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Opinioni
aprile, 2023

«Liberiamoci di quest’economia guerrafondaia»

L’attuale modello di sviluppo è insostenibile. Se vogliamo la pace, serve giustizia sociale e ambientale

La terza guerra mondiale a pezzi è cominciata da tempo. Papa Francesco, nel suo intervento su L’Espresso, denuncia i troppi focolai di violenza sparsi per il mondo, non solo nella martoriata Ucraina. Francesco va dritto al nocciolo della questione: solo fermando la corsa agli armamenti potremo scongiurare l’autodistruzione dell’umanità. La pace dev’essere la priorità di tutti e tutte, se vogliamo sopravvivere e prosperare su questo pianeta. Ma sino a quando cresceranno disuguaglianze, miseria ed esclusione sociale, sino a quando a troppi verrà negato il diritto a una vita dignitosa, alla casa, al lavoro, all’istruzione, alla salute, le guerre saranno l’unica prospettiva. Per questo la pace richiede impegno, collaborazione, pazienza e soprattutto cambiamento.

 

L’antidoto alle guerre sono i diritti. Riconoscere dignità a tutti i membri della famiglia umana è fondamentale per garantire libertà e giustizia. Sono queste le condizioni che determinano la pace. Perché c’è un legame indissolubile tra i diritti umani, la giustizia sociale e ambientale e la pace. Se la vogliamo, dobbiamo costruire un’economia che persegua questi obiettivi come priorità. Perché il cuore del problema è l’attuale modello di sviluppo: insostenibile socialmente e ambientalmente.

 

Le guerre non sottraggono solo risorse per combattere la fame e la sete, come denuncia Francesco, ma sono tra i principali fattori che determinano l’aumento della CO2 in atmosfera e la perdita di biodiversità. Le guerre generano squilibri ambientali che negli ultimi decenni si sono tradotti in aumento delle disuguaglianze e migrazioni forzate. L’emergenza energetica innescata dalla guerra in Ucraina induce molti Paesi a potenziare l’uso di fonti climalteranti come il carbone. Ma investire sui fossili porta inevitabilmente a maggiori ingiustizie e ad altri conflitti. Dobbiamo cambiare strada o sarà tardi, come denunciano le previsioni degli esperti sul collasso climatico.

 

Dopo 70 anni, noi europei ci siamo accorti che la pace non è un diritto acquisito. In questo nuovo scenario globale è in gioco il nostro diritto alla vita e non possiamo più dare deleghe per la pace a chi sta portando l’umanità sull’orlo del precipizio. Dobbiamo combattere l’indifferenza e la rassegnazione, a partire da noi. Siamo chiamati a impegnarci per una nuova liberazione. Da un’economia e da una cultura fondate su individualismo, competizione e patriarcato, prive di qualsiasi concetto di limite, sganciate dalla realtà. Non riconoscere la profonda relazione fra tutte le entità della vita ha condotto a questa crisi di civiltà. Il disarmo integrale di cui parla Francesco ha bisogno di un pensiero capace di adattarsi al nostro tempo, riconciliando finalmente economia, società e ambiente. Un pensiero che riconosca come la vita sia una rete di singole vite interconnesse.

 

Dalla condizione di guerra permanente si esce, quindi, con scelte precise e coerenti: promuovendo giustizia sociale e ambientale, riconoscendo diritti alla natura, riconvertendo le attività produttive e la filiera energetica per creare posti di lavoro, mitigando gli effetti dei cambiamenti climatici. Il sistema economico capitalista va, invece, nella direzione opposta ed è oggi la più grave minaccia per l’umanità. Ce ne dobbiamo liberare o il nostro futuro sarà segnato. È il compito a cui le nostre società e la nostra cultura sono chiamate, per trasformare le angosce in speranza. Facciamo Eco.

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