Non più tardi di un anno e mezzo fa, richiamato Enrico Letta da Parigi con le elezioni non troppo vicine né troppo lontane, il Pd si era proposto di ristrutturare una vecchia alleanza/coalizione di centrosinistra e contendere il governo ai dirimpettai di destra capeggiati da Giorgia Meloni. Questa mattina, dopo una brutta notte, il partito si risveglia senza una nuova alleanza/coalizione di centrosinistra e soprattutto in minoranza dopo 11 anni degli ultimi 12 trascorsi al governo in qualsiasi forma e modo.
Quando non c’è nulla da salvare, non c’è nessuno da salvare. E il primo è il segretario venuto da Parigi. Letta ha tentato di raddrizzare e di rifondare, sopendo pure gli antichi rancori, il partito che otto anni fa lo rimosse da Palazzo Chigi con una manovra di palazzo (con la p minuscola) per introdurre la stagione renziana. Gli ex amici/nemici, le solite correnti, le classi dirigenti (e anche emergenti), gli hanno prestato il potere, la sensazione del potere, la semplice percezione. Letta ha imposto le sue strategie, ha definito la sua campagna elettorale, si è cimentato in una rincorsa inesistente. Eccoci qui. Il Pd è in bilico sul 20 per cento, dalle parti del 18,7 di Renzi. In numeri assoluti con l’affluenza più bassa di sempre (63,8 per cento), è ancora peggio: meno elettori. Attorno al Pd è tutto disabitato, abbandonato, spettrale. È al centro di niente. Altro che Ulivo II.
Gli argomenti usati nel partito per contestare Letta sono infiniti. Il rapporto infruttuoso con i Cinque Stelle di Giuseppe Conte, educati ai toni della sinistra e poi mollati. L’accordo tragicomico con Carlo Calenda. Il patto di convenienza con Sinistra Italiana. La scarsa attenzione al lavoro. L’esposizione eccessiva di Elly Schlein e Alessandro Zan che coprono il fronte dei diritti, ma non possono parlare anche agli operai.
Le dimissioni o il congresso. Letta si avvicina alla fine. Per la seconda volta. La stessa Schlein o il presidente emiliano Stefano Bonaccini sono validi pretendenti. Per stanotte Letta tace. In sala stampa si è presentata la capogruppo Debora Serracchiani. Ha detto che il Pd è la prima forza di opposizione. Tautologico. E però insufficiente. Poi si è soffermata sui risultati parziali di Terzo Polo e Lega, e non per complimentarsi. Un po’ straniante. Qui al Pd parecchie cose sono stranianti. Il partito è immobile. Stando fermo gli è capitato di governare spesso. Metti che succede ancora un giorno.