Quando Fedez debuttò nel 2011 con il suo primo album autoprodotto “Penisola che non c'è”, Galeazzo Bignami era consigliere comunale di Bologna e protestava già contro la “Frocessione” (manifestazione organizzata dagli studenti di Bologna insieme alle associazioni Lgbt contro il consumismo natalizio).
Militante politico fin da adolescente, nato nel 1975 a Bologna, è stato consigliere comunale, consigliere regionale e quindi deputato, prima con Forza Italia e poi con Fratelli d’Italia. Avvocato, figlio di Marcello Bignami, punto di riferimento della destra bolognese e componente della segreteria nazionale del Movimento sociale italiano (e lui stesso con trascorsi di militanza nel partito di Almirante e poi in Alleanza nazionale). Nel 2015 dichiara guerra al Cassero di Bologna, casa madre che da 40 anni accoglie le persone Lgbt. Bollandolo come "volgare e disgustoso”. Presenta un esposto alla Procura contro il centro "che continua a usare spazi e soldi pubblici per iniziative volgari che offendono l'intelligenza e il decoro di chiunque abbia un minimo di senso di decenza".
Posizioni, agli atti, antiabortiste: nel 2016 da consigliere regionale in quota Forza Italia, Bignami presenta una risoluzione per chiedere di riformare il sistema dei consultori e di operare per ridurre le interruzioni volontarie di gravidanza. Un anno sotto i riflettori questo: si schierò a favore delle barricate di Gorino contro dodici donne e otto bambini migranti. Barricate di «buonsenso», commentò.
Precursore della più nota crociata contro il cartone Peppa Pig, rilanciata nel 2022 dal collega di partito Federico Mollicone. Nel 2017 chiede da consigliere regionale la cancellazione della serie "A casa dei Loud” con un’interrogazione alla giunta invitata a sollecitare il ministero competente affinché serie tv di questo tipo non siano trasmesse su canali facilmente accessibili. Il cartone animato ha fra i personaggi Clyde, bimbo che vive con due papà. «All’interno della serie - spiega Bignami - pare sia stato rivelato che una delle sorelline di Lincoln è bisessuale». Un pericolo per «modelli che necessitano di una valutazione più ampia sia a livello pedagogico che educativo».
Nel 2017 sostiene l’iniziativa del Family Day di schedare tutte le scuole di Bologna, bollata ciascuna con stigma rosso, giallo o verde a seconda del tasso di “ideologia gender” contenuta nei suoi programmi scolastici, cioè dei corsi contro l'omofobia e il bullismo.
Nel 2018 è senatore per Forza Italia e da Roma continua la sua crociata contro il Cassero di Bologna, nel mirino il Gender Bender Festival. Capofila di un progetto europeo finanziato con oltre un milione e 200 mila euro, è una giostra di eventi spettacolari, legati alla danza e alle arti performative che da due decenni indagano le questioni di genere e di identità. Per l’importanza dei temi e la qualità delle proposte ha il sostegno del Comune di Bologna, della Regione Emilia-Romagna e del Mibact. Per Bignami «si muove sui soliti temi cari a questo tipo di propaganda: smontare la sessualità maschile e femminile, irridere la religione ed esaltare le forme di dominio e di sottomissione gay».
Un parlamentare molto attento al territorio, nel 2019 attacca i Pride di Rimini, Modena e Bologna: «Nessuno mette in discussione la libertà di vivere la propria sessualità, tantomeno il doveroso contrasto alle discriminazioni e alle violenze di genere. Ma i gay pride finiscono, sistematicamente, per rivelarsi manifestazioni di mera ostentazione della propria sessualità, spesso di cattivo gusto». E a distanza di pochi mesi il neo-viceministro finisce sulle cronache a causa di un video che imbarazzerà non poco la leader Giorgia Meloni. À immortalato per il quartiere Bolognina di Bologna mentre legge ad alta voce i nomi degli inquilini delle case Acer (“costruite dai nostri padri e dai nostri nonni”). Tutti cognomi stranieri segno, dunque, che la “sostituzione etnica” era già avvenuta. «Ci diranno che stiamo violando la privacy» dice nel video Bignami, «ma non ce ne frega assolutamente niente. Se è un alloggio popolare, c’è il tuo nome sul campanello, bisogna anche che ti metta nell’ottica che comunque qualcuno vada a vedere».
Prima di applaudire insieme ai colleghi di partito dopo l'affossamento del ddl Zan, resta agli atti il suo intervento più duro contro la legge che voleva contrastare l’omotransfobia: «Cercate di trasformare queste mascherine in bavaglio. L’affermazione secondo cui la famiglia è tra uomo e una donna diventerebbe reato, La rivoluzione non è salire su un carro in perizoma ma unirsi in matrimonio tra uomo e donna». In soffitta la mimetica nazista, oggi indossa quella di vice ministro alle Infrastrutture. Ma quell’immagine (saltata fuori nel 2016, risale del 2005) si sa, era una “goliardia” per il suo addio al celibato. Il resto della sua attività politica, no.