Cantano “Bella ciao” le soldatesse ucraine al fronte tra i colpi di mortaio e le raffiche di mitra, la cantano le combattenti curde contro cui Erdogan schiera le truppe. Questo canto delle mondine italiane però, preso a simbolo dalla Resistenza antifascista, resta nel nostro paese un pericoloso “indottrinamento”, “un inno della sinistra”. A deciderlo Silvia Sardone, europarlamentare e commissario cittadino del Carroccio, e Vanessa Ragazzoni, consigliere municipale leghista in Zona 2, che in una nota lanciano l’allarme: «Apprendiamo che nella scuola media di via Adriano, in occasione dei festeggiamenti per la fine dell'anno, sarà suonata e cantata dai bambini di una classe 'Bella ciao'. Non è la prima volta che a Milano, ma anche in altre parti d'Italia, la politica si fa largo tra i banchi degli istituti. Guarda caso con un orientamento sempre di sinistra. Chiediamo un pronto intervento del Comune di Milano per fermare questa propaganda, specie perché si tratta di bambini delle scuole elementari».
Una presa di posizione che entra in sintonia con lo spirito del tempo: era stata proprio l’attuale premier Giorgia Meloni a bollare come «scandaloso» l’iniziativa dei commissari del gruppo dell'Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D) di cantare "Bella Ciao", nel 2019, al Parlamento europeo dopo aver ottenuto il via libera dell'assemblea.
Eppure la nota della Lega contro degli studenti di prima media, stona. Oltre a essere intrecciata con la storia italiana, la scelta di intonare “Bella Ciao” a fine anno viene presa nella scuola media intitolata a Adele Delponte, maestra partigiana. Una decisione che arriva alla fine di un percorso degli studenti di prima media che dopo un anno passato a ricercare, studiare e imparare la storia della maestra partigiana, hanno scelto a fine anno di cantare la canzone simbolo della liberazione italiana.
Il duo leghista però non è convinto e procede a spallate: «L’indottrinamento dei più piccoli, in aula, non è mai la scelta migliore: su certi temi le singole famiglie non possono essere scavalcate. Ingerenze politiche negli istituti non sono ammissibili».
Un canto partigiano dovrebbe far parte, almeno in teoria, del tessuto connettivo repubblicano e nazionale (come accade in Francia), ma con il Governo della fiamma in carica, questo tessuto è stato bruciato dall'egemonia culturale di destra. A rispondere, sulle pagine de La Stampa, la preside Antonella Caleffi: «Non ci vuole essere nulla di fazioso o di parte, non c'è un substrato politico: il brano viene fatto cantare perché legato alla mostra in corso sulla figura della partigiana Delponte a cui è stato da poco intitolato l'istituto comprensivo impedire agli alunni di cantarla sarebbe fare politica».