagna abbiamo gli stessi problemi e a indicare chi sono i responsabili dello sfruttamento e della morte». Entrambi i Paesi, chiariscono dal Frente, «stanno subendo in prima persona le conseguenze della crisi. C’è bisogno di un’organizzazione che risponda al precariato e renda l’istruzione non solo un diritto di pochi».

Uno dei modi con cui il Frente de estudiantes ha dimostrato vicinanza alla lotta italiana è stato organizzare una manifestazione fuori l’ambasciata italiana di Madrid. E non sono stati i soli.

Anche Antonis, delegato greco del Comitato di coordinamento degli studenti di Atene, venerdì scorso è sceso in piazza accanto ai torinesi. «I ragazzi di sedici o diciotto anni non possono morire andando a lavorare gratis per soddisfare i profitti delle aziende», ha scandito al microfono. «Anche in Grecia abbiamo lottato per avere scuole aperte e sicure. Gli operai erano accanto a noi e alcuni di loro hanno scioperato per sette giorni in seguito alla morte di un collega. Ma le nostre rivendicazioni hanno trovato come risposta la repressione». Racconta che i cortei sono stati attaccati dalle forze dell’ordine che hanno utilizzato i lacrimogeni per disperdere i manifestanti. E da alcuni gruppi fascisti legati alla tifoseria delle squadre di calcio locali.

Vicinanza e sostegno sono arrivati anche dal Movimento d'azione studentesco palestinese, sezione del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. «Crediamo che, seppur con espressioni diverse, ci ritroviamo a fronteggiare un unico nemico. Da noi l'occupazione e il colonialismo, in Italia lo sfruttamento». E aggiungono: «La reciproca vicinanza e il sostegno politico ci ricordano che siamo i figli della stessa classe. Sapere che oltre il Mediterraneo c’è qualcuno che lotta per i tuoi stessi obiettivi, vedere le piazze piene in Italia, ha contribuito a tenere alto il morale».

Ne è convinto anche Giuliano, studente del Liceo Virgilio di Roma, per cui l’unico sistema violento è quello che reprime il dissenso. «Ci rivedrete nelle piazze e nelle strade più determinati di prima, ci volete passivi e divisi, ci avrete combattivi e uniti» aveva detto durante la conferenza stampa davanti al ministero dell’Istruzione a Roma, pochi giorni prima della manifestazione nazionale. E così ha ribadito al megafono Pietro del movimento La Lupa al termine della mobilitazione del 18 febbraio, di fronte a circa 3 mila studenti che hanno formato il corteo che si è mosso per le strade della Capitale.

Con le manifestazioni in piazza sono iniziati anche gli Stati Generali della Scuola, tre giorni di confronto e dibattito su come riappropriarsi degli spazi fisici e mentali che una società democratica dovrebbe lasciare a disposizione della collettività. E per costruire un modello di istruzione basato sulle esigenze degli studenti. Le stesse che hanno permesso, dopo anni di silenzio, alla politica di tornare dentro le scuole. Secondo Lang «le richieste degli studenti hanno superato il confine delle piazze». Infatti, lo scorso lunedì sono state ascoltate dalla Commissione cultura della Camera. «È evidente che al di là delle differenti vedute sui temi contingenti, le nostre studentesse e i nostri studenti siano preoccupati soprattutto per i problemi strutturali della scuola: dall’edilizia scolastica alla mancanza di un sostegno psicologico, dallo sport a scuola all’uso della Dad come strumento complementare di formazione ed educazione. Terrò conto degli interventi di oggi, sarò portavoce delle istanze degli studenti al ministro Bianchi» ha detto Valeria Casa, presidente della Commissione, dopo l’audizione.

Dentro e fuori l’Italia, la voce degli studenti sta riuscendo a farsi sentire. Diventando unica, tanto che le parole di Antonis potrebbe averle pronunciate qualsiasi ragazzo italiano: «Non possiamo accettare che le nostre scuole invece di formarci ci insegnino a lavorare gratis nelle aziende. Siamo forti e vinceremo». Continua la lotta per una scuola all’altezza delle loro esigenze.