Informazione e conoscenza non possono essere in mano a pochi colossi economici. Come dimostra il caso dei vaccini. Cinque proposte per la democrazia del sapere

Liberare la conoscenza dalle gabbie in cui viene racchiusa. Questo il messaggio che il Forum Disuguaglianze Diversità lancia con il suo breve, denso e operativo Manifesto. Perché qui sta una causa prima delle disuguaglianze e dell’ingiustizia sociale e ambientale di cui non riusciamo a disfarci. Qui devono concentrarsi le proposte di cambiamento.

 

Montagne crescenti di dati, informazioni, conoscenza che, anche grazie alla tecnologia digitale, potremmo usare per prendere decisioni migliori e più giuste attraverso il confronto democratico, sono invece controllate da pochi nel loro interesse. Ingabbiare la conoscenza blocca l’innovazione e la crescita della produttività e colpisce le imprese. Crea monopoli, al punto in cui i vaccini che tutti noi abbiamo concorso a ricercare e produrre rischiando risorse - sappiamo ora di aver rischiato, noi cittadini europei e statunitensi, il doppio delle imprese produttrici - ci vengono venduti in alcuni casi a un prezzo che è fino a 10 volte superiore al costo. Dà vita, attraverso la perversa connessione fra scienza, proprietà intellettuale e segreti militari, a un nuovo pericoloso complesso militare-industriale, per citare Eisenhower, foriero di guerre. Altera le nostre preferenze di consumo e di voto, profilandoci e narrando a ognuno di noi una diversa favola. Offre, con un cattivo uso degli algoritmi di apprendimento automatico, un velo di oggettività ad assunzioni o decisioni di credito o assicurative che sono discriminatorie. Conduce ad automatizzare le funzioni produttive che risparmiano lavoro costoso, non quelle che risparmiano lavoro pericoloso o cattivo, che anzi cresce. Ingabbiare la conoscenza deprime lo sviluppo, accresce le disuguaglianze, restringe la democrazia e le opzioni di pace.

 

Eppure nulla di tutto ciò è inevitabile. La stessa tecnologia digitale può essere usata per facilitare a tutti noi l’accesso ai dati, consentirne un uso critico e collettivo nelle decisioni, innalzare qualità e precisione del pubblico dibattito, permettere a milioni di imprenditori di applicare la propria creatività per sviluppare percorsi innovativi, porre le basi di una cooperazione internazionale che tuteli le filiere del valore senza rischio di guerre. Se non succede è perché negli ultimi trenta anni è stata intenzionalmente imboccata la strada opposta.

 

Sottomettendo con l’accordo Trips-Wto il principio della scienza aperta a quello della tutela dei brevetti, assurta a diritto di proprietà intellettuale. Trascurando il controllo democratico della transizione digitale e non investendo nella formazione critica del suo uso. Scegliendo (in Italia) come unico metro dell’impatto sociale delle Università la capacità di trarre ricavi monetari dalla privatizzazione della conoscenza. Abbandonando ogni politica industriale e realizzando politiche pubbliche che sistematicamente trascurano la conoscenza incorporata nei luoghi e il suo dialogo con le innovazioni globali.

 

Noi ForumDD abbiamo da subito messo questo tema al centro della diagnosi delle disuguaglianze. Alcune di queste proposte hanno camminato fin dentro le istituzioni, altre non siamo riusciti a farle pesare, ma sempre esse hanno conosciuto la prova del pubblico dibattito e sono così potute migliorare e diventare più forti. Ora, con il Manifesto, ne rilanciamo cinque che, come scriviamo, hanno come comune obiettivo: «Orientare la transizione digitale e tecnologica in senso democratico, cioè verso modalità di organizzazione, accesso e utilizzo dei dati e della conoscenza che consentano a individui e organizzazioni di perseguire le proprie aspirazioni, di confrontarsi in modo informato e di esprimere la propria capacità creativa, imprenditoriale e solidale». Su queste proposte nei prossimi mesi vogliamo chiamare a un rinnovato impegno tutte le persone e le reti disponibili. Eccole:

 

Primo, nell’ambito di un rilancio della cooperazione internazionale che governi i processi di accorciamento e riavvicinamento delle catene del valore riducendo i rischi di guerra, proponiamo una revisione dell’accordo Trips che ridia priorità al principio della conoscenza bene comune universale.

 

Secondo, proponiamo che l’Ue dia vita a Biomed Europa, un’infrastruttura pubblica per la ricerca e lo sviluppo di vaccini e farmaci anti-virali e per le malattie rare, perché mai più si debba affrontare una pandemia così disarmati.

 

Terzo, proponiamo di avviare davvero una “politica industriale” - la fanno da sempre, a modo loro, Usa e Germania - che sia imperniata sulle nostre imprese pubbliche, sul ricorso a condizionalità nei trasferimenti alle imprese e sulla formazione, per valorizzare le nostre accertate potenzialità nelle tecnologie verdi e colmare le lacune in filiere decisive legate alla decarbonizzazione (dalle energie rinnovabili alla mobilità elettrica).

 

Quarto, proponiamo di realizzare infrastrutture per la restituzione di dati alle comunità, alimentando una svolta verso politiche pubbliche sensibili alle persone nei luoghi, indispensabili per contrastare la “geografia della marginalizzazione” che colpisce moltissimi territori.

 

Quinto, proponiamo di procedere sulla strada intrapresa di un pieno riconoscimento del ruolo sociale di università e ricerca, produttori e serbatoi di conoscenza aperta, che dia loro forza come motori di giustizia sociale e ambientale. Siamo davvero grati a queste pagine per essere con noi in un simile percorso e per soffermarsi sulle singole proposte.