Diritti che si restringono, libri vietati, test anti-droga per gli studenti, schedature delle famiglie arcobaleno, revisione della Costituzione. Per avere un’idea del Paese desiderato dalla Destra, basta guardare le città dove già governa

Il mondo di Giorgia Meloni sembra ineffabile, innominabile. Invece è già qui. Mentre lasciamo correre lo sguardo ogni giorno su accuse di fascismo, sondaggi, risse social, una parte di quello che pensiamo potrebbe accadere è già successo, l’altra parte è stata annunciata.

 

Diritti che si restringono, libri vietati, test anti-droga per tutti gli studenti, schedature delle famiglie arcobaleno, revisione della costituzione. È una storia politica scappata di mano, e bisogna fare attenzione per decifrarla. Bisogna posare lo sguardo sulle città governate dalla destra e sul rosario di dichiarazioni.

 

«Siamo la nazione che l’anno scorso ha fatto scappare centomila italiani all’estero e ha portato in Italia in tre anni 500mila immigrati richiedenti asilo. Penso che ci sia un disegno di sostituzione etnica in Italia». La frase viene pronunciata dalla leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, nel 2018 durante un sit-in contro il disegno di legge sulla cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia, oltre a rispolverare la teoria del complotto della sostituzione etnica (cioè il presunto piano per “rimpiazzare” le popolazioni bianche del vecchio continente) chiude le porte a Ius Scholae.

 

“Pronti a difendere i confini dell’Italia” è uno degli ultimi video pubblicato dalla leader del centrodestra sui suoi social. La proposta è quella dell’attivazione di un «blocco navale» lungo le coste del Nord Africa per impedire gli sbarchi di immigrati sulle coste italiane. A tutto ciò si aggiunge la possibilità di promulgare leggi più restrittive sulla concessione del diritto d’asilo e la protezione umanitaria.

 

Sulla questione sicurezza, chiodo fisso dei Fratelli d’Italia è da sempre la revisione del “reato di tortura”. Terzo punto del programma per le elezioni politiche del 2018. Rimosso ma non dimenticato. Tra le altre cose si citava la «revisione della cosiddetta legge sulla tortura». Il riferimento è alla norma sul reato di tortura eventualmente commesso da parte di agenti di polizia e altri pubblici ufficiali che è entrata in vigore nel luglio 2017 durante il governo Gentiloni, dopo un faticoso percorso legislativo durato quattro anni. Una legge imperfetta per diverse associazioni che tuttavia ha consentito l’apertura di diversi procedimenti penali. Il 15 gennaio 2021, per la prima volta, un tribunale italiano ha condannato un funzionario pubblico accusato di tortura. Era un agente di polizia penitenziaria che nel 2017 aveva torturato un uomo detenuto nel carcere di Ferrara. Fino a luglio 2017 questa condanna non sarebbe stata possibile, il reato di tortura non esisteva.

 

Per capire invece come sarà il mondo di Fratelli d’Italia per la Generazione Z bisogna voltarsi indietro e guardare le impronte che nel 2008 Giorgia Meloni da ministra della Gioventù, ha lasciato durante il governo Berlusconi. A causa dei tagli lineari sullo stato sociale, dalla manovra estiva del 2008 alla finanziaria del 2009, dalla legge Gelmini sulla scuola a quella sull’università, furono fortemente ridotti i fondi a settori fondamentali per il benessere dei giovani, oltre che della società intera. Da ministra, presentò anche un disegno di legge sull’istituzione di comunità giovanili, "oasi per combattere il degrado", rivolte ad associazioni gestite dai giovani per i giovani.

 

Nonostante l’iniziativa governativa e la spinta ministeriale, il progetto si arenò. E ancora le tracce del nuovo mondo per la Gen Z nelle realtà locali: era stata l’assessora regionale all’Istruzione quota Fdi, Elena Donazzan a proporre i test antidroga a tutti gli studenti del Veneto: «Come per praticare uno sport è necessario sottoporsi una visita medico sportiva e dimostrare di godere di una buona condizione fisica – propone l’assessore - così la frequenza scolastica e lo studio dovrebbero richiedere lucidità e padronanza delle proprie capacità percettive e cognitive».

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Sui diritti Lgbt la posizione è netta. Contro. Nel 2018 è la prima leader di partito a firmare il Manifesto per la Vita e la Famiglia diffuso da ProVita & Famiglia e rivolto ai candidati alle prossime elezioni europee. Un manifesto che impegna a bloccare «ogni proposta normativa o atto teso a diffondere l’indottrinamento gender nelle scuole, contrastando la sessualizzazione precoce dei bambini e degli adolescenti spesso veicolata dai media, dalle campagne marketing, dai programmi televisivi e anche dalla cosiddetta “educazione sessuale globale” nelle scuole».

 

La sua vicinanza al mondo pro-vita è resa concreto grazie anche alla candidatura nel collegio proporzionale Lazio 01 di Rachele Maria Ruiu, portavoce di Pro-Vita e Famiglia, che già in passato ha tentato di entrare in politica con Gianni Alemanno nel 2013: «La candidatura di Ruiu sta a Fratelli d'Italia come quella di Pillon sta alla Lega - commenta per l’Espresso Massimo Prearo, Ricercatore in scienza politica dell'Università di Verona, massimo esperto di movimenti pro-life e autore de "L’ipotesi neocattolica. Politologia dei movimenti anti-gender" (Mimesi) - Entrambe esprimono la collocazione politica dei nuovi movimenti cattolici anti-gender e pro-life italiani, tra destra radicale ed estrema destra. Queste candidature sono quelle del motto "dio, patria, famiglia, che meraviglia". Non che in quei partiti non ci fosse già quell'ambizione religiosa, nazionalista e familista. Ma queste candidature, e quella di Ruiu in particolare, rivelano quanto la politica anti-abortista, anti-LGBT e anti-trans sia un marcatore identitario forte di queste destre, e non solo una posizione opportunista».

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Niente leggi contro l’omotransfobia e naturalmente niente matrimonio egualitario. «Per la sinistra leggi come questa portano verso il preteso progresso; per noi, vanno verso la fine dell'umano», aveva dichiarato Eugenia Roccella nel 2018 promettendo l’abolizione delle unioni civili. Oggi Roccella è candidata al Senato con Fdi. Dentro questa guerra di parole, quella alle famiglie arcobaleno è una guerra concreta. “Norme in materia di trascrizione di atti di nascita di minori nati all’estero”, era il nome del disegno di legge depositato da Isabella Rauti (anche lei in corsa nuovamente al Senato) per la quale: «Due padri e due madri non possono e non devono adottare un bambino». La proposta mirava a cancellare le trascrizioni dei bambini nati all’estero e l’iscrizione dei bambini nati “in costanza di rapporto tra soggetti dello stesso sesso”.

 

Di queste battaglie contro le famiglie in difesa della famiglia, troviamo i segni anche dentro le amministrazioni comunali. «Quanti bambini ad oggi siano stati affidati a persone single (e, tra queste, quante si dichiarino omosessuali) e quanti bambini a coppie omosessuali nel nostro comune» si legge nell’interpellanza al Sindaco Alan Fabbri presentata da Federico Soffritti, capogruppo di Fratelli d’Italia a Ferrara. Una schedatura a tutti gli effetti di fronte «al paventato rischio della sussistenza di un movente ideologico LGBT dietro il complesso sistema degli affidi dei minori». A tutto questo si aggiungono i libri dell’infanzia messi all’indice perché non rispecchiano l’ideale di famiglia tradizionale, volumi che tra le righe parlano di diversità e rispetto. L’ultima a presentare un’interrogazione urgente per la verifica nel catalogo delle biblioteche comunali è stata la consigliera di Fratelli D’Italia di Piacenza, Gloria Zanardi perché: «La solidarietà al mondo omosessuale per le discriminazioni, non determina, allo stesso tempo, un sostegno alle unioni ed alle adozioni omosessuali, né tantomeno all’ideologia gender che vorrebbe diffondere tra i bambini l’idea che ciascuno possa scegliere il proprio orientamento sessuale a prescindere da come natura lo ha creato».

 

Sulla questione aborto sono i presidenti di Fratelli d’Italia di diverse regioni italiane ad aver reso molto complicato l’accesso nel Paese. Le Marche, in particolare, vengono definite come un “laboratorio” delle politiche di Fratelli d’Italia e l’esempio di ciò che potrebbe accadere ai diritti riproduttivi delle donne se la coalizione delle destre vincesse le elezioni. Nel 2021 la Giunta regionale ha rifiutato di recepire le direttive nazionali del 2020 sulla pillola abortiva nei consultori giustificando la scelta perché nella regione ci sarebbe un basso tasso di natalità. Un segnale del nuovo tempo nel segno di Fratelli d’Italia arriva da Maurizio Marrone, assessore della regione Piemonte in quota FdI che tramite social conferma: Fdi metterà nell’azione di governo il progetto “Vita Nascente”: un fondo da 400mila euro voluto dall’assessore di Fdi per limitare il ricorso all’aborto. La strategia è semplice: pieno ruolo alle lobby pro-vita all'interno di Asl e consultori per scoraggiare le donne ad abortire.

 

E la Repubblica di Giorgia Meloni? Il 10 maggio l’aula della Camera dei deputati respingeva la proposta di legge, a prima firma Meloni, per introdurre, tra le altre cose, l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Contrari alla riforma della Costituzione il Partito Democratico e il Movimento 5 stelle, a favore i partiti di centrodestra. Astenuti i deputati di Italia Viva. Uno scenario totalmente diverso si presenta nel possibile regno di Fratelli d’Italia se il centrodestra superasse la soglia dei due terzi dei parlamentari eletti nelle due Camere (come riportano i sondaggi). Due terzi: la soglia che la Costituzione indica come quella necessaria perché le riforme costituzionali votate in Parlamento non debbano passare attraverso un referendum costituzionale. Due terzi che, con i nuovi numeri di 400 eletti alla Camera e 200 al Senato, significano 267 deputati e 134 senatori. Un traguardo possibile che porterebbe l’Italia verso un tempo nuovo, illuminato dalla fiamma tricolore della prima presidente donna del Consiglio.