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In Germania un contadino sta lottando da solo contro una miniera di carbone

La compagnia energetica Rwe vorrebbe demolire il villaggio di Lützerath per espandere il giacimento causando ulteriori danni all’ambiente. Eckardt Heukamp è l’ultimo rimasto e non ha intenzione di andarsene. E il suo caso sta diventando un simbolo

Quando il contadino Eckardt Heukamp guarda fuori dalla finestra della sua camera da letto, può vedere come le pale dell’enorme escavatore marrone affondano in profondità nel terreno. A poche centinaia di metri dalla sua fattoria si apre una voragine. Una cavità di più di 100 chilometri quadrati, in cui presto la sua proprietà dovrebbe sprofondare. Almeno così vorrebbe la Rwe. La compagnia energetica che qui estrae carbone.

 

Per espandere la miniera a cielo aperto di Garzweiler II la Rwe progetta di demolire il paese di Lützerath, nella Renania Settentrionale-Vestfalia tra Düsseldorf e Colonia, in Germania. Ma può farlo solo se Eckardt Heukamp vende la sua proprietà. O se si rifiuta e in conseguenza viene espropriato. Un centinaio di abitanti del paese ha già lasciato Lützerath più di un anno fa. Le loro fattorie e le loro case sono in gran parte già state rase al suolo dalla Rwe. Solo Heukamp è ancora lì. Contro il suo esproprio ha fatto causa presso il tribunale amministrativo superiore di Münster.

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Il villaggio di Lützerath è in Germania un simbolo della lotta per la giustizia climatica. Per il movimento ambientalista si decide lì la possibilità di limitare il riscaldamento globale entro la soglia dei 1,5 gradi. Gli attivisti si riferiscono a uno studio coordinato dall’Istituto tedesco per la ricerca economica. Secondo questo, un massimo di 200 milioni di tonnellate di carbone può essere estratto nella regione per mantenere il cinquanta per cento di possibilità di rispettare l’obiettivo climatico. La Rwe, tuttavia, prevede di estrarne 780 milioni.

 

Dall’estate 2020 attivisti hanno allestito un campo di protesta sulla proprietà di Heukamp, e nei prati e negli alberi circostanti. A detta loro, sono ora un centinaio le persone che ci vivono. Circa 50 case spuntano dalle cime degli alberi intorno al campo, costruite con assi di legno. Alcune sono alte diversi piani e hanno anche un camino, da cui sale del fumo. Quest’inverno gli attivisti hanno anche occupato due case, una fattoria e due magazzini abbandonati. Gli unici altri edifici ancora in piedi a Lützerath.

 

Attrezzi da lavoro e taniche sono sparsi per il cortile della fattoria, una vecchia auto è parcheggiata accanto al muro in mattoni. Heukamp prende posto a un tavolo di legno impolverato. È un uomo alto, con i capelli mossi, brizzolati. Il suo volto è arrossato dal freddo. Ha lavorato come agricoltore a Lützerath per tutta la vita, racconta il 57enne. La fattoria appartiene alla sua famiglia da quattro generazioni. Anche la Rwe è attiva nella regione da un secolo. Le loro strade si sono già incrociate.

 

L’agricoltore è taciturno, ma oggi dice di apprezzare l’attenzione dei media: «È un bene che la gente finalmente si renda conto di cosa succede quando i paesi vengono demoliti e il carbone avanza».

 

Secondo la legge mineraria federale, che regola l’estrazione del carbone, l’approvvigionamento energetico è al servizio del bene comune. Perciò è legittimo trasferire interi paesi altrove, se ostacolano questo obiettivo. Il bene comune prima della proprietà. Il regolamento risale agli anni Ottanta, quando l’avanzare della crisi climatica ancora non era un problema. Negli ultimi decenni più di 40mila persone nella Renania Settentrionale-Vestfalia hanno dovuto lasciare le loro case a causa del carbone.

 

Anche Heukamp. Per 15 anni ha vissuto nel vicino paese di Borschemich. Ora non esiste più: nel 2005 la Rwe lo ha demolito per espandere sull’area la miniera di Garzweiler. «A quel tempo, però, ho raggiunto un accordo con la Rwe sul prezzo di vendita della mia proprietà lì e sono potuto tornare a casa dei miei genitori qui a Lützerath», dice il contadino. Ora è diverso: questa volta non ha voluto farsi da parte per il carbone, racconta Heukamp.

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Il contadino si è rifiutato di vendere e la Rwe ha avviato nel 2020 una prima procedura contro di lui presso il tribunale amministrativo di Aquisgrana. Questa è ancora in corso. Per accelerare l’esproprio, la compagnia ha avviato un secondo procedimento. L’agricoltore ha fatto ricorso fino in seconda istanza, presso la Corte amministrativa superiore di Münster. Finora Heukamp ha investito più di 90mila euro per pagare gli avvocati.

«Una politica più coerente per la protezione del clima: questo è quello che vorrei», spiega l’agricoltore.

L’attuale governo, la coalizione “semaforo”, composta da Spd, Grüne e Fdp, ha anticipato l’uscita della Germania dal carbone al 2030, ma solo “idealmente”, così recita alla lettera l’accordo di coalizione. «Una volta era necessario, ma oggi ci sono altre opzioni. Dopotutto, bruciare il carbone accelera il cambiamento climatico. Le ondate di calore hanno già danneggiato il mio raccolto di cereali negli ultimi anni», dice Heukamp.

 

Perché tali questioni sono rilevanti sul piano giuridico lo spiega l’avvocata di Heukamp, Roda Verheyen, in una videochiamata dal suo appartamento ad Amburgo. Lavora alle cause climatiche dal 2015. Oltre al contadino Heukamp, rappresenta anche l’attivista di Fridays for future Clara Mayer e i direttori di Greenpeace Martin Kaiser e Roland Hipp contro la Volkswagen. I tre hanno fatto causa alla casa automobilistica per le sue alte emissioni di CO2. L’agricoltore è entrato in contatto con l’avvocata l’anno scorso, attraverso la rete delle organizzazioni intorno a Lützerath.

 

«La domanda fondamentale è: qual è il bene comune in questa situazione? Finora la risposta è stata: estrarre il carbone. Di fronte alla crisi climatica, oggi, non è più così», dice Verheyen. Il tribunale amministrativo di Aquisgrana deve esaminare se il piano della Rwe di ampliare la miniera sia compatibile con gli obiettivi climatici, spiega l’avvocata. Verheyen vede alla base della causa di Heukamp il verdetto della Corte costituzionale federale in merito alla legge sul clima. In seguito ai reclami presentati da cittadini e organizzazioni ambientaliste, la Corte ha stabilito lo scorso marzo che la legge andava modificata, in quanto non garantiva a sufficienza il diritto al futuro delle prossime generazioni. «Lì è diventato chiaro che la questione climatica riguarda i diritti umani», dice Verheyen. Le persone minacciate dalla crisi climatica, danneggiate dalle azioni di Stati o aziende, possono far loro causa e possono ottenere giustizia. Potrebbe essere così anche per Heukamp.

 

«Non fermeremo in questo modo il cambiamento climatico», dice l’avvocata. «Ma le cause per il clima possono stabilire quali obblighi hanno gli Stati. E anche le aziende». La Corte costituzionale federale ha stabilito nella sua sentenza che la Germania ha un determinato budget di carbonio da rispettare. «Se ce l’ha lo Stato, allora ce l’ha anche ogni grande azienda», dichiara Verheyen.

 

Secondo un recente rapporto di Greenpeace, con 89 milioni di tonnellate di CO2 all’anno la Rwe è il più grande emettitore di anidride carbonica in Europa. «Se aziende con una tale impronta ecologica non si assumono le loro responsabilità, l’ondata di cause aumenterà», dice Verheyen: «È finito il tempo in cui si poteva far finta di niente. Nessuna azienda può più sentirsi al sicuro».

 

Nella proprietà dietro la fattoria di Heukamp, ai piedi di un d’albero, due attivisti stanno tagliando una tavola di legno, in alto nella corona altri stanno inchiodando la parete di una casa al tronco. Da quello accanto si sta calando Haiku, nome di fantasia. Ha 27 anni e da un anno e mezzo vive in una casa tra i rami ai margini della miniera. Dice di voler impedire i piani di demolizione della Rwe.

 

«La crisi climatica è da tempo realtà: il carbone deve rimanere sotto terra», dichiara Haiku, che fa il portavoce per “Lützerath lebt” (“Lützerath vive”). L’iniziativa è stata fondata da attivisti nel giugno 2020. Sono venuti da tutta la Germania e alcuni dai Paesi confinanti per unirsi alla protesta locale. Anche il movimento Ende Gelände e organizzazioni come Greenpeace e Fridays For Future sono sul posto. Un fronte ampio, che ha fatto conoscere Lützerath a livello internazionale: attiviste per il clima come Vanessa Nakate, dall’Uganda, e Greta Thunberg hanno visitato il paese prima dell’ultimo summit Onu sul clima.

 

Heukamp non ha mai avuto così tanti vicini. Anche se la convivenza non è sempre senza problemi, il contadino dice di essere grato agli attivisti: «Senza di loro, nessuno mi avrebbe preso sul serio. Per me è un sostegno importante». Un sostegno che potrebbe fare la differenza, se il tribunale decidesse a favore della Rwe. In quel caso è probabile che la società faccia sgomberare l’area. Ed è a questo che gli attivisti si stanno preparando. «Costruiamo le case sugli alberi perché solo particolari unità di polizia si possono arrampicare così in alto. Il che ritarda l’operazione», spiega Haiku. Ad essere in ritardo al momento è però la decisione del tribunale, attesa per inizio gennaio e rimandata a data da destinarsi. Per Heukamp e per il movimento ambientalista tempo guadagnato per ottenere visibilità mediatica, fare pressione sulla politica. E costruire case sugli alberi.

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