«Mia non risolve i problemi del Reddito di Cittadinanza. Anzi, per alcuni versi li accentua», dice Massimo Baldini, professore di Politica Economica al Dipartimento di Economia dell'Università di Modena e Reggio Emilia, esperto di politiche economiche di contrasto della povertà. «E farà anche un sacco di danni», aggiunge Cristiano Gori, docente di Politica Sociale all'Università di Trento.
I due professori, che insieme hanno contribuito a realizzare il rapporto Caritas sul Reddito di Cittadinanza, criticandolo su molti fronti, perché in molti casi il Rdc non finisce nelle tasche di chi davvero è povero, e offrendo suggerimenti per modificarlo, dialogano con l'Espresso a proposito della riforma che il governo Meloni, tramite la ministra Marina Elvira Calderone, intende mettere a terra entro settembre.
Professor Gori, perché teme che Mia farà un sacco di danni?
«La cosa più grave scritta in quella bozza di riforma è la scelta di continuare a definire gli occupabili in base alla composizione famigliare: questo è fatale e, a cascata farà un sacco di danni. Se gli occupabili sono coloro che non hanno un figlio minorenne o altri carichi famigliari (un disabile o un ultrasessantenne a carico), vuol dire che si definiscono occupabili persone che non lo sono neanche lontanamente e che, magari, hanno condizioni economiche, sociali e famigliari di grande complessità e gravità: ridurre loro la misura di sostegno al reddito significa buttarle in mezzo alla strada. Quindi, così facendo, si stanno costruendo le basi per il fallimento di questa potenziale riforma del Reddito di Cittadinanza tanto attesa. Perché, se da un lato il governo sostiene di voler migliorare l'inserimento lavorativo, dall'altro sbaglia a individuare le persone che possono davvero entrarci, nel mondo del lavoro».
Professor Baldini, secondo lei qual è il punto più critico della riforma?
«Un dato preoccupante, nonché una rivoluzione in tutti i sensi, è l'eliminazione di qualsiasi riferimento al contributo per l'affitto. Nel reddito di cittadinanza c'era una voce di 280 euro garantita a chi aveva un affitto da pagare. Nella bozza di Mia è stata eliminata questa voce e la gran parte della riduzione dell'entità economica del valore complessivo del sussidio è dovuta proprio a questa mancanza. Poi, ho letto che il governo intende valutare soluzioni alternative, forse c'è l'intenzione di modularla in base al numero di componenti, ma intanto l'unica certezza è che nella bozza è sparito il riferimento all'affitto. Ed è grave, perché questo stesso governo ha anche fatto saltare il Fondo nazionale per gli affitti, che serviva a evitare gli sfratti».
Professor Gori, cosa ne pensa della riduzione del contributo economico?
«In questo momento non mi preoccuperei molto della restrizione del contributo economico perché, se è vero che nella bozza c'è un abbassamento delle soglie d'accesso e degli importi complessivi, è ancora troppo presto per valutare. Il Mef non ha ricevuto alcun documento e quindi non ci sono gli estremi per discuterne».
Professor Baldini, rispetto alle critiche che, insieme a Caritas, aveva mosso a proposito del Reddito di Cittadinanza, Mia ne ha accolte alcune?
«Cambia il vincolo degli anni di residenza da trascorrere in Italia per avere diritto al sostegno, che passa da 10 a cinque. Ma questa non è una modifica fatta per favorire gli extracomunitari residenti in Italia, bensì un accoglimento delle richieste della Commissione Europea che ha aperto una procedura di infrazione contro di noi, ritenendo che il requisito italiano dei 10 anni di residenza, necessario per accedere al Reddito di Cittadinanza, non fosse in linea con il diritto dell'Unione Europea alla libera circolazione dei lavoratori».
C'è altro?
«Direi di no. Al contrario, gran parte delle nostre osservazioni e di quelle presentate dalla Commissione Saraceno, che era stata chiesta dal governo Draghi per migliorare il Rdc, non sono state accolte».
Professor Baldini, quali sono nel dettaglio le misure che, a suo avviso, vanno in una direzione opposta rispetto al miglioramento del sussidio?
«La riduzione della soglia Isee, che passa dagli attuali 9.360 euro a 7.200 euro, danneggia soprattutto le famiglie del Nord, che generalmente hanno redditi più alti, ma scontano un maggior costo della vita rispetto al Sud Italia. Se già in passato c'erano pochi cittadini del Nord ad avere i requisiti per accedere al Rdc, nonostante vivessero effettivamente in povertà, ora questa riduzione del requisito Isee, ne ridurrà ulteriormente la platea. La misura non tiene conto del fatto che vivere al Nord costa di più ed è quindi necessario un maggiore contributo per evitare di finire in povertà».
Insomma, al Nord è vietato essere poveri. Altre osservazioni?
«Il difetto più importante del Rdc, evidenziato dalla Commissione Saraceno, e su cui Mia ha fatto troppo poco, è la fortissima penalizzazione per i beneficiari che provano a lavorare, una “tassa occulta” al cento per cento che si chiama aliquota marginale effettiva. Mi spiego meglio, se un percettore di Rdc inizia a lavorare, il sussidio si riduce di un ammontare pari al salario percepito: per ogni euro guadagnato lavorando, se ne perde uno di sussidio. Ora, la novità introdotta nella Mia è che se un componente del nucleo famigliare inizia a lavorare, il sussidio non verrà modificato entro una soglia di tremila euro di nuovo reddito da lavoro. Tuttavia, scaduto l'anno in corso, questo sconto scompare con la presentazione dell'Isee per l'anno successivo. Quindi, continua a mancare una politica di “in work benefit”, che incentivi i percettori di reddito a trovare (e mantenere) un lavoro».
Professor Baldini, veniamo al contributo economico. È davvero una batosta per i poveri?
«Per chi ha figli minorenni in realtà cambia poco e, in alcuni casi, la situazione potrebbe anche migliorare. Prendiamo il caso di una famiglia con due figli. Attualmente, in media, con il reddito di cittadinanza sommato all’Assegno Unico, il nucleo famigliare percepisce in media 1.130 euro. Con l'introduzione di Mia, e grazie all'assegno unico per i figli, a quella stessa famiglia andranno 1.230 euro. Il problema vero è per chi vive solo (o in coppia) e ha meno di sessant'anni: nel primo caso il contributo è di 325 euro, nel secondo di 650 euro. Questa riduzione dell'intervento toccherà i due terzi dei percettori di Reddito di Cittadinanza, che da settembre si ritroveranno con un forte taglio del contributo che, a distanza di un anno, sarà sospeso per un mese, poi riattivato per altri sei mesi e successivamente sospeso per un anno e mezzo. Quest'ultimo punto potrebbe essere davvero uno shock per chi vive in povertà e fatica a trovare un'occupazione. Più in generale non c'è un'ammissione di carenza di politiche attive del lavoro, come se la bassa occupazione e la scarsità di strumenti per l’attivazione al lavoro fosse un problema dei poveri, che devono risolvere da soli».