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Cultura
agosto, 2023

Passages: lui, lui e l’altra in un film brillante e vero

Una coppia omosessuale messa in crisi da una donna. Che scatena un dramma fatto di amore e sesso, ma anche di crudeltà e manipolazione

Sì, il triangolo sì. Con i film ispirati a ménage-à-trois più o meno sofferti si potrebbe scrivere un’intera storia del cinema. Ma sono pochi (per ora) quelli in cui una coppia gay è messa in crisi da una persona dell’altro sesso. Qualcuno ricorderà “I ragazzi stanno bene” della californiana Lisa Cholodenko, 2010, con la matura coppia Annette Bening/Julianne Moore devastata dall’incontro di quest'ultima con Mark Ruffalo, padre biologico dei loro figli. Il suo coetaneo Ira Sachs (Memphis, 1965) perfeziona il gioco con questo “lui, lui e l’altra” ambientato nello scintillante mondo del cinema d’autore parigino. Bella gente, belle case, buon gusto, ottime intenzioni, tra cui quella di vivere fino in fondo e a testa alta pulsioni e sentimenti.

Tutta quella bellezza e quella cultura però non bastano a proteggere il matrimonio di Tomas e Martin (il tedesco Franz Rogowski e l’inglese Ben Wishaw, due degli attori più interessanti d’Europa, impegnati in una gara di bravura fatalmente vinta dal ruolo più flamboyant, il traditore Tomas/Rogowski). «Sai cosa ho fatto ieri sera? Sesso con una donna. È stato bello. Ho provato sensazioni che non provavo da tempo», butta lì lui, che facendo il regista è anche in posizione dominante nella coppia. E Martin, grafico e artista, controllato come una moglie british in un film anni 50: «Succede ogni volta che finisci le riprese di un film. Poi però te ne scordi». Game per Martin, palla a Tomas. Il resto sarà travolgente ma soprattutto brutale.

Anche se Martin presto inizia a frequentare un acclamato scrittore afro (Erwan Kepoa Falé), anche se Tomas non smette di cercare Martin in una sarabanda di rotture e riconciliazioni celebrate con amplessi espliciti e appassionati, la storia con la regale ma sprovveduta Agathe, maestra elementare e neo-single (Adèle Exarchopoulos, già vittima di Léa Seydoux in “La vita di Adèle”), presto vira in sfacciata manipolazione. Con l’incontenibile Tomas, posseduto da un mix micidiale di hybris e narcisismo, impegnato a vivere il suo delirio di onnipotenza senza il minimo scrupolo per i suoi partner. Il tutto scritto da Sachs con il fido Mauricio Zacharias, sontuosamente fotografato dalla canadese Josée Deshaies, e animato da una regia così brillante, oltre che colta, e da una tale verità d’accenti, che non è difficile indovinare echi personali in questo film reso ancora più complesso, e doloroso, dall’eterna questione della omogenitorialità. Eterna ma non insolubile.

A quanto pare Sachs, attivista Lgbtq+ di lungo corso, vive in Ecuador con il marito Boris, pittore, e le madri dei loro due figli. Urge documentario. Magari girato da, o con, le mamme.

 

PASSAGES
di Ira Sachs,
Francia, 91’
4 stelle su 5

 

AZIONE! E STOP

 

Solo la gloriosa Anac, Associazione Nazionale Autori Cinematografici, sembra schierarsi in difesa dell’Odeon, il cinema milanese aperto nel 1929 ora destinato a diventare un centro commerciale. Urgono fondi Ue e tasse di scopo da applicare alle piattaforme per salvare le sale storiche. Prima che sia troppo tardi.

 

Coppie che si lasciano dopo aver visto “Barbie”. Chirurghi estetici inquieti per il possibile boom di richieste estreme (come segare alcune costole per ridurre il punto vita). E via delirando. Da tempo un film non scatenava reazioni tanto varie e accese. Ma il merito è del film di Greta Gerwig o della bambola?

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