colloquio con YARDENA SCHWARTZ
Secondo lei, cosa sta facendo Israele?
«Dall’8 ottobre Israele combatte una guerra per conto di altri su sette fronti che includono gli Hezbollah in Libano, che agiscono per conto dell’Iran, gli Houti in Yemen, e poi la Siria, l’Iraq, la Cisgiordania e l’Iran, che ha contrastato il tentativo di Israele di diminuire le minacce sugli altri sei fronti. Si dice che Israele abbia intensificato la guerra ignorando che dall’8 ottobre Hezbollah ha sparato sulle città israeliane quasi ogni giorno e Israele non aveva sparato a Hezbollah. Ha deciso di entrare in guerra per aiutare Hamas. Ciò che questa guerra dimostra è che non è mai stata una guerra tra Israele e i palestinesi. L’Iran e i suoi alleati dicono di volere distruggere Israele. Il resto del mondo risponde che si tratta solo di parole. E poiché in tanti non capiscono che parte degli islamisti saremo costretti a combattere a lungo. Questa guerra è combattuta sulle spalle dei palestinesi e allontana la prospettiva dei due Stati. Dalla guerra del 1948 ci sono stati sforzi per raggiungere una soluzione dei due Stati e ogni volta è stata la leadership palestinese a rifiutare la soluzione. La Palestina da allora avrebbe potuto essere uno Stato indipendente perché mai lo era stato prima, sempre oggetto di conquista, e invece i leader hanno scelto la guerra; nel 1967 gli eserciti arabi hanno invaso Israele e hanno perso di nuovo».
Non c’è una sproporzione di forze in campo?
«Non è che i missili dall’Iran contro Israele non fossero sparati con l’intenzione di uccidere ma Israele ha investito nella sicurezza dei suoi cittadini mentre i leader di Hamas si sono preoccupati solo di proteggere se stessi nei tunnel sotterranei e non i loro cittadini, anzi li mettono apposta nella linea del fuoco perché sanno che il mondo reagisce come reagisce. E la parte tragica di tutto ciò è la reazione del mondo: sta dicendo ad Hamas che la sua strategia di nascondere le armi in zone popolose funziona, che non sono giudicati come lo è invece Israele, che non si concentrerà sulla morte dei leader islamisti ma solo sui civili uccisi nel processo».
Si tratta di migliaia...
«Credo che la guerra sarebbe dovuta finire tanto tempo fa ma Hamas avrebbe dovuto rilasciare gli ostaggi. Incolpo Hamas di non avere accettato mai nessun cessate il fuoco, dicendo che solo dopo un ritiro completo delle truppe da Gaza avrebbe rilasciato gli ostaggi. Ma chi crede più a questo gruppo terroristico? C’è una grande differenza tra un esercito che mira ai terroristi e i terroristi che si nascondono in zone residenziali, scuole e ospedali e sparano ai civili nelle loro case un sabato mattina mentre si svegliano. Come puoi paragonare questo attacco barbarico ai gesti di difesa di un esercito?».
Cos’è Hamas?
«Hamas è il movimento di resistenza islamica, un braccio dei fratelli musulmani in Egitto, fondato nel 1987. Originariamente era un gruppo sociale underground ma nel 1991 ha creato il suo braccio armato con l’obiettivo dichiarato di fare deragliare i negoziati di pace tra Arafat e Rabin. Hamas è stato creato con l’obiettivo di evitare la soluzione dei due Stati. La seconda Intifada è iniziata due mesi dopo che Israele aveva offerto uno Stato più o meno basato sui confini del 1967 e Arafat non solo l’ha rifiutata ma non ha nemmeno offerto un’alternativa. Due mesi più tardi è cominciata la seconda Intifada, caratterizzata da attacchi kamikaze per cinque anni. Non sono interessati alla pace. Ciò che è tragico è che ci sono tanti israeliani e palestinesi che chiedono solo di vivere in pace. Quello che la gente deve capire è che sostenere Hamas o Hezbollah non poterà mai alla pace ma solo a maggiore sofferenza per i palestinesi. Al potere devono andare palestinesi che vogliono la soluzione dei due Stati e che ora non possono parlare perché rischiano la vita a causa di Hamas. La loro voce deve essere fatta risuonare».
Marwan Barghouti potrebbe essere un’alternativa?
«Difficile convincere Israele che potrebbe essere un portatore di pace perché ha le mani insanguinate. Per avere la pace la decisione sul futuro leader palestinese non può essere una decisione unilaterale: quando gli israeliani si sono ritirati volontariamente da Gaza questa è diventata uno Stato del terrore guidato da Hamas. Se Barghouti a questo punto si dicesse per una soluzione con due Stati e si prodigasse per ottenerla parlando contro il terrorismo e la resistenza violenta contro Israele, allora potrebbe diventare un partner per la pace».
Quale è la sua opinione sui territori occupati dai coloni israeliani in Cisgiordania? «Nel 2000 c’erano soltanto 175 mila israeliani che vivevano in Cisgiordania, oggi sono 500 mila. Avremmo avuto una situazione diversa se i palestinesi avessero accettato la soluzione dei due Stati nel 2000 o nel 2008. Non tutti gli occupanti della Cisgiordania sono abusivi. Tra il 1948 e il 1967 fu occupata dalla Giordania. Prima c’erano ebrei e arabi che vi vivevano ed erano conosciuti come palestinesi. Furono cacciati con l’invasione della Giordania e nel 1968 si sono ripresi le loro case».
Come è possibile che Israele non sapesse dell’attacco del 7 ottobre ?
«Credo che Israele non avesse preso Hamas sul serio. Si è scoperto che l’Idf non aveva nessun piano su cosa avrebbe fatto se ci fosse stata un’invasione di massa da parte di Hamas: una cosa incredibile. Netanyahu avrebbe dovuto dare le dimissioni».
La soluzione dei due Stati è possibile?
«Non credo ci siano altre soluzioni. È l’unico modo in cui Israele vedrà la pace».