Innovazione
30 settembre, 2025Fra i tanti temi all’ordine del giorno per la Casa Bianca, anche la vicenda TikTok che, dice un esultante Donald Trump, si è conclusa con successo. Ma i soliti disfattisti sollevano dubbi
Donald Trump ha un ordine esecutivo per tutto. Nei giorni scorsi è stata la volta di TikTok, che grazie al presidente ora ha un nuovo assetto societario: “TikTok U.S.”. Finisce così la controversa e lunghissima vicenda che cominciò con la proposta di legge a firma di Biden dell’aprile 2024 – chiudere TikTok entro gennaio 2015 a meno che la cinese ByteDance non l’avesse venduta agli americani – con numerosi rinvii voluti dalla nuova amministrazione, che stava lavorando per ottenere finalmente una felice conclusione per questa vicenda, che riguarda 170 milioni di utenti americani del social.
Oggi i proclami presidenziali parlano di tutela e garanzia per i dati degli utenti americani, dovuta al controllo del social da parte di investitori statunitensi, e ciao ciao quindi al “pericolo cinese”. Ma sarà proprio così?
Bytedance nelle retrovie
I dettagli che la Casa Bianca ha fornito rispetto al nuovo assetto societario di TikTok parlano di una maggioranza costituita da investitori statunitensi, mentre alla cinese ByteDance resta una quota, inferiore al 20 per cento. Parte rilevante del capitale finirà nelle mani di alcuni “volti noti” e vicini al Presidente: Oracle di Larry Ellison, la private equity Silver Lake e, soprattutto, il fondo MGX, sostenuto dal governo di Abu Dhabi, a cui spetta il 15 per cento della società. Ma tutti gli azionisti non dovevano essere “solo americani”?
E questo è un dettaglio di rilievo e il coinvolgimento di MGX non è affatto marginale. Forse in un’ottica di “do ut des” la società emiratina aveva recentemente investito circa due miliardi di dollari nella criptovaluta “della famiglia Trump”, lanciata da World Liberty Financial. Una coincidenza che non è sfuggita ai detrattori di Trump, che anzi parlano di conflitto di interessi e sussurrano a mezza voce delle “accuse di favoritismi”.
Un affare low cost
Un altro elemento che solleva interrogativi su questa “americanizzazione di TikTok” riguarda il valore attribuito alla newco, che il vicepresidente JD Vance aveva già fissato a circa 14 miliardi di dollari. Gli analisti si sono stropicciati gli occhi pensando ad un errore: quella cifra sembra un po' sottostimare il valore della TikTok statunitense, visto che già solo nel 2023 la piattaforma aveva generato 16 miliardi di dollari di ricavi pubblicitari in America. Volendo poi guardare al “costo” a cui sono state acquistate le altre piattaforme, ricorderemo che Elon Musk aveva investito circa 44 miliardi per fare sua Twitter, che già allora aveva dimensioni e impatto inferiori rispetto a TikTok.
L’eccessiva svalutazione dell’asset potrebbe rappresentare un altro “pensiero gentile” dedicato agli investitori vicini a Trump, che vedranno rivalutate in tempi rapidi le quote di partecipazione nella nuova azienda, con prospettiva di guadagni miliardari nel giro di pochi anni. Per Oracle e i suoi azionisti, ad esempio, si avverte il sentore di un “aiuto di stato” mascherato da operazione finanziaria, una sorta di “salvataggio politico” più che una transazione di mercato trasparente.
L'algoritmo
TikTok made in Usa 100%. Ma anche no, visto che l’accordo lascia a ByteDance proprietà e controllo dell’algoritmo, cuore tecnologico alla base del successo di TikTok. La nuova società otterrà una licenza di utilizzo dell’algoritmo, ByteDance conserverà quindi una certa influenza sul funzionamento della piattaforma. E i membri del Congresso americano stanno rilevando che questo “piccolo dettaglio” di fatto indebolisce la volontà originaria di affrancarsi dalla Cina.
Libertà d'espressione
Il tema più delicato resta quello della moderazione dei contenuti. L’ordine esecutivo firmato da Trump obbliga la nuova società TikTok U.S. a “riaddestrare” gli algoritmi con il monitoraggio di partner fidati americani, ufficialmente per proteggere i dati sensibili e impedire manipolazioni straniere. Ma il rischio è che questa supervisione si traduca in una forma di censura preventiva, o anche in un orientamento dei contenuti verso temi più “patriottici”. Una scelta che, se portata all’estremo, potrebbe generare malcontento nei creator, penalizzati nelle monetizzazioni, ma anche eventuali ricorsi giudiziari.
170 milioni di voti?
L’America si avvicina alle elezioni di mid-term del 2026, e un taglio netto del servizio TikTok avrebbe di sicuro fatto insorgere i 170 milioni di utenti americani della piattaforma. In questo senso, l’accordo non è solo un’operazione finanziaria o tecnologica, ma anche un calcolo elettorale.
New-medieval tech
Si parla già di “modello TikTok” che potrebbe essere esteso anche ai rapporti formali fra i due governi. Questa particolare joint-venture, che si basa sulla creazione di una società formalmente americana ma con una quota residuale di capitale in mani cinesi, e la formula della “gestione condivisa” dell’algoritmo, potrebbe diventare una sorta di standard nei rapporti tra Washington e Pechino: sovranità digitale, diplomazia e interessi economici si intrecciano fino a confondersi, lasciando un po' più sullo sfondo la tutela dei diritti e delle libertà individuali.
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