A differenza di altri affannati candidati alla Lega Calcio, per esempio l’inutilmente loquace Carlo Bonomi di Confindustria, peraltro già archiviato, il professor Lorenzo Casini se ne sta in silenzio. Il presupposto necessario per ambire a qualcosa è ammaestrare l’ambizione. Casini non parla, non replica, non si espone. Il prototipo del potere romano che si muove fra una manciata di palazzi e caffè consumati al banco. Difatti a 45 anni è già un assiduo frequentatore dei governi. Dal settembre 2019 è capo di gabinetto del ministro Dario Franceschini ai Beni Culturali. Un ritorno con i gradi ufficiali dopo la prima esperienza da consulente. Nel frattempo ha ottenuto il secondo mandato alla guida di Irpa, l’istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione fondato da Sabino Cassese. Nell’albo dei presidenti di Irpa ci sono Bernardo Mattarella e Giulio Napolitano, due figli di due capi dello Stato. Casini è tecnicamente un allievo di Cassese, fu suo assistente di studio alla Corte costituzionale, poi avvocato e docente alla scuola Imt di Lucca.
Come s’intuisce dal breve profilo qui tracciato, Casini non c’entra col calcio. Dunque è perfetto per i suoi promotori, cioè il Napoli, la Lazio, il Verona e la Fiorentina italoamericana. Aurelio De Laurentiis, Claudio Lotito e colleghi cercano un presidente che conosca la politica e non pratichi la popolarità. Una balia. Qualcosa del genere.
L’unica insidia di Casini è Mauro Masi, ex segretario generale a Palazzo Chigi nella stagione di Silvio Berlusconi nonché direttore generale della Rai e poi amministratore e presidente di Consap (assicurazioni pubbliche). Masi è il nome di Claudio Scaroni (Milan) che piace pure a Gabriele Gravina della Federcalcio. Secondo fonti interne consultate da L’Espresso, a una settimana dal voto in Lega, Casini è il favorito. Deve segnare a porta vuota.