L’inchiesta
Transizione energetica, l’Italia torna indietro: record di gas serra e rinnovabili al palo
Più emissioni di CO2 e maggiore consumo di carbone: così la battaglia climatica arretra. Mentre il governo non vara i decreti attuativi su eolico e fotovoltaico e nemmeno pianifica le aree idonee
Che fine ha fatto la transizione energetica in Italia? Già, «transizione energetica»: il nome dato a un ministero per segnare la svolta nella lotta al cambiamento climatico; una frase che invece sembra ormai dimenticata. Il risultato è che non solo l’Italia non ha fatto più passi in avanti su questo fronte, ma sta addirittura tornando indietro, con un incremento delle emissioni di CO2 e l’aumento dell’energia da fonti fossili nonostante i costi alle stelle del gas per la crisi Ucraina. Mentre resta escluso dall’agenda dei partiti il grande tema: come conciliare transizione e rispetto dei diritti, il primo quello al lavoro? Il vero spauracchio di aziende e sindacato, le prime che temono gli investimenti necessari, i secondi che temono la perdita di migliaia di posti di lavoro in un Paese che è già in difficoltà sull’occupazione.
Di certo c’è che i dati raccolti da L’Espresso dimostrano che in questo momento l’Italia è il peggior paese dell’Ue in termini di riduzione di energia da fonti fossili, inquinamento, emissioni di gas serra e consumi di suolo. Il 2022 che doveva segnare l’anno del grande passo in avanti per rispettare la tabella di marcia che l’Unione europea si era data con l’accordo “Fit for 55”, segna invece un pericoloso arretramento. E anche un silenzio assoluto da parte della politica che non dice davvero cosa vuol fare e al massimo parla genericamente di «ambiente» come colonna del suo programma e promette soluzioni spesso impraticabili al caro bollette. Proprio per questo abbiamo chiesto anche ad addetti ai lavori e rappresentanti di categorie sociali coinvolti in prima persona dalle scelte in termini di transizione ecologica e lotta alla crisi climatica, come si può rispondere alla richiesta fatta sul nostro giornale dai ragazzi di Fridays For Future: «La richiesta principale ai partiti in corsa - e poi al nuovo Parlamento - è che la parola d’ordine epicentro di ogni processo decisionale non sia più “profitto” ma “benessere della collettività”: non può esistere giustizia climatica senza giustizia sociale», ha scritto il portavoce Mathias Mancin.
INQUINAMENTO IN CRESCITA
L’Italia, nel primo trimestre, ha registrato un aumento di emissioni di CO2 pari all’8 per cento. A metterlo nero su bianco è l’Enea nell’ultimo dossier sul sistema energetico italiano: «Si tratta di una variazione più che tripla di quella della domanda di energia primaria, dovuta all’aumento del consumo di fonti fossili (più 6,7 per cento), per di più concentrato su carbone e petrolio, più carbon intensive del gas naturale. La ripresa delle emissioni è riconducibile per circa il 40 per cento ai settori trasporti e civile, per la ripresa dei consumi di petrolio nei trasporti dopo i lockdown».
Il dato allarmante è un altro: mai come negli ultimi venti anni è cresciuta l’emissione di CO2 da produzione di energia, a causa della riattivazione a pieno regime delle centrali a carbone. Scrive l’Enea: «In controtendenza con il trend degli ultimi anni, nel primo trimestre hanno avuto un balzo le emissioni della “generazione elettrica”, per la quale si stima un incremento tendenziale delle emissioni di oltre il 25 per cento: la variazione tendenziale più marcata dell’ultimo ventennio. Anche nel caso delle emissioni l’aumento registrato in Italia nel primo trimestre 2022 è maggiore di quello dell’insieme dell’Eurozona, dove pure è in forte crescita il carbone».
Non sorprende quindi che proprio nella misurazione dell’indice di transizione energetica l’Italia abbia registrato un crollo: «La combinazione dei forti incrementi delle emissioni dell’ultimo anno (per di più in un contesto di obiettivi climatici sempre più ambiziosi) e di prezzi record di tutte le fonti di energia, ha determinato una nuova netta contrazione dell’indice della transizione energetica che nel trimestre si è ridotto del 29 per cento ed è arrivato a collocarsi sul minimo assoluto della serie storica».
Ma ci sono altri dati che dimostrano come il Paese stia correndo, ma in direzione opposta alla lotta al cambiamento climatico. Secondo l’Ispra, negli ultimi dieci anni si è registrata una continua crescita del consumo di suolo nel nostro Paese: le aree sottratte alla natura sono passate dal 6,9 per cento del 2012 al 7,13 per cento del 2022. Significa 50 mila ettari coperti da cemento in più. È come se in dieci anni fossero stati costruiti 71 mila campi da calcio.
GOVERNO LUMACA
In questo scenario gli ultimi due governi, il giallorosso di Conte e l’esecutivo attualmente in carica di Draghi, avevano promesso un cambio di passo verso la transizione energetica, soprattutto aumentando la produzione di energia da fonti rinnovabili, eolico e fotovoltaico su tutti. Grazie anche all’utilizzo delle risorse messe a disposizione dall’Europa all’interno del Piano nazionale di ripresa e resilienza, dove sono state previste per questa voce investimenti pari a 60 miliardi di euro.
Ma dai propositi, allo stato attuale dell’arte, la distanza è enorme. Ad esempio sulla reale capacità di produzioni installate nella nostra rete nazionale da eolico e fotovoltaico: il Gestore dei servizi energetici ad aprile ha messo a gara 3.500 megawatt, alla fine ne sono stati assegnati soltanto 440, poco più del 13 per cento.
Mancano le autorizzazioni alla realizzazione degli impianti. Ad oggi il ministero non ha definito le linee guida per l’individuazione delle aree idonee e mancano i regolamenti per realizzare parchi eolici off shore. Inoltre il ministero aveva promesso di individuare prioritariamente tra le aree idonee quelle industriali o ex industriali: in entrambi i casi occorre sbloccare e investire nelle bonifiche, e anche su questo fronte tutto è fermo.
Perfino in settori dove si può subito investire perché ci sono le risorse, come quello delle comunità energetiche, mancano i decreti attuativi: così a esempio per i piccoli Comuni restano congelati 2 miliardi di euro del Pnrr. In questo momento sono comunque fermi 200 parchi eolici e migliaia di impianti di fotovoltaico. Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani aveva stimato in 8 Gigawatt all’anno la produzione necessaria da rinnovabili, ne abbiamo installati poco più dello 0,8 nel 2021.