Pane al pane
«Sì, il governo Meloni ha tagliato la sanità. I numeri parlano chiaro»
L'esecutivo mette 3 miliardi ma, al netto dell’inflazione, la percentuale sul Pil è ai minimi storici
Il recente Documento Programmatico di Bilancio prevede, come parte delle “manovra” per la legge di bilancio per il 2024, un aumento di 3 miliardi per la sanità pubblica rispetto al quadro a legislazione invariata. È tanto? È poco? Facciamo il punto della situazione alla luce dell’evoluzione della spesa sanitaria pubblica in Italia nell’ultimo quarto di secolo.
Guardiamo prima di tutto al rapporto tra spesa per la sanità pubblica e Pil, un utile indicatore perché ci dice quanto delle risorse prodotte (il Pil) sono destinate alla sanità. Nel 2000 la spesa sanitaria pubblica era pari al 5,5% del Pil (questa è la spesa corrente su cui ci concentriamo in questa nota ed esclude gli investimenti, per esempio la costruzione di un ospedale). Proseguendo una tendenza nella crescita iniziata già negli anni ’60, il rapporto raggiunse il 6,6% nel 2006 per poi scendere nel 2007 (6,4%). Erano gli anni in cui in tutti i paesi avanzati la spesa sanitaria aumentava rapidamente anche per la disponibilità di nuove terapie, migliori ma anche più costose. Il rapporto raggiunse un picco del 7,1% nel 2009, ma in quell’anno il Pil scese per effetto della crisi economica globale. Senza questo calo il rapporto sarebbe risultato del 6,7%. Negli anni successivi il rapporto resta al 6,7% fino al 2014. Il taglio rispetto al Pil non c’è. Il problema è che l’Italia nel frattempo si è impoverita, ossia che il Pil, dopo il picco raggiunto nel 2007 non si è più rialzato per parecchi anni. I tagli nella spesa sanitaria negli anni dell’austerità ci sono e non sono irrilevanti: in termini di potere d’acquisto, cioè al netto dell’inflazione, il taglio tra il 2008 e il 2014 è dell’8,9%. Nello stesso periodo il Pil reale cala del 7,6%. L’austerità è dettata soprattutto dalla mancanza di risorse.
Poi, con la ripresa della crescita economica, anche la spesa sanitaria riprende a salire ma inizialmente meno rapidamente del Pil. Il rapporto scende dal 6,7% al 6,5% tra il 2014 e il 2016, e resta a questo livello fino al 2018. Arriva poi il governo Lega-Cinque Stelle che lo porta al 6,4% nel 2019. Poi arriva il Covid e la spesa pubblica accelera. Il rapporto, anche in questo caso, balza sopra al 7% nel 2020, anche per effetto del crollo del Pil. Ma la spesa al netto dell’inflazione cresce comunque rapidamente nel 2020-21, per poi ridimensionarsi nel 2022 passata l’emergenza.
Veniamo a quello che ha fatto questo governo. Nel 2023 la spesa aumenta da 131,1 miliardi a 134,7 miliardi. Nel 2024, con i 3 miliardi (da cui siamo partiti), aggiunti rispetto all’iniziale previsione di 133 miliardi, si arriva a 136 miliardi. Questi aumenti (di 3,6 miliardi nel 2023 e di 1,3 miliardi nel 2024, rispetto all’anno precedente, e di 3 miliardi rispetto all’iniziale previsione per il 2024) consentono al governo di sostenere di aver aumentato la spesa sanitaria nel biennio. In realtà, tenendo conto dell’inflazione, il potere d’acquisto di tale spesa è sceso del 2,8% nel 2023 ed è previsto scendere del’1,4% il prossimo anno, per un taglio complessivo del 4,2% nel biennio. Questo taglio è quasi la metà di quello realizzato tra il 2008 e il 2014, in un periodo però in cui il Pil era crollato. Il rapporto tra spesa e Pil tornerà nel 2024 al 6,4% il livello minimo raggiunto solo nel 2007 e nel 2014. Il taglio c’è ed è rilevante.