La trasmissione di Rai 2 ha ospitato la ragazza che ha subito violenze a Palermo «rappresentando un esempio inaccettabile di pornografia del dolore» denuncia una lettera aperta che scrittrici e intellettuali mandano al servizio pubblico. Che non è nuova a questo tipo di derive

Avanti Popolo ignora i doveri del Servizio pubblico: «Nel corso dell'intervista alla vittima dello stupro di Palermo, la conduttrice Nunzia De Girolamo non le risparmia di rivivere nei minimi dettagli il trauma subito. La trasmissione contrasta con le policy di genere approvate dal Cda». Così avevano scritto in una nota diffusa giovedì 2 novembre 2023 le Commissioni Pari Opportunità di Rai ed Usigrai commentando la puntata di Avanti Popolo andata in onda il 31 ottobre su Rai 3

 

Ho visto cose
Avanti Popolo di Nunzia De Girolamo è subito flop. (E quei 500mila spettatori sono anche troppi)
11-10-2023

 

Così si legge anche nella lettera aperta a Rai, che intellettuali, giornalisti, scrittori, operatori dell’informazione e dello spettacolo, rappresentati di associazioni, attivisti, hanno sottoscritto per sottolineare che «premesso che la ragazza, maggiorenne, ha scelto di accettare l’invito in trasmissione per parlare della sua storia, e che questo va rispettato poiché rientra nell’autodeterminazione, le modalità di intervista incalzante nei confronti della sopravvissuta e la conduzione adottate da De Girolamo rappresentino un esempio inaccettabile di pornografia del dolore».

 

Durante l’intervista, infatti, la conduttrice ha fatto in modo che la ragazza rivivesse gli abusi subiti. Chiedendole di raccontare dettagli della vicenda non necessari al fine della comprensione dell’accaduto. Facendole ascoltare le intercettazioni degli stupratori. Leggendole i commenti degli utenti sui social che pensavano fosse responsabile.

 

Tra gli oltre 250 firmatari anche la scrittrice Valentina Mira che lo scorso settembre, dopo essere stata invitata a partecipare alla trasmissione Filorosso, aveva raccontato come il servizio pubblico avesse cercato di far entrare anche lei «in uno stampino a forma di vittima» nonostante il suoi tentativi di evitarlo: «La coreografia prevedeva che io fossi seduta su una panchina rossa, perché se dall’altra parte ci sono i lupi era importante sottolineare che questa - io - doveva essere Cappuccetto Rosso. Sono stata presentata come “Valentina”. Solo Valentina. Nessun cognome. Nessuna identità. X», spiegava nell’articolo «Come non parlare di stupro in televisione», scritto subito dopo la sua esperienza di ospite nel programma andato in onda su Rai3.

L'intervento
«Come non parlare di stupro in televisione: la mia esperienza di ospite in un programma Rai»
08-09-2023

 

L’articolo di Mira aveva fatto scalpore. Aperto il dibattito. Sembrava avesse messo nero su bianco, con chiarezza, quali sono i comportamenti che i giornalisti non dovrebbero avere se vogliono fare buona informazione. Non spettacolarizzare, vittimizzare, usare uno stupro per fare share. Invece, «ancora una volta, su una rete del servizio pubblico la violenza di genere è stata declinata a tema da salotto e opinione, ignorando le policy di genere approvate dal CdA Rai, le linee guida del Manifesto di Venezia e del contratto giornalistico, nonché  le voci di associazioni, movimenti e sopravvissute», si legge nel testo della lettera aperta oggi inviata alla presidente della Rai Marinella Soldi e a tutto il Consiglio d’amministrazione: «Vogliamo altresì affermare con forza che tale incompetenza nella trattazione del tema, come qualsiasi spettacolarizzazione della violenza di genere, sono tanto più inaccettabili, soprattutto se a perpetrarle è il servizio pubblico radiofonico e televisivo nazionale».

 

«Chiediamo pertanto - si legge nella conclusione della lettera - che i vertici dell’azienda,  in vista del 25 Novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, prendano posizione sull’accaduto e si assumano la responsabilità di una gestione dell’informazione e del servizio pubblico adeguata al ruolo informativo, culturale e sociale della RAI. Esigiamo altresì che il tema della violenza di genere sia trattato con competenza e deontologia, garantendo alle vittime il rispetto e la dignità indispensabili».