Gli attacchi ai giudici, le esternazioni fuori controllo, il caso del generale scrittore gestito male, la tensione con le Forze armate. E quella volta che disertò la festa dell'Esercito. Il ministro si muove in maniera scoordinata nel suo delicato dicastero

Adesso che la polemica su Roberto Vannacci è tornata a turbinare per via della nomina del generale a capo di stato maggiore delle forze operative terrestri, più di uno nei corridoi del ministero della Difesa – domandandosi se non era meglio, allora, lasciarlo all’istituto geografico a Firenze – ricorda che con alcune forze armate il ministro Guido Crosetto non ha un rapporto particolarmente felice. Anzitutto con l’esercito, appunto. Anche prima del caso del generale che si fece bestseller (e che ora per questo ha sul capo un’inchiesta disciplinare). Come sa bene chi ha assistito alla Festa del 4 maggio, in piazza del Popolo a Roma, per il 162esimo anniversario dalla nascita della forza armata.

 

Per l’occasione si erano scomodati tutti: almeno quattro ex ministri della Difesa, l’arcivescovo, i generali, i tenenti colonnelli, le medaglie al valore, i rappresentanti della politica, le madrine della bandiera di guerra, militari in servizio e in quiescenza, le associazioni professionali, i labari, gli studenti, gli insegnanti, le famiglie. Il ministro Crosetto no. «Saluto e ringrazio per la loro presenza i sottosegretari Isabella Rauti e Matteo Perego di Cremnago», elencava il capo di stato maggiore dell’esercito Pietro Serino, mostrando al microfono un’invidiabile capacità di sottotesto: «A loro chiedo di estendere i sentimenti di riconoscenza mia e di tutti gli uomini e donne delle forze armate al ministro della Difesa Guido Crosetto. La sua vicinanza ci è ben nota, ed è testimoniata nelle decisioni che assume ogni giorno, ieri, come oggi, come domani». Parole che suonavano irresistibilmente comiche, dato che le chiacchiere di corridoio di “radio difesa” dicono che quel giorno il ministro, assente, fosse persino a Roma, ma indispettito dal mancato invito alla cerimonia di Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato e suo amico: malignità che si riportano perché testimoniano quale grado di serenità avvolga i rapporti e le circostanze di quell’assenza, del resto in sé insolita e grave.

 

Un’assenza tanto fuori dagli schemi che persino all’Ansa non risulta: ben due lanci d’agenzia riportano infatti le parole di Crosetto in occasione dell’anniversario, specificando che il ministro «partecipa alle celebrazioni dove si svolge la cerimonia militare in piazza del Popolo a Roma». Ecco, magari partecipava in spiritu. Oppure era confuso tra la folla, in incognito: sul palco delle autorità non c’era. Era stato invece in quella piazza a fine marzo, quando si era trattato di portare, per la festa dei cent’anni dell’Aeronautica, la premier Giorgia Meloni a salire ai comandi di un F35, salutata da un tappeto di bambini sventolanti piccoli tricolore, modello balilla o Perón.

 

Per la festa dell’Esercito, invece, al posto di Crosetto c’era proprio Ignazio La Russa, presidente del Senato ma quasi redivivo ministro, gioiosissimo per l’occasione di parlare perché mai la seconda carica dello Stato parla, in una cerimonia del genere: «Questa cosa mi riempie di emozione, anche perché so cosa sia veramente l’occasione in cui si festeggia l’esercito». Lo sa veramente, lui. Patriota, commilitone, ministro: quel giorno La Russa ha anche conferito tre onorificenze. E certo non è il migliore amico del ministro, anzi: i rapporti fra i due non hanno mai brillato per calore. Almeno sin dagli inizi di Fratelli d’Italia, creatura della quale sono cofondatori, le zuffe non sono mai finite: troppo diverse le impostazioni, così come le provenienze.

 

In quei giorni di maggio Crosetto era alle prese coi postumi del concertone di piazza San Giovanni, dove era stato attaccato dal fisico Carlo Rovelli che aveva criticato i «piazzisti di armi», e soprattutto era alle prese con l’intricata partita di nomine che lo vedeva, per la guida delle Fiamme gialle, alleato del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti nel tentativo poi fallito di far fuori Andrea de Gennaro, sponsorizzato da Alfredo Mantovano (e da Meloni stessa) su consiglio anche di Luciano Violante. Quasi nulla ancora di pubblico era accaduto, nessuna delle uscite che, dall’estate ad oggi, fino al riaccendersi del caso Vannacci, hanno portato il ministro in prima pagina, secondo una parabola di attacco a penne spiegate e retromarcia mesta che, come dinamica, resta identica pur nel mutare dell’argomento e dell’oggetto.

 

Già lì chi l’aveva visto all’opera, in precedenza, alla Difesa non nascondeva la delusione nei confronti di quello che, pur essendo stato un eccellente sottosegretario, si rivelava a sorpresa per certi versi «unfit» come ministro. Anzitutto per una tendenza quasi compulsiva a intervenire in continuazione, alla Carlo Calenda, rompendo una consuetudine e una ratio che vuole il ministro della Difesa silente e dolente portatore di affari complessi e pesanti. Ma zitto e muto, appunto. Crosetto invece ha cominciato la sua attività a fine 2022 dando della «massaia» alla presidente della Bce Cristine Lagarde, definita anche «miglior alleata della Russia», in un affastellarsi di critiche che hanno bordeggiato l’incidente diplomatico. Resosi conto di essere ormai ministro, per di più della Difesa e non del Mef, Crosetto ha quasi smesso con l’economia, ma ogni tanto si dedica alla giustizia.

 

Roberto Vannacci

 

In ultimo, con l’intervista al Corriere della Sera in cui ha evocato un complotto dei magistrati, «un’opposizione di tipo giudiziario che possa destabilizzare», accendendo così una miccia che nessun annacquamento successivo ha avuto il potere di spegnere del tutto. Del resto, l’attacco ai magistrati da parte di Crosetto è arrivato alla vigilia di un’altra stranezza: il giorno dopo l’intervista, nel pre-Consiglio dei ministri, un moderato come il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano ha avanzato la proposta di test «di verifica» per le toghe, nel momento in cui si parlava delle pagelle sull’operato dei magistrati contenute nel decreto legislativo della riforma Cartabia presentato dal guardasigilli Carlo Nordio. La somma non ha fatto il totale, nel senso che essendo alta la polemica governo-magistrati, Meloni ha preferito soprassedere su ulteriori misure legislative che potessero essere lette come un attacco alle toghe.

 

Resta però il sospetto che nel parlare Crosetto abbia voluto saltare sull’ondata anti-giudici che si è alzata nel governo dacché ha scoperto che i suoi provvedimenti possono rivelarsi inapplicabili nella realtà, come è accaduto più volte con il decreto cosiddetto Cutro, disapplicato dai giudici perché valutato in contrasto (fra l’altro) con la normativa europea. Ecco così che, in servizio permanente per la causa, Crosetto è intervenuto a evocare complotti. Un eccesso di parole che continua anche nel caso Vannacci, un affaire mediatico cui il ministro ha contribuito non poco, prima facendo intendere di volergli togliere le stellette, poi ricevendolo da solo e senza divisa (il generale è sotto inchiesta anche per questo), prima incoraggiando l’Esercito a prendere provvedimenti e poi affermando che lui non avrebbe preso provvedimenti, fino all’ultima designazione alla quale ha dedicato varie precisazioni, via social, di domenica.

 

Un’onnipresenza mediatica che non fa pendant con la presenza quotidiana nella gestione delle forze armate e del personale, né con una sua proiezione internazionale: ha definito inutile la presenza in Libano, ma ha aumentato il numero dei militari dedicati all’operazione Strade sicure (ormai sono oltre 4,8 mila, contro i 4,2 mila impegnati in missioni all’estero). La sua fortuna è che continua a stare simpatico a tutti.