Personaggi
Claudio Ranieri, il lord del calcio, ci ha regalato un’altra pagina di storia col suo Cagliari
La squadra presa al 13esimo posto e portata in serie A. Le lacrime a fine partita. I cori “contro” gli avversari stoppati. Epopea di un terzino “cattivo” diventato il mister amato dai tifosi di tutto il mondo
È proprio vero, si nasce incendiari e si muore pompieri. Si comincia da terzino cattivo del Catanzaro piantando i tacchetti negli stinchi di Pruzzo e Bettega, Anastasi e Savoldi nei lontani anni 70 quando certo non ti scopriva il Var andando a rivedere il fallaccio, e si finisce da tenero lord, affettuoso orsacchiotto in panchina. Anziano allenatore che non si trattiene, piange, cede alla commozione e si lascia trascinare da quella grande onda emozionale che è il calcio.
Il Cagliari è tornato in Serie A e tutta la città è scesa in piazza urlando il suo nome. Claudio Ranieri, romano, romanista e testaccino cittadino del mondo, a Cagliari è solo qualche gradino sotto a Gigi Riva. È l’erede del Filosofo Manlio Scopigno rivisto e corretto nel calcio moderno.
Quando c’è da salvare la squadra e farla risalire dall’inferno ci vuole lui, U’ Boss! Successe oltre trent’anni fa quando Ranieri era un rampante ex terzino capitano del Catanzaro di Di Marzio e Mazzone, fresco del diploma di Coverciano (doppia promozione dalla C alla A), e succede ancora oggi che di anni ne ha 71, i capelli si sono fatti bianchi e non può più partecipare alla partitella coi suoi ragazzi come gli è sempre piaciuto.
Ancora di smettere, però, Sir o anche Sor Claudio non ne vuol sapere. Semplicemente perché la sua vita è quella: ogni sacrosanto giorno su un campo d’allenamento, ovunque sia. Lametia Terme, Napoli (Campania Puteolana e poi proprio il Napoli), Cagliari, Firenze, Valencia, Madrid (Atletico), Londra (Chelsea e poi Fulham), Parma, Torino (Juventus), Roma (due volte la Roma di lui romanista), Milano (Inter), Montecarlo (Monaco), Atene (ct Grecia), Leicester, Nantes, Genova (Samp), Watford. Ormai nemmeno più lui tiene il conto. Salvezze, trionfi e anche parecchie amarezze. Ma tutte messe in conto da chi fa questo mestiere. L’importante è esserci e provarci sempre.
Sei mesi fa, ultima meta raggiunta, il ritorno a Cagliari. Prima di partire andò a salutare per l’ultima volta il suo amico Mario Sconcerti alla camera ardente in Campidoglio. Nell’austero salone dove si celebra la memoria di Mario non si può, ovviamente, non parlare di pallone. «Oh, ma è vera ‘sta storia di Cagliari, hai 71 anni». «E che devo di’? A me se mi fermo mi viene la depressione. Io senza calcio non so stare». Col suo bel romanesco gentile e una frase alla Adriano Pappalardo salutò Mario con una carezza, uscì dalla camera ardente e andò a Fiumicino a prendere l’aereo per Cagliari. Daje, di nuovo in sella.
Ha frequentato i grandi stadi e il grande calcio Sir Claudio, ma qui non ci sono Totti o Lampard, Zola o Batistuta, in questo calcio qui, c’è solo il piatto sinistro del livornese Leonardo Pavoletti, colonna acciaccata del Cagliari, che Ranieri alla disperata butta dentro sotto il diluvio nell’ultima manciata di minuti dello spareggio Bari-Cagliari. Se è 0-0 sale il Bari, ma Pavoletti azzecca la botta e la storia si rovescia. Dopo è pioggia, lacrime, felicità, la squadra che lo porta in trionfo sotto la curva dei cagliaritani in trasferta. E lui che ha la freddezza di ordinare ai tifosi di non urlare “Serie B, Serie B!” a quelli del Bari. Rispettarli e anzi applaudirli. «No, no, no! Applaudite. Io il tifo contro proprio non lo capisco, mi sembra fiato sprecato». Quello stranissimo, fascinoso Fair Play da romano londinese.
No, non è la Champions League questa col football spaziale di Haaland o Lukaku, è il San Nicola di Bari, siamo nel “Sangue e Arena” della Serie B, e il Tyrone Power protagonista del momento è questo signore elegante e gentile, con lo stile di un lord inglese, ormai caro a tutti come un vecchio zio di famiglia. Che si siede a tavola e racconta storie straordinarie, come quella volta che Mourinho gli rinfacciò lo scarso inglese o gli “zero tituli”, lo scudetto mancato con la sua Roma, per poi conquistare però addirittura la Premier League col Leicester City (2016). Quella piccola squadra che alla partenza della stagione era quotata dai bookmakers 5000/1. Siamo alla leggenda. Oggi, proprio nei giorni dell’impresa del Cagliari, il Leicester che fu di Ranieri se ne torna mestamente in Championship, la serie B inglese. La storia è fatta, ma non finisce mai.
La squadra presa al 14° posto e portata in Serie A. «Se mi chiedono aiuto perché non darglielo? mi sono detto. Certo, mi dicevo anche, se non ce la facessi sarebbe stata per me una sconfitta personale». Per uno come Ranieri, che ci mette il cuore, la promozione del Cagliari non vale meno dell’epocale titolo del Leicester in Premier League. Mille e passa panchine non lo hanno indurito, anzi. Oggi Claudio è il Generale Patton ma anche un nonno tenerissimo, facile alla commozione e alla lacrima. Tutti i tifosi lo amano per questa sua incontinente passione. Il calcio un flusso continuo che scorre nella sua vita e nelle sue vene. Sempre in piedi davanti alla panchina e sempre al centro di un campo d’allenamento.
Da poco arrivato a Cagliari, nell’inverno scorso, lo si vede in un video, in tuta, urlare a squarciagola nelle orecchie dei giocatori che corrono in dribbling tra i paletti piantati in terra.
«C’è l’elettricità, non toccate! Pensate a sabato, pensate a quello che ci aspetta. Rapido, rapido, rapido, la mente deve essere rapida. La prepariamo oggi la mente. Vivete già la partita adesso, cinque minuti, ma la partita di vive adesso». Si vive adesso, a 71 anni, si vive adesso.