Una famiglia di contadini contro i pannelli solari. Nel magnifico film già Orso d’oro il racconto di un mondo in estinzione

Alcarràs, ultimo paradiso in Catalogna

Dalle pesche ai pannelli solari. Dalla terra come coltura e cultura, ai terreni come superficie da sfruttare palmo a palmo. Dall’era millenaria dell’agricoltura all’epoca energivora del digitale. La parabola dei Solé, nomen omen, la famiglia che da generazioni coltiva quel piccolo paradiso in Catalogna, è a dir poco esemplare. Quelle terre benedette infatti non gli appartengono. Furono concesse alla loro famiglia con una stretta di mano quando i contadini misero in salvo i padroni, durante la guerra civile. Ma i tempi cambiano. L’ultimo padrone ha altri progetti. Per restare i Solé dovrebbero degradarsi. Da agricoltori a custodi di pannelli inerti e luccicanti. Qualcuno è anche disposto a piegare la testa. Qualcuno, certo non tutti.

 

Ma alla regista Carla Simòn, che con questo magnifico “Alcarràs” ha vinto l’Orso d’oro all’ultima Berlinale, non interessa l’economia. L’economia ci condiziona in ogni momento, lo sappiamo bene. Ciò che il suo film racconta, con verità di accenti e profondità di sguardo rare, è la ricchezza di quel mondo in estinzione. La vastità, la molteplicità, la felicità del rapporto con la terra. Che a nonni e nipoti, genitori e figli, fornisce senso, memoria, emozioni, rituali. Sempre differenti proprio perché capaci di rinnovarsi. Così tra piantine di marijuana coltivate di nascosto e segreti di famiglia mormorati a mezza voce, ribellioni non dichiarate e feste di piazza curiosamente transgender (una tradizione catalana?), “Alcarràs” scava nei sentimenti più riposti di ogni membro della famiglia. Usando a meraviglia tutti i possibili mezzi di comunicazione.

 

Così c’è chi balla e c’è chi parla, o magari non riesce a dire il suo dolore di Don Chisciotte in lotta contro i pannelli solari (il capofamiglia), causando isolamento e rancori. Chi rivolge a una mucca sorpresa all’alba un sorriso antico, e chi (i bambini) prende in prestito a un bracciante africano una nenia funebre per seppellire i conigli. Generando uno sguardo sempre “magico”, non sociologico, anche se gli indicatori socioeconomici ci sono tutti. Grazie all’espressività naturale di un plotone di attori non professionisti (e non imparentati!) scovati e diretti con sapienza stupefacente. È bello sapere che in tanta generosità ci sia anche un pezzo di produzione italiana (la Kino di Giovanni Pompili). In sala dal 26 maggio.

 

“Alcarràs”
di Carla Simòn
Spagna-Italia, 120’

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