La mattina del 24 Febbraio 2022, Aleksandra Astakhova, fotografa e amica di famiglia del leader dell’opposizione russa, Alexei Navalny, è sul treno insieme a due colleghi. E proprio sul treno scopre che la Russia ha invaso l’Ucraina. Astakhova racconta: «Stavo andando a Pokrov [a 100 km circa ad est di Mosca] per il processo di Alexei Navalny. Nessuno credeva sarebbe scoppiata la guerra, me compresa. Era dannoso per tutti. Quando siamo entrati in tribunale, gli ufficiali giudiziari hanno subito iniziato a chiederci cosa stesse succedendo in Ucraina. All’inizio ho pensato che mi prendessero in giro, ma poi mi sono subito resa conto che davvero non sapevano nulla della guerra. Allo stesso modo anche Navalny ne fu sorpreso e, passato lo shock, subito protestò energicamente contro la guerra. Alla luce di questa notizia, due ufficiali giudiziari si sono rifiutati di testimoniare contro Alexei».
Alexei Navalny, il prigioniero n°1 di Putin, è caduto dalle nuvole quando gli è stato detto che la Russia aveva invaso l’Ucraina. In prigione non c’è accesso a Internet e la televisione di stato russa ha la museruola. Dal giorno in cui i tank russi hanno varcato i confini dell’Ucraina, il Roskomnadzor (organo della Federazione Russa che controlla le comunicazioni e media), vieta a tutti l’utilizzo della parola “guerra”. Ciò che sta accadendo in Ucraina è così diventato “un’operazione speciale”. Gli eventi raccontati dai media statali hanno poco a che fare con la realtà. “Guerra e pace”, il famoso romanzo di Tolstoj, andrebbe quindi riscritto così: “operazione speciale e pace”.
Proteste NO WAR
Timur Rachimberdiev, imprenditore che ha una propria produzione di mobili, il 27 febbraio, a Mosca, è andato ad una manifestazione. Racconta cosa gli è successo: «Dall’inizio della guerra in Ucraina, le persone scendono in piazza ogni giorno. Ma è impossibile radunarsi in una grande folla per due motivi. Primo, non c’è coordinamento, ogni tentativo di coordinamento è contro la legge. Secondo, la polizia ha imparato a fermare tutto questo in modo astuto e impercettibile». Come? Chiediamo a Rachimberdiev. «La polizia - rivela Timur - semplicemente arresta tutti coloro che hanno tra i 13 e i 50 anni e che escono dalle stazioni centrali della metropolitana la sera. E non lo fanno crudelmente ma con grande gentilezza. Silenziosamente, i fermati, vengono portati alla stazione di polizia. Naturalmente - continua Timur - se ci fosse coordinamento, ci sarebbe una grande folla di persone e sarebbe molto più difficile per la polizia operare. Invece, poiché tutti arrivano separatamente, è molto più facile catturare tutti, singolarmente, per strada». È così che anche Timur è stato arrestato e portato in una stazione di polizia fuori Mosca. Dato che le celle sono stracolme, le persone arrestate vengono ammassate in una sala riunioni grande come un teatro, con tanto di palcoscenico. Ed è lì che inizia lo spettacolo, alle 21. E finisce 10 ore dopo. I fermati vengono chiamati sul palco e interrogati. I poliziotti chiedono di firmare verbali di colpevolezza. Chi fa resistenza e chiede di leggere prima di firmare viene assalito con urla oscene: «Siete degli stupidi! I documenti sono standard! Firmateli! Che c’è bisogno di leggerli? Sono tutti uguali! Li abbiamo preparati in anticipo!». Ma la maggior parte delle persone non è affatto impressionata. Anzi si addormenta sulle poltrone. «Io ho dormito su morbide poltrone rosse - dice Timur -. Questo spettacolo l’hanno già visto in Russia, ci sono abituati. Gli avvocati, ovviamente, non sono ammessi». A San Pietroburgo, invece la polizia continua a fermare i manifestanti con la solita brutalità. Alexandra Astakhova confida che andrà a tutte le manifestazioni pur conoscendo i rischi, perché «la rabbia è più forte della paura». Dall’inizio della guerra al primo marzo in 62 città russe i manifestanti arrestati sono 6648. E il numero sarà da aggiornare ancora.
La reazione dell’intellighenzia
L’Intellighenzia russa da tempo manifesta contro il governo. Questa volta anche quelli che da anni tacciono, si stanno unendo alle proteste. Adesso non è più possibile restare in silenzio. L’attore comico Ivan Urgant, conduttore del Primo Canale di Stato, noto in Italia come Giovanni Urganti, da anni fa ridere la Russia. Lo scorso capodanno ha fatto una strepitosa festa in tv dedicando l’ultimo dell’anno all’Italia: tutti gli ospiti parlavano e cantavano in un italiano maccheronico. In questi giorni Urgant si è espresso pubblicamente contro la guerra. Il suo programma è sparito dai palinsesti: non c’è più niente da ridere. Chulpan Khamatova, attrice famosa anche per aver interpretato la “Dottoressa Lara” in “Good bye Lenin”, per molto tempo non ha criticato le autorità. In questo modo “Regala una vita”: la struttura sanitaria per bambini, di cui si occupa, ha continuato a ricevere fondi statali. Ma questa volta, anche lei ha parlato contro la guerra. “Regala una vita” ha ora una sorte sospesa; quella di moltissimi bambini in Ucraina, invece è già segnata.
Chi critica le autorità, in Russia, lo fa oggi, con rinnovata cautela, dicendo che è assurdo combattere contro gli ucraini, perché sarebbe una lotta tra fratelli. Ma queste espressioni, o anche perfino scrivere NO WAR sui social network sono già un grande atto di coraggio, perché tutti sono consapevoli delle possibili conseguenze. In molte imprese ai dipendenti è stato chiesto di non esprimersi contro la guerra, spiegando che protestare non avrebbe cambiato nulla, ma che invece era importante preservare l’impresa, cioè i posti di lavoro. Anastasia Mirzoyeva, sceneggiatrice e montatrice di cinema, afferma: «I miei amici hanno criticato le autorità per molto tempo, tra loro: attori, scrittori, musicisti, creativi. Siamo tutti inorriditi da ciò che sta accadendo. Abbiamo capito da tempo che il gioco a cui sta giocando Putin porterà ad un disastro». Tantissimi sono però ancora annebbiati dalla propaganda di stato. «Purtroppo - dice Anastasia Mirzoyeva - presto le bare dei soldati che tornano dall’Ucraina avranno un effetto maggiore di mille parole». La nebbia sparirà in un attimo.