Un ex membro dell'intelligence inglese lancia l'allarme. Negli ultimi 4 anni ci sono stati 13 attentati con esplosivi e armi da fuoco. E solo pochi mesi fa il governo guidato da Rishi Sunak ha aumentato il livello di minaccia nell’area

«La gente pensa che indossiamo travestimenti come parrucche o baffi finti, ma in realtà gran parte del nostro lavoro consiste semplicemente nello stare seduti in una macchina a osservare e analizzare un obiettivo». John (nome di fantasia) per oltre 30 anni è stato un agente segreto dell’MI5, l’agenzia per il controspionaggio del Regno Unito. Ha viaggiato in tutto il mondo, scortando la regina Elisabetta II, lottando contro i crimini più gravi a difesa della democrazia e degli interessi economici britannici, incontrando presidenti statunitensi come Barack Obama e Bill Clinton («e le loro First Lady in visita nel nostro Paese»). Ora è in pensione, dopo essere rimasto ferito.

 

Ha accettato di parlare con L’Espresso sotto garanzia di anonimato. Ha lavorato a lungo nella turbolenta Irlanda del Nord, operando sotto copertura nella polizia locale. La sua missione era combattere il terrorismo indipendentista, che nella regione continua a uccidere poliziotti (300 dagli anni Novanta) e residenti. Già nel 2019 i servizi segreti britannici hanno potenziato la loro presenza a Belfast, inviando 700 unità di supporto, per investigare e gestire i continui scontri in zona. Una situazione peggiorata dalla Brexit in poi. Negli ultimi 4 anni ci sono stati 13 attentati con esplosivi e armi da fuoco. Solo pochi mesi fa il governo guidato da Rishi Sunak ha aumentato il livello di minaccia nell’area da «consistente» a «grave», giudicando gli attacchi come «altamente probabili». Il clima di incessante violenza è stato aggravato anche da un clamoroso errore del corpo di polizia che a inizio agosto ha inavvertitamente pubblicato online le informazioni sensibili di 10.000 suoi membri. La Bbc l’ha descritta come la peggiore falla nella storia della polizia. Per questo motivo molti dipendenti si sentono in pericolo ed evitano accuratamente di esporsi parlando con la stampa.

 

Durante la sua carriera, l’ex ufficiale dell’intelligence ha dato la caccia alle cellule ancora attive dell’Esercito repubblicano irlandese (Ira), lavorando per la sicurezza nazionale. Un compito molto difficile e con turni massacranti, precisa, in un Paese in cui c’è un forte odio per la polizia e un profondo divario religioso e sociale. Mentre seguiva i dissidenti ex Ira contrari alla pace, appariva come un detective qualsiasi. Agendo in prima linea sul campo, acquisiva le informazioni e le condivideva direttamente con Thames House, il quartier generale dell’MI5 a Londra. «A differenza di quello che si vede nei film, nel mondo reale non puoi intervenire subito. Bisogna trovare prove e aspettare che il Gchq (Government communications headquarters, l’ente britannico per la sicurezza interna) decida cosa fare. Quando hai a che fare con terroristi, non puoi arrestare qualcuno all’istante solo perché credi che sia coinvolto. Devi aspettare e scoprire i collegamenti con i ranghi più alti dell’associazione criminale», spiega. La sua attività, però, non si è limitata a questo. Coordinava anche l’addestramento degli agenti impiegati in operazioni speciali. Corsi di formazione che non si tenevano solamente in Gran Bretagna, ma anche all’estero, «spesso negli Stati Uniti».

 

Per arruolarsi è sempre più importante dimostrare di avere pazienza e competenze. «Da quando sono stato reclutato appena ventenne, ci sono voluti anni prima di fare strada. Chi vuole intraprendere questo percorso non può aspettarsi tutto velocemente, ma se si è determinati, non troppo sicuri di sé e si seguono le regole, si può raggiungere il vertice». Negli ultimi decenni, racconta, il mondo dello spionaggio è mutato con la tecnologia, rendendo oggi prioritaria la sicurezza informatica. «La cybersecurity fornisce sicuramente utili mezzi di controspionaggio, ma è anche vero che aumenta il rischio di hackeraggi e fughe di notizie», dice. La minaccia più grande da neutralizzare? «In base alla mia esperienza, il crescente e preoccupante conflitto per la riunificazione irlandese e il terrorismo dei repubblicani dissidenti». Oggi la consuetudine prevede che tutti i poliziotti nordirlandesi controllino la propria auto per verificare l’eventuale presenza di ordigni, sottolinea.

 

L’ex membro del security service ammette che ci sarebbero molte storie interessanti, ma sono tutte strettamente riservate. Ha sempre avuto accesso a informazioni top secret. Un aneddoto divulgabile? «Posso affermare che i servizi segreti di tutto il mondo organizzano di frequente competizioni. Per scopi di addestramento, ovviamente. La maggior parte sono tra il Regno Unito e l’America. Noi vinciamo quasi sempre: abbiamo meno personale della Cia, ma lo istruiamo indubbiamente meglio». Confida che utilizzare la pistola è l’ultima spiaggia per un operativo come lui, a meno che non sia a rischio la propria vita. Quando si è trovato davanti a mezzi pericolosi, ad esempio, li ha speronati o rallentati con strisce chiodate. Sparare un proiettile potrebbe essere letale nel caso in cui rimbalzasse su sé stesso o, peggio, su civili innocenti.

 

John non parla della sua famiglia, anche se è felice che moglie e figli lo abbiano sostenuto. «Sono riuscito a proteggere così tante vite e impedire altrettante morti. I cittadini non potranno mai sapere cosa è successo, ma ne sono comunque infinitamente orgoglioso e soddisfatto», conclude lo 007 di Sua Maestà.