Venticinque anni fa la serie di omicidi. E poi le condanne, arrivate grazie al lavoro di Michele Tollis che aveva perso il figlio. «Ho avuto giustizia, ho incontrato uno dei capi, ma non dimentico»

Ogni tanto provano a estorcergli un’imprecazione, una parola di rabbia. Ma Michele Tollis, pensionato, 75 anni, non si scompone. Neppure quando gli chiedono come si senta adesso che alcuni degli assassini di suo figlio sono ormai fuori dal carcere. Fabio Tollis, 16 anni, fu ucciso dalle Bestie di Satana 25 anni fa, assieme all’amica Chiara Marino, di 19. «Non ho nulla da recriminare – dice Michele Tollis –  meno che mai nei confronti della giustizia italiana. Il codice penale è stato applicato e mi sta bene».

 

Le Bestie di Satana furono responsabili di diversi crimini compiuti nella provincia di Varese: gli omicidi di Fabio Tollis, Chiara Marino, Mariangela Pezzotta, il suicidio indotto di Andrea Bontade e furono sospettate di altri 18 delitti. I membri della pseudosetta satanica hanno quasi tutti finito di scontare la propria pena; tra buona condotta, attenuanti e collaborazione, nel giro di una ventina d’anni sono usciti dal carcere. Soltanto Paolo Leoni e Nicola Sapone hanno avuto uno e due ergastoli.

 

«Il mio obiettivo era consegnare gli assassini di mio figlio alla giustizia - prosegue Tollis - Saperli in libertà mi amareggia e il perdono non lo contemplo nemmeno. Ma il principio fondamentale del carcere è il recupero, la rieducazione e il reinserimento del soggetto nella comunità. Perciò è giusto che ciò avvenga».

 

Una voce quasi controcorrente la sua, in tempi di incertezza della pena, tentazioni di giustizia fai-da-te, spettacolarizzazione della repressione e, inevitabilmente, del dolore. Tutti elementi che ripropongono una battaglia spesso inconcludente tra giustizialisti e garantisti. Veri o presunti.

 

Michele Tollis ha conosciuto da vicino anche queste storture. Prima l’archiviazione del fascicolo, poi le indagini condotte su di lui e perfino l’onere delle spese legali senza mai alcun risarcimento. Perché la risoluzione del caso è avvenuta quasi esclusivamente grazie alla sua caparbietà.

 

Tra il 1998 e il 2004, per sei anni e quattro mesi, Michele Tollis ha indagato e cercato indizi. Da operaio edile si è trasformato in investigatore, consegnando gli assassini di suo figlio - suoi cosiddetti amici - alla giustizia. Quando Fabio Tollis e Chiara Marino sparirono, il 17 gennaio 1998, il caso era stato archiviato come fuga volontaria. Michele Tollis si mise sulle tracce dei sedicenti satanisti, documentando ogni loro incontro, ogni seduta spiritica. Con lucidità e tenacia ha raccolto indizi: segnalazioni, appunti, numeri di telefono. Ha setacciato ogni pub tra Varese e Milano, partecipato a 84 concerti metal in giro per l’Europa e preso contatti con i maggiori satanisti dell’epoca, che peraltro si sono sempre dissociati da quanto accaduto.

 

Nel 2004, dopo l’omicidio di Mariangela Pezzotta, ha consegnato agli inquirenti gli elementi raccolti e ha iniziato a collaborare con la procura di Busto Arsizio e con i carabinieri di Somma Lombardo e di Varese. Un tassello alla volta, è riuscito - assieme alle forze dell’ordine - a far confessare i colpevoli. Da lì a qualche mese i corpi di Fabio Tollis e Chiara Marino sono stati ritrovati in una fossa profonda due metri, nei boschi di Somma Lombardo.

 

«Se mi fossi lasciato prendere la mano dall’emotività non sarei riuscito a portarli tutti in galera. Ci ho ragionato, ero intenzionato a venirne a capo, ho analizzato tutto e il contrario di tutto e ho dovuto mettere da parte i sentimenti. Io quando piango, piango da solo», dice Tollis.

 

Sempre con lucidità ha dovuto affrontare, assieme alla sua famiglia, il tema della giustizia riparativa. Nel 2006, ha accettato di incontrare in carcere uno dei personaggi di spicco della setta, Andrea Volpe. L’occasione è stata un documentario trasmesso su FoxCrime. «Volevo anche capire se davvero esistesse un livello superiore - spiega oggi Tollis - se qualcuno “più in alto”, come si diceva, avesse ordinato l’omicidio di Fabio. Non ho colto nulla di tutto ciò. E nei suoi occhi non ho visto quel pentimento che professava, non mi è sembrato sincero».

 

Da allora altre richieste di incontro e di perdono. Anche di recente. «Voglio morire con la certezza che non ho perdonato e non perdonerò. Per quello che hanno fatto, come lo hanno fatto e su chi lo hanno fatto». Ricorda cosa gli disse Volpe in una delle prime confessioni: «Quando abbiamo ucciso Fabio non avevamo fumato nemmeno uno spinello. Eravamo perfettamente lucidi». «Ecco – ripete oggi Michele Tollis – avevano deciso a mente fredda di farlo. Delle Bestie di Satana si ha un’idea sbagliata, si dice che sono dei pazzi, drogati, senza arte né parte. Non è così: c’era premeditazione e la volontà di far sparire i corpi, c’era tutto».

 

Il nome “Bestie di Satana” il gruppo se lo era dato ispirandosi vagamente al satanismo acido, tra consumo di droghe, riti di affiliazione, crimini e messe nere. I loro luoghi di ritrovo erano i pub metal e alternativi di Varese e Milano. «Ma il sostegno maggiore l’ho ricevuto proprio dagli esponenti del metal e del dark», sottolinea Tollis. Molti di loro arrivano ancora oggi in pellegrinaggio sulla tomba di Fabio a Cologno Monzese. Il giovane, appassionato di musica metal, nel 1995 aveva fondato la sua band, gli Infliction, e pubblicato due demo. «In tantissimi, da ogni parte del mondo, in nome della comune passione per questa musica, vengono a trovarlo al cimitero, mi contattano e mostrano solidarietà e affetto alla nostra famiglia».

 

Negli anni spesi alla ricerca della verità Michele Tollis ha stretto legami con alcuni dei più importanti nomi del metal, Marilyn Manson, gli Iron Maiden, i Lacuna Coil, i Cannibal Corpse. «Quando si va sul palco si fa spettacolo, ma una volta che si scende ciò che conta è il fattore umano. E questa umanità l’ho sempre colta. Ci può essere una miscela basata sull’oscuro, sull’alternativo e l’esoterismo, ma che poi sia diventata esplosiva è colpa di quella setta, non della musica».