L’amministratore delegato Starace ha trattato con Suek di Melnicenko la vendita di Enel Russia prima e dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Dopo che il russo è finito nella lista nera dell’Ue, a marzo l’ad ha proposto al Cda di proseguire perché gli era subentrata la moglie serbo-croata. Enel: “Situazione complessa, ci siamo fermati”. Ma solo perché i consiglieri si sono opposti. Ora nuovo accordo

La società italiana Enel, multinazionale del settore energetico di cui il ministero del Tesoro, cioè lo Stato, è il principale azionista, ha tentato di aggirare le sanzioni europee contro gli oligarchi russi comminate per punire il regime di Vladimir Putin dopo l’aggressione militare in Ucraina. È accaduto nelle prime settimane di marzo proprio mentre le istituzioni occidentali erano impegnate in una dura e ferma risposta a Mosca. Nel periodo immediatamente precedente allo scoppio del conflitto, Francesco Starace, l’amministratore delegato di Enel, ha portato avanti una trattativa riservata con le aziende di Andrej Igorevic Melnicenko per la cessione delle attività di Enel Russia, e non ha accantonato il piano nonostante l’imprenditore russo fosse già sottoposto alle restrizioni adottate dall’Unione come il blocco dei beni e il divieto di ingresso nel continente.

 

Soltanto un intervento sdegnato del Consiglio di amministrazione (Cda) ha disinnescato un’operazione che avrebbe causato un enorme danno finanziario e reputazionale a Enel e di conseguenza al governo italiano. Quest’episodio fin qui sconosciuto, che L’Espresso ha ricostruito con più fonti, potrebbe compromettere in maniera irreversibile il rapporto di fiducia tra l’ad Starace e il governo di Mario Draghi, dopo che lo stesso Starace, a un mese dalla guerra in Ucraina, a gennaio, disobbedì all’ordine di Palazzo Chigi e partecipò in videoconferenza a un colloquio con Putin.

 

C’erano altre aziende private come la Pirelli con Marco Tronchetti Provera o banca Unicredit con Andrea Orcel, non c’erano i colleghi “pubblici” Claudio Descalzi di Eni e Marco Alverà di Snam. Fu un gesto di fatua ribellione e indipendenza che ha provocato pesanti disagi anche al fratello Giorgio Starace, ambasciatore italiano in Russia nominato a ottobre.

 

Enel aprì gli uffici a Mosca e la sede a Ekaterinburg al termine del mandato di Paolo Scaroni (2004), il dirigente di Stato che poi alla guida di Eni avvicinò sempre di più Roma e Mosca, a tal punto che oggi il governo cerca rapide soluzioni per troncare la sottomissione energetica ai pozzi russi. Enel ha una quota del 56,23 per cento di Enel Russia, il veicolo societario usato per gestire tre impianti termoelettrici a gas e un paio di fonti rinnovabili per una capacità totale di 5.276 megawatt di corrente, preziosa energia per diverse popolazioni e distretti industriali sul fianco orientale dei monti Urali. Il fondo russo per gli investimenti detiene il 5,5 per cento di Enel Russia, più recente l’avvento del fondo cipriota Uroc col 7,4 per cento. Il resto è flottante nel mercato della Borsa di Mosca.

Lo scorso anno Enel Russia ha registrato ricavi per 564 milioni di euro con un utile netto di 64 (le previsioni segnalano una crescita esponenziale per il 2022) e dalla capogruppo Enel ha ricevuto investimenti mirati allo sviluppo dell’eolico per 68 milioni di euro. Quest’anno l’azienda non ha distribuito i dividendi per la guerra. Nel tempo la società di Starace ha rinunciato al pezzo più pregiato per ridurre l’inquinamento da anidrite carbonica. Tre anni fa Enel Russia, per 292 milioni di euro più premi, ha ceduto a Kuzbassenergo la gigantesca centrale a carbone di Reftinskaya. La società Kuzbassenergo è di proprietà di Siberian Coal Energy Company, meglio nota con sigla Suek.

 

Cinquant’anni compiuti a marzo, nato a Gomel nell’odierna Bielorussia da mamma ucraina, patrimonio stimato di 18 miliardi di euro, ottavo oligarca più ricco di Russia, Andrej Igorevic Melnicenko è il fondatore di Suek (carbone) e di EuroChem (fertilizzanti). Una coppia da circa 20 miliardi di fatturato annuo che Andrej, secondo le notizie ufficiali, ha messo su nel 2001 appena trentenne. Le relazioni fra Enel e Suek sono consolidate poiché i russi sono i fornitori di carbone degli italiani.

 

Starace ha negoziato con la Siberian Generating Company di Suek la vendita di Enel Russia prima e dopo la guerra scatenata in Ucraina. Il 9 marzo, però, Melnicenko è stato inserito nella lista nera degli oligarchi approvata dall’Unione europea e condivisa da americani, britannici e anche svizzeri. Con la seguente motivazione: «Appartiene alla cerchia più influente di imprenditori russi con stretti legami con il governo russo. Opera in settori economici che costituiscono una notevole fonte di reddito per il governo della Federazione. Il 24 febbraio 2022, all'indomani delle fasi iniziali dell'aggressione russa contro l'Ucraina, ha incontrato, insieme a 36 imprenditori, il presidente Vladimir Putin e altri membri del governo russo per discutere dell'impatto della linea d'azione alla luce delle sanzioni occidentali».

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Il 12 marzo la Guardia di Finanza ha sequestrato la sua nave a vela da 143 metri e dal valore di 530 milioni di euro in un deposito del porto di Trieste. E il suo nome è stato depennato dall’albo dei commendatori della stella d’Italia. Invece il 17 marzo l’ad Starace, spalleggiato dal presidente Michele Crisostomo, ha chiesto al Cda il nullaosta per definire l’accordo con Suek per Enel Russia poiché Suek non era più riconducibile a Melnicenko e perciò libera dai vincoli occidentali. E poi di consultare il ministero degli Esteri. Infatti l’8 marzo, il giorno del suo compleanno, l’oligarca aveva trasferito con una sorta di donazione i suoi poteri alla moglie Aleksandra Nikolic, cantante e modella serba con passaporto croato. Europeo.

 

Dunque dal 9 marzo per l’entrata in vigore delle sanzioni, con mirabile prontezza, la titolare effettiva della cassaforte cipriota Linetrust con base a Limassol, territorio europeo, è diventata la signora Melnicenko. Per Starace si poteva procedere con la vendita di Enel Russia previo assenso del governo tramite la Farnesina. Il gruppo di consiglieri di nomina del Tesoro s’è subito opposto e ha trascinato il resto del Cda un po’ distratto.

 

Sfruttare la scaltrezza di Melnicenko e famiglia avrebbe imbarazzato Palazzo Chigi. Come se Enel si fosse fiondata in un buco nei provvedimenti sanzionatori. Farsi furbi accanto ai furbi. In più il denaro pattuito, centinaia di milioni, non era per niente sicuro in mezzo a una guerra. Starace ha insistito per ore illustrando pareri legali di poche righe recapitati in diretta con l’intento di rassicurare i consiglieri. Alla fine, dopo altri documenti e altre riunioni tese, ha desistito e di fatto s’è arreso. E oggi dovrebbe ringraziare il Cda. Perché col trascorrere dei mesi è emerso il ruolo di Aleksandra Nikolic e di recente, il 3 giugno, l’Unione ha sanzionato anche la moglie di Melnicenko. Con queste parole: «Approfitta del patrimonio del marito e trae vantaggio dalla ricchezza di quest’ultimo. Posseggono due attici da oltre 30 milioni di dollari. Nel marzo 2022 Aleksandra Melnicenko ha sostituito il marito come titolare effettivo della Firstline Trust, gestita dalla Linetrust Ptc Ltd, una società che rappresenta in ultima istanza il gruppo EuroChem. È pertanto associata a un imprenditore di spicco della Federazione russa, responsabile dell’annessione della Crimea e della destabilizzazione dell’Ucraina. Inoltre Andrej Igorevic Melnicenko sostiene o attua azioni o politiche che deteriorano o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina, nonché la stabilità e la sicurezza in Ucraina».

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L’Espresso ha contattato Enel per capire con quali criteri ritenesse plausibili le trattative con la famiglia Melnicenko. Ecco la sua versione: «L’amministratore delegato, dopo l’irrogazione delle sanzioni (9 marzo, ndr), non ha ritenuto possibile proseguire le trattative. I regolamenti vigenti prevedono che, in caso di dubbi, possano essere richiesti chiarimenti allo stato membro competente. Attesa la complessità societaria di Suek si è valutato di richiedere al governo italiano tali informazioni rispetto al regime contrattuale dei pagamenti del carbone acquistato e non ancora pagato». In sostanza Enel omette che più di una volta, nel Cda del 17 marzo e in altre occasioni, l’ad Starace ha illustrato i vantaggi offerti dal provvidenziale arrivo di Aleksandra Nikolic Melnicenko e soprattutto non menziona l’intervento decisivo dei consiglieri che hanno bloccato l’operazione.

 

Se il disegno di Starace si fosse realizzato, adesso Enel avrebbe un contratto ancora fresco di stampa, firmato da una prestanome colpita da sanzioni. Per sua fortuna non è successo. (Giovedì la società ha annunciato una doppia intesa con Lukoil e Gazprombank-Frezia per Enel Russia da formalizzare nel terzo trimestre al prezzo di 137 milioni di euro). Anche se è sempre più evidente, anzi ostentata, l’insoddisfazione di Palazzo Chigi nei confronti di Enel. Starace fu nominato da Matteo Renzi nel 2014, rinominato da Paolo Gentiloni nel 2017 e da Giuseppe Conte nel 2020, è in azienda da oltre vent’anni e non vorrebbe muoversi, ma è in ritardo con l’energia rinnovabile, ha il debito in costante crescita e non s’è mostrato reattivo nella ricerca mondiale del gas. Non ha molte opportunità. A differenza delle emissioni da carbone, con la vicenda Melnicenko le ha azzerate di fretta e quasi tutte. (Ieri la società ha annunciato una doppia intesa con Lukoil e Gazprombank-Frezia per Enel Russia da formalizzare entro ottobre al prezzo di 137 milioni di euro)

 

Aggiornamento del 16 giugno 2022
La replica di Eenel e la nostra risposta

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