Le ultime iniziative seguite all'occupazione di alcuni istituti dimostrano l'ignoranza del governo dei veri problemi dell'istruzione. E una concezione preoccupante del potere

All’elenco di sanzioni previste per gli studenti dall’implacabile regolamento disciplinare appena varato dal Liceo Ginnasio Statale Torquato Tasso in Roma manca una voce: le punizioni corporali. Essenziali, per rimettere indietro l’orologio della storia a quando gli incorreggibili venivano espulsi «da tutte le scuole del Regno».

 

Leggetelo, quel regolamento. Sbocciato contestualmente alla proposta avanzata dal preside di mandare ai lavori socialmente utili gli studenti che hanno occupato. E giusto qualche giorno prima della rampogna del ministro dell’Istruzione e del Merito, il quale si è augurato che vengano impiegati per «attività di cittadinanza solidale come pulire il giardino della scuola».

 

Per non essere fraintesi: un regolamento di disciplina, a scuola, non è certo come una bestemmia in chiesa. Il bullismo, per esempio, è un problema serio. E va fermato. Ma la tabella che accompagna il testo, redatta con meticolosità questurina (codificate perfino le sanzioni per chi non fa i compiti a casa o è disattento a lezione), supera decisamente i limiti del buonsenso. Si dirà che quel regolamento è condiviso da parte dei genitori: verissimo. Ma se chi occupa la scuola è punito (sospensione fino a 10 giorni) più duramente di chi «denigra ripetutamente un compagno attraverso l’uso di un linguaggio offensivo e osceno con riferimento all’aspetto fisico, allo status economico, allo status sociale, alla disabilità…» (sospensione fino a 5 giorni) o a chi «invia messaggi e immagini a sfondo sessuale via cellulare o tramite app e/o social network» (sospensione fino a 5 giorni), qualche considerazione è inevitabile.

 

Parte tutto dalla scuola, lo sappiamo. Perciò se il Paese non è messo bene anche la scuola è nelle stesse condizioni. Ovvio. Colpevole del degrado è chi ha sempre fatto di tutto perché servisse più a chi ci lavora e al numero di stipendi che distribuisce, anziché alla formazione e alla cultura delle nuove generazioni. E quel regolamento di disciplina, con la lista tabellare delle sanzioni, appare in linea con questa logica.

 

Inutile poi stupirsi se da vent’anni l’ossessione dei governanti non è per la fatiscenza degli edifici scolastici o per il fatto che gli studenti italiani zoppicano nelle materie scientifiche, per non parlare delle materie letterarie e della capacità di esprimersi E al Sud va ancora peggio. L’ossessione è il grembiule. «Se le scuole elementari e medie riscoprissero l'uso del grembiule e i docenti insegnassero agli alunni l’uso del “Lei” ne guadagnerebbe il decoro della scuola e degli alunni», diceva giusto nel 2003 l’allora responsabile scuola di Alleanza Nazionale. Cioè l’attuale ministro Giuseppe Valditara. Seguito da molti altri colleghi.

 

Ed è la conferma che la classe politica ha responsabilità enormi, come sta a dimostrare la qualità dei ministri. All’Istruzione dovrebbero andare i purosangue di ogni scuderia di governo; invece, con qualche rara eccezione, ci mettono i ronzini. Lo stesso trattamento riservato tradizionalmente a un altro ministero chiave: quello della Cultura. E non è una coincidenza. È come se i partiti ignorassero sviluppo economico e sociale di un Paese è direttamente proporzionale al livello di istruzione e cultura della sua popolazione. Ciò vale, purtroppo, per chiunque abbia governato in Italia.

 

Con differenti sfumature, l’ottusità del potere si è espressa ai massimi livelli in questi due campi. Ma adesso c’è un nuovo salto di qualità. «Governare non può mai in alcun modo significare comandare. Significa garantire equilibrio tra i poteri e garantire le ragioni altrui», ammoniva con decisione il capo di Alleanza nazionale Gianfranco Fini da presidente della Camera. Avrebbe mai immaginato che i suoi un tempo seguaci, arrivati al governo «dopo lunga militanza», come recita uno dei motti di Fratelli d’Italia, ritenessero invece di aver acquisito, e con neppure il 15 per cento dei voti dell’intero corpo elettorale, il diritto di comandare?

 

Soprattutto nell’istruzione e nella cultura, dove quella parola, «comandare», fa venire i brividi. Per eliminare le impronte egemoniche della sinistra sostituendole con quelle della destra si usano le maniere forti. Ecco allora il giro di vite sulle occupazioni delle scuole. Ecco le prevaricazioni dei sindaci di sinistra con la nomina dei fedelissimi di destra negli enti lirici, come racconta Sabina Minardi su L'Espresso. Ecco una riforma del ministero della Cultura che prevede la decadenza di tutti i direttori e i soprintendenti alla sua entrata in vigore: che però viene rinviata continuamente (da settembre a dicembre e ora a marzo) con il risultato di tenere sotto una pesante spada di Damocle 130 figure apicali. Mentre il capo dell’ufficio legislativo del ministro Gennaro Sangiuliano, quell’Antonio Leo Tarasco già distintosi per la concessione in uso della Certosa di Trisulti ai sodali dell’ex ideologo sovranista di Donald Trump, Steve Bannon, viene nominato direttore generale degli Archivi. E il presidente della commissione Cultura e Istruzione della Camera Federico Mollicone di Fratelli d’Italia, diplomato al liceo linguistico e fra gli animatori della riscossa, evoca lo spettro del Minculpop proponendo di certificare le notizie per legge.

 

Neanche fossimo su Scherzi a parte.

 

 

 

La nota del legale del professor Antonio Tarasco in risposta al nostro articolo
In nome e per conto del prof. Antonio Tarasco, in relazione all’articolo si precisa che:

la procedura di concessione della Certosa di Trisulti è iniziata nell’anno 2016, con Ministro Dario Franceschini. L’individuazione dei beni da concedere in concessione (13 immobili, inclusa la Certosa di Trisulti) è stata effettuata dall’allora Segretario generale, Antonia Pasqua Recchia, in coerenza ad una disciplina regolamentare voluta dallo stesso Ministro Franceschini nel 2015; il bando è stato firmato dall’allora direttore generale Musei, Ugo Soragni, che affidò al prof. Tarasco l’incarico di responsabile del procedimento.

La valutazione delle offerte degli enti che hanno presentato domanda è avvenuta esclusivamente da parte di una Commissione nominata nel 2017 dal Segretario generale del Ministero della cultura. Detta Commissione, presieduta dall’ex Direttore generale Archeologia, belle arti e paesaggio, Caterina Bon Valsassina, era altresì formata da dirigenti e funzionari ministeriali di diversi uffici (5 in tutto). Ad essa il prof. Antonio Tarasco era estraneo. Non vi ha mai preso parte. Peraltro, per la Certosa di Trisulti, è stata presentata un’unica domanda valida; non altre. I risultati dell’attività valutativa della Commissione sono stati comunicati dal suo Presidente al Segretario generale del Ministero che con proprio decreto del giugno 2017 li ha approvati. L’atto di concessione della Certosa di Trisulti è stato firmato non dal prof. Tarasco, ma dall’ex direttore museale regionale del Lazio, Edith Gabrielli: in ogni caso, appare indubbio come tutti i soggetti impegnati nella procedura abbiano agito secondo correttezza, professionalità e assoluta buona fede.

Alla luce di quanto sopra, il prof. Tarasco risulta soggetto assolutamente estraneo nella scelta del concessionario della Certosa di Trisulti. Peraltro, dal 2016, anno di avvio della procedura concessoria, il prof. Tarasco ha operato all’interno del Ministero e alla Direzione generale Musei collaborando con ben tre diversi direttori generali succedutisi nel tempo (Soragni, Lampis, Osanna) senza aver mai subito alcun procedimento disciplinare né alcun tipo di allontanamento. Al contrario, il prof. Tarasco ha sempre conseguito punteggi di performance massimi o elevatissimi.

In conclusione, contrariamente a quanto riportato sull’articolo in oggetto, per il prof. Tarasco vi è stato, nel corso degli anni di lavoro presso il Ministero, l’esclusivo riconoscimento del merito e della professionalità, come la recente nomina a Direttore generale Archivi ulteriormente conferma.

Prof. Avv. Salvatore Sica