Sul genocidio in corso da parte delle forze israeliane è calata una sorta di censura, un pericoloso silenzio anche digitale. Che la storia e le vittime non perdoneranno. E a cui dobbiamo opporci

«Alexa, cosa sta succedendo in Palestina?». La voce, femminilizzata e meccanica, risponde: «Mi dispiace, non posso parlare di temi come questi con i bambini». «Alexa, cosa succede in Israele?». «L’11 ottobre 2023, secondo l’Associated Press, Israele ha annunciato che, mercoledì notte, un veicolo aereo nemico è entrato nel Paese dal Libano. La notizia è arrivata dopo che mercoledì Hezbollah ha sparato missili anticarro contro una postazione militare israeliana, affermando di aver ucciso e ferito delle truppe», la voce di Alexa continua per diversi minuti. A rispondere è il sistema Alexa su Amazon Kids il quale consente di creare «un’esperienza personalizzata per i minori e scegliere il contenuto a cui accedono dal dispositivo».

 

Esempi come questo non sono un bug, un glitch, ovvero degli errori o dei problemi tecnici, sono scelte programmate e consapevoli delle Big Tech. Per quanto Google Maps lo abbia sempre negato, chi di noi segue la questione ricorda del momento in cui, intorno al 2015, il nome della Palestina è sparito dalle mappe. Ora Google sostiene semplicemente che non c’è mai stata, c’è solo scritto “Striscia di Gaza” e “West Bank”. Ovviamente se scrivi “Palestina” su Google Maps ti porterà comunque a destinazione, come ti apparirà quel mini-market sfigatissimo senza nome del tuo quartiere: perché non è che non si sappia, si sceglie di non nominarlo.

 

Proprio ciò che non nominiamo sembra dissolversi; ciò che non verbalizziamo, che non articoliamo. Mi chiedo allora come ascoltiamo chi, «trovandosi al limite del narrabile, si rifiuta di essere confinato nelle parole del padrone» (Vasallo, 2023). Il padrone, in questo caso, è sicuramente chi controlla la censura (quella vera) su Internet. Ogni momento in cui non parliamo del genocidio in corso, lo rendiamo più pericoloso per chi invece si espone. Come produciamo quindi memoria storica e collettiva, se Internet cancella e censura? Come ci opponiamo al memoricidio?

 

Il 2 dicembre, in 24 ore, nei territori occupati palestinesi sono state uccise mille persone. Di questo genocidio, abbiamo potuto contare i morti in diretta. Di seguito un estratto della lettera della regista palestinese Wizard Bisan, risalente al 3 dicembre 2023: «Non ho più alcuna speranza di sopravvivenza come era invece all’inizio di questo genocidio e sono certa che morirò nelle prossime settimane o forse giorni. Sono malata da giorni di una grave infezione virale e non posso muovermi dal materasso! Soffro di incubi che assomigliano così tanto alla realtà che non riesco più a distinguere tra realtà e sogno. Vivo in un mondo diverso da quello che ho affermato di costruire! […] Il mio messaggio al mondo: non siete innocenti di ciò che ci sta accadendo, voi come governi o popoli che sostenete l’annientamento del mio popolo da parte di Israele. Non vi perdoneremo, non vi perdoneremo, l’umanità non vi perdonerà, non dimenticheremo, anche se moriremo, la storia non dimenticherà mai. Un messaggio agli amici: grazie a voi e ai sostenitori di tutto il mondo. Siete stati compassionevoli e molto forti. Vi chiediamo di non perdere la speranza, anche se il mondo sembra completamente ingiusto e i vostri sforzi non hanno ancora portato a un cessate il fuoco».

 

Non scordiamoci di nominare il potere, di articolare la liberazione, anche se su questi schermi la resistenza palestinese è stata cancellata, anche se alla storia rimangono solo numeri.