Editoriale
La posta in gioco sulla pelle dei migranti
Lo scontro apertosi con la questione Albania, mina la tenuta della nostra democrazia
Il flop del “modello Albania” decretato dai giudici di Roma ha provocato la reazione durissima di Giorgia Meloni, che facendosi scudo del consenso popolare di una parte degli italiani, ha accusato i magistrati di sabotare le decisioni del governo per ragioni politiche e pregiudiziali.
Il duello politici-magistrati in corso, al quale abbiamo dedicato la nostra copertina, è, però qualcosa che va al di là del semplice scontro sull’immigrazione che, tra l’altro, tutti i sondaggi indicano non essere fra le priorità degli italiani. È il riacutizzarsi di un conflitto antico, che da decenni infiamma la vita pubblica italiana arrivando a lambire il ruolo stesso delle istituzioni repubblicane. La decisione della magistratura di non convalidare il trasferimento nel centro di accoglienza in Albania di immigrati destinati al rimpatrio ha solo riacceso il confronto. I magistrati, richiamandosi a normative dell’Unione Europea, hanno posto un freno a quella che Meloni considerava l’audace soluzione del problema immigrati.
È davvero preoccupante vedere come, in questo contesto, il tema dei migranti venga trasformato in un campo di battaglia per conquistare consensi elettorali. Per non parlare della messa in discussione del diritto d'asilo, che pone interrogativi inquietanti sui valori che devono ispirare la nostra democrazia, fra i quali l’accoglienza e il rispetto della persona umana.
La sfida che la premier sta lanciando non è solo contro i magistrati: si estende alla Corte di Giustizia Europea e nell’insistere con un decreto legge, rischia di suscitare qualche dubbio sui requisiti di «necessità e urgenza» da parte del Quirinale.
In questo contesto di alta tensione, bene ha fatto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a lanciare da Bari un forte appello alla moderazione e alla necessità di trovare una via di dialogo tra i poteri dello Stato. Il suo richiamo al rispetto delle istituzioni, che appartengono a tutti, è un monito che non può essere ignorato. La democrazia prospera quando i diversi protagonisti fanno la propria parte, collaborando piuttosto che fomentando lo scontro. Il fermo no di Mattarella alle visioni di parte si sta rivelando fondamentale in un momento in cui nel dibattito pubblico sembrano prevalere tensioni e violente contrapposizioni.
In aggiunta, non possiamo trascurare l'accorato appello che giunge dai vescovi italiani, per voce di mons. Francesco Savino, vicepresidente della Cei, che ha avuto parole dure contro l'approccio del governo nei confronti dei migranti: «Non sono pacchi da sbattere da una parte all’altra. Lo scontro fra governo e giudici mette a rischio la democrazia».
Parole che risuonano come un campanello d’allarme sulle implicazioni non solo politiche ma anche sociali e morali dello scontro in atto, perché le scelte politiche non devono sacrificare la dignità e i diritti fondamentali degli individui.
Ci aspettiamo che, in questo contesto di sfida, tutte le parti coinvolte comprendano l’importanza di una democrazia autentica, che non solo permette, ma incoraggia il dialogo tra le istituzioni e i cittadini. Promuovere una cultura del rispetto e dell’umanità dovrà essere un dovere per ciascuno di noi.